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Attualità di F. DEL RE del 25/05/2020 13:42:07
Stadio San Siro e play off campionato

 

Ritorna la "Milano da bere"?

L'altra settimana sono assurte all'onore delle cronache due notizie che personalmente mi hanno fatto riflettere, facendomi pensare se all'alba del secondo decennio del nuovo millennio non stiamo assistendo al ritorno della celeberrima, o famigerata, "Milano da bere" degli anni '80 del secolo scorso, del millennio scorso, un'entità che oggi pareva lontana come i quarant'anni, i due secoli e i due millenni che la separano dalla Milano di oggi. La "Milano da bere", quella a cui non si poteva dire di no, quella per cui i soldi compravano tutto, persino il potere di fottersene delle leggi. Mi chiedo se veramente dall'estero non ci vedano come io oggi vedo questo mio disgraziato Paese: un enorme tendone del circo che sta in piedi per miracolo, nonostante i teli strappati, le strutture fatiscenti, l'assenza delle bestie feroci, dei trapezisti, dei domatori di leoni, della donna cannone; nonostante siano rimasti soltanto un paio di saltimbanchi e qualche pagliaccio che non fa più ridere a tener vivo uno spettacolo da anni deprimente, anzi: inguardabile.

Prima notizia: lo stadio Giuseppe Meazza di San Siro potrà essere abbattuto, perché, secondo la Commissione regionale per il patrimonio culturale della Lombardia "non presenta interesse culturale ai sensi degli articoli 10, 12 e 13 del Codice", in quanto "le stratificazioni, gli adeguamenti e ampliamenti fanno dello stadio un'opera connotata dagli interventi del 1953-'55, oltre a quelli del 1989-'90, nonché dalle opere successive al Duemila, ovvero un'architettura soggetta a una continua trasformazione in base alle esigenze legate alla pubblica fruizione e sicurezza e ai diversi adeguamenti normativi propri della destinazione ad arena calcistica e di pubblico spettacolo".

Da architetto e da appassionato di calcio trovo queste affermazioni di una gravità assoluta. Innanzi tutto, dopo la presentazione dei progetti degli studi Populous e Manica, la Soprintendente dei beni culturali della Soprintendenza alle Belle Arti di Milano, Antonella Ranaldi, aveva dato parere negativo alla demolizione dello stadio: "La demolizione non è l’unica opzione per il Meazza: vanno valutate ipotesi alternative come l’adeguamento e la trasformazione dell’impianto", scrisse nel suo parere inviato a Palazzo Marino, sottolineando come lo stadio sia percepito come "un'icona dello sport", ma anche come vi siano parti del Meazza, costruito nel 1926, ritenute "significative dal punto di vista architettonico". La soprintendente a tal proposito cita il secondo anello, con le caratteristiche rampe elicoidali (stile poi ripreso dalle torri costruite assieme al terzo anello per i mondiali di Italia '90). Quello che fu il frutto del secondo ampliamento del Meazza (un primo venne realizzato nel 1935, contestualmente all'acquisto dell'impianto da parte del Comune di Milano), è stato curato a livello ingegneristico da Ferruccio Calzolari e a livello architettonico da Armando Ronca.

Questa valutazione sarebbe di per sé bastevole a impedire la demolizione dell'impianto, ma non è comunque esaustiva, soprattutto dal punto di vista normativo e procedurale. San Siro, infatti, fu costruito nel 1926, su progetto dell'Arch. Ulisse Stacchini, deceduto nel 1947. Il primo ampliamento (4 quarti di curva in raccordo delle 4 tribune già realizzate nel '26) fu del 1936; il secondo ampliamento (realizzazione del secondo anello) fu del 1955, progetto del sopra citato Arch. Armando Ronca, deceduto nel 1970. In fine il terzo ampliamento (terzo anello e copertura totale) è avvenuto nel periodo 1987/1990, progetto Arch. Giancarlo Ragazzi e Enrico Hoffer.

Faccio notare che l'età per cui il vincolo viene imposto in automatico è passata da 50 a 70 anni solo nel 2011, quindi San Siro aveva il vincolo totale sulla struttura realizzata fino al 1955 (secondo ampliamento) sin dal 2005 (il D. Lgs. 42/04 era appena entrato in vigore...)

in pratica San Siro non è vincolato, a meno di istituzione di vincolo diretto, solo per il terzo anello e per la copertura. Il resto è vincolato per legge, quindi non è possibile demolirlo, o meglio: non è possibile fare alcun tipo di opera senza il nulla osta della Soprintendenza. Allo stato attuale odierno, ciò che è oggettivo, è che tutto il primo anello ha oltre 70 anni di vita; il secondo non ne ha ancora 70, ma ha passato i 50 nel 2005, quando la norma prevedeva che il vincolo (che poi non è neppure un vincolo diretto, ma è una forma di tutela verso beni che potrebbero essere vincolati direttamente...) dovesse essere apposto automaticamente al compimento del 50esimo anno di vita e non al 70esimo come recita la norma dal 2011 ed essendo San Siro un edificio pubblico tale vincolo avrebbe dovuto essere ingenerato automaticamente al momento dell'emanazione del D. Lgs 42/04. Solo il terzo anello non ha ad oggi ragioni vincolistiche, perché realizzato recentemente. Ciò non toglie che l'edificio sia unico e per tanto sarebbe logica l'estensione vincolistica per l'intera struttura.

Mi chiedo, quindi, per quale ragione nel breve volgere di pochi mesi la Soprintendenza sia passata da una posizione di parere negativo alla demolizione ad un nulla osta alla demolizione stessa con allegato parere di assenza di interesse culturale.

Seconda notizia: il caos provocato dalla pandemia di Covid-19 ha sconvolto i calendari sportivi mondiali ed ovviamente anche quello della Serie A. Nel resto d'Europa sono state seguite due strade: la prima ha portato alla chiusura anticipata dei tornei nazionali, con dichiarazione dei risultati sportivi definitivi al momento della sospensione e quindi con l'annuncio delle squadre campioni nazionali; la seconda, seguita dai quattro principali tornei europei, con la riformulazione dell'ultima parte del calendario onde tentare di finire i rispettivi tornei, prima fra tutti la Bundesliga. Altre vie non sono state adottate, ma, a quanto ci risulta, neppure prese seriamente in considerazione. Solo in italia vi è una spinta forte e trasversale a chiudere la Serie A con l'istituzione in corsa dei play off e, cosa ben peggiore, in caso non si potessero neppure disputare i play off, stabilire la classifica finale non sulla base dei risultati e dei punti fino ad allora ottenuti, ma ricorrendo ad una classifica "aggiustata" a mezzo di un fantomatico criterio di definizione di "oggettivi coefficienti correttivi per la determinazione della classifica" stessa.

Anche questo, come quello sopra, sarebbe un regalo non da poco alle due società milanesi, ad oggi estremamente distanti dai rispettivi obiettivi: l'Inter dallo scudetto e il Milan dalla zona Champions' League. Quindi: a Milano e per le milanesi si possono abbattere monumenti architettonici, modificare norme in corso di svolgimento dei tornei, persino inventarsi strane teorie per disfare e ricomporre classifiche consolidate e il fine di tutto questo pare, come detto in apertura, riportare il Paese al ricordo di quaranta anni fa, quando anche allora a Milano, e per Milano, sembrava tutto possibile, tutto dovuto. Indignarsi e vigilare è il minimo di fronte a notizie simili.

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