Partiamo da una domanda:
il calcio è cosa necessaria? È senza dubbio uno sport bello da praticare, e una volta forse anche da seguire; importante come tutti i passatempi e le passioni nella vita di ciascuno di noi, ma probabilmente non vitale. Ancor meno se consideriamo tutte le degenerazioni di cui è stato fatto oggetto negli ultimi anni.
Ora, muovendo da queste
personalissime premesse, mi interrogo circa la decisione della Lega di Serie A di calendarizzare in almeno sette momenti e nell'arco di tre giorni diversi le partite di ogni turno di campionato. Non ho né nostalgia di "Novantesimo minuto" o di "Tutto il calcio minuto per minuto" di una volta, né l'ormai anacronistico desiderio della piena contemporaneità. Mi chiedo invece quanto siano presuntuosi i presidenti delle squadre di calcio a pensare che i tifosi bramino di dedicare al loro core business tempo per seguire quante più partite possibili e dare sempre più soldi per garantirgli quel miliardo e duecento milioni che vorrebbero intascare.
Il calcio non è più un passatempo solo domenicale, già da anni si gioca in modo "spalmato", ma
è giusto che il pallone si gonfi a tal punto da voler presenziare in modo così invadente la settimana degli italiani? Il troppo storpia, se di becero fanatismo (calcistico) ve ne è già abbastanza, temo che prestandosi ad essere discusso per più tempo il calcio sarà ancora più degenerato e degenerativo.
Per come sono stati strutturati i pacchetti di partite da più parti è stata paventata la possibilità di dover fare due abbonamenti per vedere tutte le partite della propria squadra. Teoricamente è vero, ma nessuna società e nessuna televisione vuole correre il rischio di perdere un abbonato (leggasi cliente-finanziatore) perché non gli si potrà vendere un pacchetto completo di trentotto partite, ecco il motivo per il quale sono stati fatti salvi i successivi "accordi commerciali tra operatori".
In pratica: ti facciamo temere di dover pagare due volte, poi ti permettiamo di vedere tutto con un solo abbonamento, ma decidiamo noi quando e a che ora fartelo vedere (è infatti concessa alle televisioni anche la facoltà di dettare calendario e orari delle partite).
E dovrei modulare il fine settimana in base a quello che decide una pay-TV o un'emittente satellitare? Ripeto, il calcio è una passione, ma a queste condizioni preferisco un "no grazie", ci sono altre opportunità: un'ora di tennis, una partita a calcetto con gli amici o una passeggiata in dolce compagnia. Pazienza se i gol potrò vederli la domenica solo dopo le 22:00.
A tal ultimo proposito, un pensiero va alla redazione di Rai Sport che sostiene
«che la questione dei diritti tv non è un fatto privato di aziende private, ma ha a che fare anche con il diritto di cronaca» e pretende di parlare in nome anche degli sportivi e dei
«cittadini che hanno il diritto di godersi lo sport, anche sulla tv pubblica». Ebbene, la redazione, il cdr e i giornalisti di Rai Sport dove sono stati in questi anni? Mentre dal quella redazione uscivano le immagini di Moggi e Giraudo intitolate con
"merde"; quando non si è voluto trovare chi ha dato del
"marocchino di merda"a un giocatore della Juve; quando le telecronache delle gare di Coppa Italia trasudavano tifo contro la Juve; quando Paola Ferrari esultava per un gol della diretta rivale della Juventus per il campionato e soprattutto quando da più parti è stato chiesto di far cessare i tweet non proprio neutrali di Enrico Varriale; in tutte queste occasioni dove era finito il senso di "servizio pubblico" che ora tanto gli è caro?
Sinceramente, di tutto questo calcio posso fare a meno.
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