Non ci viene più. Poverino, Moratti a Torino non ci viene più. Ma fa bene: a parte i ringraziamenti cui sarebbe sottoposto dai tifosi bianconeri, a Torino che ci viene a fare? Tanto ci perde. Per la precisione: dallo Scudetto di Cartone in poi, due pareggi e tre sconfitte per l’inquinatore ecologista. Per una vittoria degli intertristi a Torino, bisogna risalire all’aprile 2005, arbitro De Sanctis, quello della cupola. Meno male che era della cupola.
Il fratello di Gianmarco a Torino non ci viene. Noi che siamo maligni e non porgiamo l’altra guancia, l’immaginiamo davanti alla TV, domenica sera, in pigiamone a righe tipo carcerato, bicchierone di whisky nella destra, Marlborina nella sinistra, cenere per terra, che si agita sulla sua superpoltrona di salotto di pelle umana nerazzurra. Che rosica, a vedere la Subgalactica (i Galattici stanno a Madrid) che fa la figura barbina del primo tempo. Che per vedere qualcosa di nerazzurro, ha dovuto aspettare che la Juve fosse in dieci, quando Matri ha smesso di correre: sembrava di vedere l’Inter di Mancini, ma lui si contenta così. V’immaginate come gli prudeva, a vedere quel bambino di Sorensen che quasi annullava lo strapagato Eto’o? Gli sarà venuto in mente, che il suo guadagna 500 volte più del nostro, senza contare quanto l’ha pagato? Sicuramente, Denti Gialli avrà abbondantemente sacramentato, quando Goldman-Eto’o, da dentro l’area di porta e senza portiere, è riuscito a mangiarsi un gol che avrebbe fatto mia nonna dalla sedia a rotelle. E col suo ditaccio giallo di nicotina avrà certamente mandato un SMS al suo incapace dipendente, per informarlo che la porta da calcio non è una porta da rugby e finisce a 2 metri e 44 (con una larghezza di sette metri e 33, per il ragguardevole totale di 18 metri quadri!).
Facendo un passo indietro: che saltone deve aver fatto, davanti al suo megatelevisore da 450 pollici, quando Valeri non gli ha fischiato contro il rigore di Cordova su Matri. E avrà pensato: è fatta, vinceremo di sicuro. In quell’attimo si è anche pentito di non essere venuto a Torino. Ma poi......... Come nel periodo in cui la Juve dominava, culminato con la finale di Germania 2006, che in sostanza abbiamo giocato tra noi, l’Inter ha riperso.
Maledizione dello Scudetto di Cartone? Simpatica tradizione come l’Amaretto di Saronno? Fa bene a non venire Torino: evita d’essere presente quando la sua squadra fa figure di merda. Perché non ha imparato nulla dai Rokes di Shel Shapiro: “bisogna saper perdere”. Non fosse esistito lo “stile Juventus” (“Ricordo quando ero bambino”), noi avremmo imparato a perdere dopo Farsopoli, che visti gli ultimi arbitraggi, continua ancora (“Che colpa abbiamo noi”). Arbitraggi indecenti in serie (“E’ la pioggia che va”) che quell’orchestra di pennivendoli (“Lascia l’ultimo ballo per me”) ben si guarda dal mettere in evidenza. Siamo accerchiati, e quando il fuoco concentrico delle artiglierie nemiche pare essere sul punto di cessare, il cognato del sindaco di Milano rispolvera la Triade (“Eccola di nuovo”), causa unica e vera dei suoi fallimenti. Che non derivavano dal comprare i Vampeta e svendere i Roberto Carlos.
E mentre il parente dei Moratti evoca ancora Moggi per giustificare un decennio di fiaschi ed esorcizzare la paura che gli tolgano lo Scudetto di Cartone, comunichiamo ufficialmente al Signor Piangina (“Piangi con me”) che non lo sopportiamo più (“Io vivrò senza te”). Queste giustificazioni infantili, il suo rosicare anche quando vince, il non capire mai perché perde, il suo risibile manicheismo, il gesto dell’ombrello agli avversari, tutte queste caratteristiche che lo fanno considerare da tutti il Signore del calcio Italiano, ci fanno sorridere e ce lo rendono quasi simpatico. Se non fosse per quell’alitaccio da fumatore incallito, seguendo il consiglio dei Rokes, lo abbracceremmo come un vecchio amico (“Cercate di abbracciare tutto il mondo come noi”).
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