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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Attualità di N. REDAZIONE del 23/04/2020 11:32:28
Ma la stagione calcistica quando e come riparte?

 

In un momento in cui le certezze dovrebbe garantire tranquillità, emergono tutti i limiti della nostra politica e delle istituzioni sportive. Il balletto sulle date della ripresa, sui protocolli da seguire, sulle misure che dovrebbero accompagnare il rilancio di tutti gli sport, non solo del calcio, lasciano molto a desiderare.
Si parla del calcio professionistico, che è l’argomento di nostro interesse, come se fosse il calcetto infrasettimanale tra amici, improvvisando soluzioni per la ripresa delle sue attività che cambiano più volte anche nella stessa giornata.

Il calcio non è un settore privilegiato, però va trattato come gli altri grandi settori economici del Paese. Basti considerare che lo Stato italiano incassa dal calcio, ogni anno, un miliardo di euro fra tasse e contributi, proventi che arrivano dai "milionari viziati" (come vengono etichettati ora), pagati dalle società.
Se il calcio si ferma, come ogni altra grande azienda italiana, saranno migliaia i lavoratori che guadagnano 1.500 euro al mese che perderebbero il loro posto di lavoro. Gli atleti miliardari, anche se non ricomincia la stagione e anche se hanno dovuto abbassarsi gli stipendi, possono vivere agiatamente in vacanza e circondati da ogni lusso. Già in questo momento, con club come il Napoli che hanno chiesto la cassa integrazione per i propri dipendenti, i giocatori, quelli milionari, sono intervenuti economicamente per aiutarli.
Rimane quindi incomprensibile la "crociata ignorante" tipicamente italica che si è scatenata, soprattutto sui social, al grido di "abbiamo cose ben più importanti del calcio, a cui pensare!", dimenticando le migliaia di famiglie che campano sul calcio. Sembrano quegli slogan che fanno perdere coscienza della realtà che ci circonda.

Le ultime notizie di ieri sembrano orientate ad una ripresa a partire dal 4 Maggio con allenamenti singoli e, da metà mese, in gruppo, sempre nel rispetto di protocolli scientifici-sanitari non ancora definiti. In questo contesto di incertezza le società chiedono di non essere escluse dal dibattito sulla fattibilità dei protocolli. Nessuno ha chiarito, ad esempio, in caso di un nuovo contagio di un calciatore cosa succederebbe a lui ed alla sua squadra di appartenenza e quindi all’impossibilità di giocare una o più partite; non è una sottigliezza. Il dubbio si estende anche sul come attuare in sicurezza i trasferimenti dei giocatori, sulle strutture che devono ospitare le squadre non dotate dei centri sportivi, sugli stadi che ospiteranno le partite, perché non è ancora chiaro nemmeno dove si giocherà.

C’ è un altro problema, poi, legato ai contratti in scadenza al 30/06/2020 e al calciomercato prossimo, con ripercussioni economico-giuridiche non indifferenti. Non definirei una scemenza neanche questa. Tale incertezza generale rende chiara una situazione in cui nessuno vuole prendersi la responsabilità di decidere, perché, comunque vada, ci sono seri rischi per tutti i soggetti interessati con ripercussioni pesanti, considerata anche la scarsa conoscenza del settore da parte di chi dovrebbe decidere la cosa giusta da fare.

In un momento di crisi totale cercare sostegno proponendo il calcio in chiaro sembra una cosa non del tutto sensata. Se il calcio in crisi deve ripartire senza i soldi di SKy (che già ha messo nero su bianco una drastica riduzione dei diritti e degli ulteriori step a ribasso sullo slittamento delle ripartenze) per via delle trasmissioni in chiaro e senza pubblico, visto il divieto, forse la cosa migliore sarebbe chiudere tutto.

Il dibattito poi si sposterà sull’assegnazione del titolo, sulla lista da presentare alla Uefa, sulla prossima stagione. Una polemica tira l’altra in mancanza di certezze e concretezza.

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