“
Non emergono elementi per ritenere che Conte e Alessio fossero a conoscenza di ‘scommesse’ collegate al risultato concordato di Albinoleffe-Siena, né tantomeno di accordi o tentativi di ‘corruzione”’ nella forma di promesse e/o dazione di danaro a qualche giocatore coinvolto. Le valutazioni espresse dal Pm si limitano ad esprimere concetti di ‘verosomiglianza’ o “probabilità”
senza alcun collegamento diretto con le dichiarazioni da parte dei principali attori dell’accusa (Coppola e Carobio)…”.
Quanto riportato è un passaggio delle motivazioni con cui il gup Pierpaolo Beluzzi ha assolto Antonio Conte nell’ambito del processo sul calcioscommesse, riportato da il Corriere dello Sport, nell’articolo che trovate a questo
Link.
Non so quante volte abbiamo espresso lo stesso medesimo concetto valutando semplicemente gli atti resi pubblici dell’inchiesta che ha coinvolto l’attuale CT della nazionale.
Ma qualche titolone e la solita voglia di infangare il mondo bianconero (perché all’epoca Conte era l’allenatore della rinata Juventus), sono stati sufficienti per accettare senza battere ciglio, la solita condanna della giustizia sportiva senza né capo né coda. Le accuse di Carobbio, rimaste senza riscontro, sono state usate ancora una volta per creare un disagio alla Juventus che, in un momento clou della stagione, si è ritrovata senza allenatore.
Muovere una critica a questa giustizia sportiva, dovrebbe essere compito di chi rappresenta la Juventus (perché spesso ne subisce le conseguenze), soprattutto di chi si trova a parlare dell’intero movimento calcistico italiano da salvare. Perché se l’intenzione reale è quella di arrivare ad un cambiamento di quegli aspetti critici della gestione del calcio, il metodo scelto, cioè quello di accettare supinamente ogni ingiustizia, non sembra porti a risultati concreti.
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