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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Editoriale di S. BIANCHI del 13/01/2016 09:50:45
Conte e Causio: due libri

 

Un Natale parco di autoregali, quest’anno. Scoperta una falla clamorosa nella mia raccolta di CD, ho deciso di ovviare con “Dire Straits”, “Making movies” e “Brothers in arms”. Dal negozio di musica alla libreria il passo è breve, così eccomi in possesso anche di “Metodo Conte” e, già che c’ero, del libro di Causio “Vincere è l’unica cosa che conta”.

Perché ho comprato il libro su Antonio Conte? Voglia di verità. Stanco di dibattere e sentir discutere sulla base di pure opinioni, circa l’addio di Conte, speravo che fossero svelati i retroscena dell’improvviso divorzio che tanto ha disturbato entrambe le fazioni. Se volete comprare il libro per questo, evitate: c’è la riproposizione del tormentone del ristorante da cento euro. Aria fritta. Libro inutile, allora? Troppo e non abbastanza si scrive di Tavecchio, e si può capire: è il nuovo padrone. Troppo e unilateralmente si parla della Juventus, come se le altre società non recalcitrassero agli eccessivi (?) spazi richiesti dalla Nazionale. Quasi niente si scrive di un possibile ritorno in bianconero: un solo rigo in tal senso avrebbe reso entusiastica la mia recensione.

Il libro ti prende quando descrive l’integralismo di Antonio, il suo entusiasmo, il suo interessarsi a tutte, ma proprio tutte le variabili e gli ostacoli che si possono frapporre tra la sua squadra e la vittoria. In questo il libro è veramente illuminante e ti fa capire l’entusiasmo e l’abnegazione del manager-Conte per il progetto. Quest’atto d’amore per il proprio lavoro, probabilmente esportabile in altri campi, troverà posto nella mia libreria tra “Chirico Marcello - Il novissimo gobbo” e “Conte Antonio - Testa, cuore e gambe”. Anche tenendo presente una sorta di dedica, riportata a pagina centotrentasei, che avrebbe potuto fare da prefazione al libro. L’autore è Antonio Candreva, mai troppo rimpianto dopo la mancata conferma a fine annata 2009/10. “Quella del nostro commissario tecnico è una leadership fuori dal comune e, finché non passi del tempo con lui, non la puoi capire fino in fondo. Si lavora tanto e duramente, però, una volta in partita, tutto ti appare più semplice. Se un avversario ti blocca, tu hai già la soluzione successiva per risolvere il problema. E’ incredibile come riesca a prevedere situazioni che poi puntualmente si verificano durante i novanta minuti, tutte insieme. Ti fornisce gli elementi per affrontare ogni tipo di criticità. Spesso anche i calciatori delle squadre contro cui giochiamo sono sorpresi dalle nostre contromosse”.

Franco Causio, ala e centrocampista di grande qualità, imprevedibilità, controllo del pallone, capacità di dribbling: con Bruno Conti una delle migliori ali mai espresse dal calcio italiano. Era uno spettacolo nello spettacolo: un’intesa sontuosa col “grande vecchio” Helmut Haller, non si limitava a pennellare cross perfetti per la testa di Bettega, ma era capace anche di segnare in proprio. Eccome, se gonfiava la rete! Spesso anche “esagerando”, come in quella Juve-Inter tre a zero del 23 aprile 1972, con tripletta del nostro. Mai banale nelle sue giocate, non banale nemmeno nel libro che ha scritto. Oddio, il titolo non è originalissimo, giacché parte di un celebre aforisma di Boniperti, ma è piacevole leggere la storia di quest’uomo, che tanto ha contribuito a farci gioire negli anni settanta. Juventino inossidabile, nonostante ben due allontanamenti forzati dalla casa madre, la seconda volta da parte di Giraudo e Bettega, quando alla Juve faceva l’osservatore. La prima volta, mandarlo via fu certamente un errore di valutazione, poiché gli furono preferiti Fanna e Marocchino, due calciatori giovani, sì, ma ben lontani dal rendimento costante e molto qualitativo di Causio, che, infatti, regalò a Udine tre annate di gran calcio.

Caminiti lo soprannominò “Brazil” per il suo gioco fantasioso e spesso funambolico, l’altro soprannome era “Barone”, per il baffo aristocratico e per l’eleganza, nel gioco e nel vestire. Il “Barone” non racconta solo di calcio: nel libro si sottolinea la maggior importanza della squadra rispetto al singolo, si indical’errore di trascurare i settori giovanili per campioni stranieri ondivaghi, si parla del mitico scopone giocato sull’aereo presidenziale reduce dalla vittoria ai mondiali di Spagna, si ringrazia di quel minuto finale disputato in Italia-Germania, che ha consacrato una carriera maiuscola col titolo di Campione del Mondo. Ci sono anche due “chicche”, almeno per me, che non ne avevo avuta notizia. A pagina quarantaquattro si racconta del nostro Mondiale in Germania, anno 1974. Dopo il tre a uno su Haiti e l’uno a uno con l’Argentina, la nostra qualificazione era a rischio. Furono offerti regali alla Polonia perché accettasse il pareggio che ci avrebbe qualificato: il segnale della combine sarebbe stato l’assenza di Anastasi nella formazione italiana. Franchi, il presidente della FIGC (ce ne sono stati anche onesti), venne a sapere della porcheria e la proibì: Anastasi giocò, l’Italia perse due a uno e fu eliminata. L’altra informazione riguarda l’improvvisa giubilazione di Italo Allodi dall’organigramma bianconero. Non era mai piaciuto a Boniperti, e questo era noto, ma in concomitanza con la doppia sfida tra Derby County e Juventus in Coppa Campioni, aprile 1973, un’indagine giornalistica di Brian Glanville denunciò casi di corruzione arbitrale in cui Italo Allodi sarebbe stato coinvolto come general manager dell’Inter. Giampiero aprì la porta e disse: “Prego, esca”.

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