Un tipo tosto, Claudio Gentile. Per saperlo, non serviva leggere “E sono stato Gentile”, il suo libro uscito a marzo per i tipi di Rizzoli. Tutti noi abbiamo apprezzato la sua ferrea interpretazione della marcatura a uomo, fatta di contatto stretto, anticipo chirurgico e qualche fallo se era strettamente necessario. D’altra parte, in bianconero o in azzurro, era sempre lui il predestinato alla marcatura dell’avversario più pericoloso.
La vita non è stata facile per lui, che non se ne lamenta, anzi, lascia intendere come le vicissitudini dell’infanzia e dell’adolescenza abbiano contribuito a forgiare quel carattere che ne ha fatto uno dei difensori più forti e completi del dopoguerra. L’essere ambidestro, specie prima dell’arrivo in bianconero di Cabrini e le qualità “da mediano” gli ha fatto ricoprire parecchi ruoli, sia in difesa sia a centrocampo. Non è nemmeno vero che sia così cattivo come in tanti l’hanno dipinto: l’unica espulsione rimediata in carriera è per doppia ammonizione.
Se la vita di una persona spesso risente “del letto dove si è nati”, Claudio poteva risentire del posto dov’è nato, quella Libia che stava per espellere, con i soli abiti e le fedi nuziali, gli italiani che vivevano là. Alla sua famiglia va meglio che ad altre: i parenti, a Como, trovano lavoro e alloggio alla famiglia Gentile. Il nostro cresceva, in quel “covo” di rosso-nerazzurri con cuore quella maglietta bianconera che gli era tata regalata dallo zio in Libia.
Nato e cresciuto bianconero, si può dire, ma quando si tratta di andarci a giocare, è riluttante. Nulla di paragonabile al “Gran Rifiuto” di Virdis, tanto per fare un esempio, ma pensare di trovare in squadra Morini, Salvadore, Spinosi, Cuccureddu e Marchetti, per lui vuol dire fare la riserva. E’ una preoccupazione passeggera: a Torino trova sempre più posto, anche se non nella definitiva posizione di terzino destro. Così arrivano i primi scudetti, la prima Coppa internazionale di una Juventus tutta italiana, poi la Nazionale, col quarto posto al mondiale in Argentina e il trionfo a quelli in Spagna.
La stagione seguente c’è la prima ribellione a Boniperti, abituato a rinnovi di contratto rapidi e “indolori” (per la Società): Claudio e altri vincitori del Mondiale rivendicano un trattamento economico non inferiore a quello erogato a Boniek e Platini, ma i fischi dei tifosi rivolti ai ribelli in borghese mentre i compagni giocano le prime amichevoli, fanno accettare il “ritocchino” paternalisticamente concesso da Boniperti “per lo scudetto dell’anno precedente”. Questo incrina i rapporti tra Claudio e la Società: l’impegno in campo è lo stesso di sempre, ma profittando della Legge Bosman, al termine della stagione 1983/84 firma per tre anni alla Fiorentina, con uno stipendio tre volte superiore e dove ha la fortuna di conoscere Socrates (e la sfortuna di dover frequentare Passarella). Sono tre anni poco brillanti per il palmares di Claudio che deve “accontentarsi” di quanto conquistato con le quattrocentoquindici gare e dieci reti in undici anni di bianconero: sei Scudetti, due Coppe Italia, una Coppa UEFA e una Coppa delle Coppe.
Un anno a Piacenza poi si dà alla vita dell’imprenditore. Il calcio è il suo destino: chiamato dal suo amico Tardelli, CT dell’Under 21, gli fa da vice sulla panchina dell’Under 20, vice di Trapattoni sulla panchina della Nazionale e infine CT dell’Under 21 quando Tardelli va ad allenare l’Inter. Un inizio promettente come allenatore federale: la sua Under 21 è terza all’Europeo del 2002, prima a quelli del 2004 per poi conquistare il bronzo alle Olimpiadi dello stesso anno. Nel 2006 i ragazzi di Gentile si qualificano per gli Europei ma non superano il girone, battuti da quell’Olanda che vincerà il titolo.
Non male come risultati, sembrava in grado di poter ripetere i successi in serie di Cesare Maldini. In Calciopoli, dopo fuga di Capello, Boniperti gli telefona per offrirgli la panchina della Juventus. Ancora a contratto con la Federazione, Claudio mette in stand-by la sua Juventus, e dopo la promessa di Albertini e l’indiretta conferma di Guido Rossi in un’intervista, rinuncia all’allettante invito di Boniperti. La sua correttezza lo esclude da due scelte prestigiose quando, in una telefonata di pochi secondi, Guido Rossi gli comunica che non sarà confermato. Il Presidente Federale forse non sa con chi ha a che fare. Claudio ha un avvocato che fa davvero gli interessi di chi rappresenta: così com’è riuscito ad avere (unico tra gli Azzurri), il premio pattuito nella sua interezza dopo i Mondiali di Spagna, così penso che il danno professionale patito dal comportamento ambivalente della Federazione sarà giustamente monetizzato. Per ora, con la sua azione legale si è fatta attorno terra bruciata e “naturalmente” non allena nessuno. Chissà se un giorno, una chiamata dalla Libia, quando quel Paese avrà trovato pace sufficiente per pensare anche allo sport ….
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