Il 24 luglio 1923, con Edoardo, la famiglia Agnelli entra a far parte della Juventus: eletto per acclamazione al posto di Gino Olivetti, chiarisce subito che la sua sarà una direzione molto operativa ma delegata, con un’oculata scelta di personaggi cui assegnare precisi compiti. Nell’ambito di questa riorganizzazione, nel 1923 ingaggia il primo allenatore della squadra, Jeno Karoly e nel 1925, a coronamento di una campagna acquisti lunga due anni, con la possibilità di tesserare giocatori stranieri offerta dalla Federazione, sempre dall’Ungheria, ingaggia anche Ferenc Hirzer. Non fu facile convincere la Federazione Ungherese a concedere il permesso al trasferimento, ma Edoardo Agnelli, con l’importante intermediazione del suo allenatore, riuscì nell’impresa.
Questo guizzante centrocampista offensivo, classe 1902, e di cui due giorni fa è ricorso il sessantesimo anniversario dalla morte era stato notato dai dirigenti bianconeri durante un’amichevole col Torekves, la squadra magiara, dove il ventenne Hirzer giocava agli inizi della propria carriera. Tesserato nel frattempo dal Maccabi Brno, conferma le proprie qualità alle Olimpiadi di Parigi del 1924, dopo le quali si trasferisce dagli amburghesi dell’Altona’93. Alla riapertura delle frontiere arriva finalmente alla Juve, e il debutto è spaziale: tre reti, delle sei rifilate al malcapitato Parma, sono opera sua. E’ subito amore per tifosi bianconeri, che s’innamorano di questo goleador budapestino dal dribbling micidiale, velocissimo e agile come una … “Gazzella”: ecco il soprannome subito affibbiatogli dagli estimatori. Quella Juve, che annoverava in campo un altro ungherese, Jozsef Violak (italianizzato in Viola), accanto alla “Gazzella” schierava due attaccanti del calibro di Pastore e Munerati: la Juve è una macchina da gol che segna sessantotto reti nel girone di qualificazione “Lega Nord B”, ne rifila quattro al Bologna nella finale di Lega Nord per poi seppellire sotto dodici reti l’Alma Roma nella Finale Nazionale. Se quell’anno Munerati mette a segno dieci reti e Pastore ventisette, Hirzer vince addirittura la classifica cannonieri con trentacinque centri in ventisei gare: una media stratosferica.
Le norme federali cambiano ancora: per la stagione seguente, a parte gli oriundi, possono essere tesserati solo due stranieri, e di questi solo uno può essere schierato in campo. La novità regolamentare e qualche infortunio fanno sì che Hirzer non renda come l’anno precedente: disputa solo diciassette gare e segna "solo" quindici reti. E’ questa la stagione del Torino vincitore, ma squalificato per la corruzione del nostro terzino Allemandi nel derby vinto due a uno dai granata. Con 43 presenze e 50 reti in totale, dopo due anni Hirzer lascia, perché le norme federali cambiano ancora per l’anno seguente: solo gli oriundi possono giocare in campionato. La “Gazzella” se ne torna a Budapest, nell’MTK.
Un vero peccato che i nostri confratelli dell’epoca non abbiano potuto goderselo per i restanti anni della sua carriera: immaginatevi che sfracelli avrebbe combinato. Un esempio per tutti: pensate allo scampato pericolo di una tifoseria a caso, metti gli interisti, per merito della norma che ostracizzava gli stranieri. C’era stata un’amichevole Juve-Inter in cui tutti e quattro i gol della nostra vittoria erano stati segnati dalla “Gazzella”. Il 13 settembre 1925 ci fu la restituzione della visita a Milano: vince ancora la Juventus e le due reti del successo sono ovviamente segnate ancora dall’ungherese. Quanto gli avversari lo temevano, tanto lo amavano i tifosi della Juventus: l’intelligenza dei lanci con cui tagliava il campo, il tiro micidiale, le reti a grappoli. Aveva anche un piccolo vezzo:
finita la galoppata in area avversaria, avesse tirato in porta o passato al compagno smarcato, estraeva dal taschino dei pantaloni da gara un pettinino con cui sistemava la folta chioma bionda, come nemmeno il futuro attore Piero Pastore osava fare.
Un altro aneddoto lo lega alla nascita di quel sentimento di amore che stava nascendo in un ragazzino speciale che assisteva spesso a gare e allenamenti: era il maggiore dei figli di Edoardo, Gianni, che si deliziava il palato calcistico con le imprese di quella Juventus e con le gesta di quell’ungherese che resterà uno dei giocatori preferiti di sempre. Come dargli torto? Sentite cosa scrive Caminiti di lui, nel libro “I più grandi”: “Il cervello tattico della squadra era Viola … ma il suo leader effettivo, il giocatore che andava a fare la differenza, segnando e facendo segnare, era Hirzer”.
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