Stamattina volevo scrivere di una cosa che mia veva fatto piacere, volevo soffermarmi sui commenti lasciati sulla nostra pagina facebook a margine della sconfitta della primavera della Juve nella finale scudetto con la Roma. Ne cito alcuni, i primi che visualizzo, mi perdoneranno gli altri se non li menziono: «
La Roma ha meritato» (
Amalio Ricci), «
Giusto il risultato» (
Marcello Palaia), «
Pazienza, va bene così, bisogna accettare la sconfitta» (
Domenico Manzella), «
Complimenti ai nostri ragazzi, e complimenti alla roma meritava qualcosina in piú» (
Robi Pellegrini). Ci sono stati anche commenti meno fair, ma tutto sommato nulla di "riprovevole" (cit.) rispetto allo standard di quelli che le altre tifoserie dedicano alle vittorie della Juventus.
Avrei preso il buono di quella discussione da social per farne un messaggio positivo a tutti i tifosi d'Italia: avere fair play, accettare le sconfitte e riconoscere i meriti degli avversari.
Perché non lo faccio? Perché stamattina leggo dell'imbrattamento della lapide in ricordo di Ciro Esposito posta a Roma e dell'accoltellamento di un tifoso romanista al centro di Napoli. Due episodi che singolarmente farebbero schifo e che destano invece inquetudine se si pensa che sono collegati e il secondo è la risposta al primo (
Link). Il tutto a distanza di duecento chilometri di distanza ma con una tempistica quasi immediata che deve preoccupare.
Non si può raccogliere odio e violenza per una passione sportiva. Non può infastidire una lapide e non deve urtare una sciarpa di una squadra diversa da quella per cui si tifa. Sarebbe stata una bella domenica di calcio senza il calcio e con quei messaggi di sportività ereditati dal sabato sera, invece sarà un'altra ordinaria domenica nella quale meditare sulle bestialità di certo pseudo-tifosi.
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