Sento dire in questi giorni che non andare al Mondiale sarebbe una tragedia sportiva e anche economica. In Italia tutto quello che non va secondo convenienza diventa una tragedia. È questo quello che forse ci frega.
Eppure se gli azzurri fallissero la qualificazione a Russia 2018 forse non sarebbe quella gran tragedia che vogliono farci intendere. Sportivamente sarebbe una disfatta, è vero, ma abbiamo dimenticato troppo in fretta che
lo sport premia il merito, e la Nazionale di Ventura con tutto il movimento che rappresenta sta brillando più per demeriti che per il contrario.
Economicamente si perderebbero occasioni per fare un ricco mese di affari? Probabile. Ma il Paese avrebbe modo di evitare di inebetirsi per qualche settimana a causa del mondiale. Potremmo tutti disinteressarci di finti eroi della pedata e dedicare tempo ad argomenti sociali e civili che dovrebbero essere prioritari e che sistematicamente vengono messi in secondo piano dall'amore (non ricambiato) per il pallone.
Ci sono cose più importanti del calcio. Se Winston Churcill afferava che
«gli italiani vanno alla guerra come si va a una partita di calcio e a una partita di calcio come si andasse alla guerra» era perché aveva colto nel ventesimo secolo la nuova declinazione italica del
"panem et circenses".
Se Buffon e compagni non centreranno la qualificazione al Mondiale mancheranno occasioni per andare a vedere le partite in piazza, ma potremo ugualmente impiegare il tempo per fare qualcosa di divertente e forse pure utile.
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