Non so se fra i pochi o fra i tanti, ma sono sempre stato pessimista sull’esito del processo di Napoli. E più nel corso delle udienze veniva svelata farsopoli, più il mio pessimismo aumentava. Quello che non mi convinceva per niente era la fragilità dell’impianto accusatorio inventato dall’off-side e dalla procura di Napoli, che veniva via via sgretolato dagli stessi testimoni che il pubblico ministero presentava per comprovare i suoi teoremi. Un impianto accusatorio buono per i processi della federcalcio nerazzurra, ma assolutamente inadeguato a sostenere un dibattimento in un tribunale dello Stato, in cui per legge contano (ma non per quelli “più uguali degli altri”) solo le prove e non le farneticazioni del sentimento popolare anti-juventino. E mentre i canti di vittoria iniziavano a diffondersi al suono delle intercettazioni nascoste riportate alla luce dai consulenti di Moggi, ho avvertito in me un disarmante presagio di sconfitta.
Che calciopoli fosse stata pianificata e organizzata da quel “gruppo di potere che vuol mettere le mani sul calcio, al cui confronto noi siamo l’armata Brancaleone” (Carraro - Moggi, 3 febbraio 2005) era talmente evidente, che persino il Coni ha recentemente chiesto di attualizzare le sentenze del 2006, e allora com’era possibile che i “burattinai dietro le quinte” non avessero messo in conto di dover affrontare un processo penale, con in mano poco più di un cumulo di farneticazioni da bar dello sport?
Tutti gli sforzi dei vari Moratti. Montezemolo, John Elkann, Auricchio, Narducci, Montezemolo… ecc sarebbero stati inutili se chi doveva decidere esaminando i fatti - e soltanto quelli - avesse potuto farlo in piena libertà e autonomia. Quindi, perché il piano funzionasse, era di fondamentale importanza orientare i giudici in modo che scegliessero di stare dalla parte di chi aveva il potere, e il potere non ce l’aveva certo un ex-capostazione che doveva far ricorso alle ridicole trasmissioni di Biscardi per difendere la Juve dai continui attacchi di Rcs e Mediaset.
Infatti, solo se si conosce in partenza come andranno a finire le cose si può intraprendere un processo penale con testimonianze stile Nucini o redigendo informative in cui la maggior parte delle intercettazioni sono state eliminate, e quelle poche che ci sono hanno subito così tanti tagli e ritocchi da far invidia a un estreme make over per ottantenni aspiranti al titolo di Miss Partenope.
E poiché Casoria dista da Napoli solo 13 km, non è difficile informarsi su quando “pioverà troppo sole” nel capoluogo campano e, soprattutto, su chi farà in modo che questo “troppo sole” piova nel punto giusto. Di conseguenza, non ho mai condiviso il fiducioso sostegno di difese, imputati e juventini in genere nei confronti di un giudice apparentemente avverso all’accusa (troppo avverso per essere vero), dato che per me le reciproche ripicche intercorse con Narducci e le varie ricusazioni non sono state altro che una delle tante sceneggiate della farsa.
Infatti, un giudice serio e imparziale un processo come quello di calciopoli avrebbe dovuto sospenderlo e chiedere alla procura di ripetere le indagini non appena si è capito che queste erano state fatte ad hoc, trascurando e nascondendo prove a chiara discolpa degli imputati, violando apertamente (e impunemente) il codice deontologico e il preciso dovere di un magistrato.
Un giudice serio e imparziale avrebbe dovuto comportarsi come il Gup di Milano Mariolina Panasiti che, nel maggio 2010, in occasione del patteggiamento di Tavaroli nel processo Telecom, ha riconsegnato gli atti ai pm richiedendo un supplemento d’inchiesta perché non poteva accettare le loro mendaci conclusioni sull’innocenza di Tronchetti Provera, ritenuto all’oscuro delle investigazioni illecite della sua security.
Un giudice serio e imparziale avrebbe dovuto condannare Moggi al massimo per frode sportiva, perché dai fatti e dalle prove a carico e a discolpa non emergeva altro. Il problema è che la frode sportiva non era sufficiente a distinguere il nostro DS da ciò per cui avrebbero potuto essere accusati anche Moratti, Facchetti…ecc; ci voleva una condanna esemplare, il “risultato notevolissimo” di cui oggi stanno esultando Narducci e l’interismo e che tanto attendevano (ben sapendo che sarebbe arrivato) Tnas, Coni, Figc e Uefa per poter legittimare le loro infamie.
E così, dopo l’invenzione dell’illecito strutturato operata dal guidorossiano Cesare Ruperto nel 2006, ecco arrivare oggi un’invenzione ancor più fantasiosa: il reato di “singola associazione a delinquere”, ovvero una cupola di associati composta da un solo cupolaro più volte associato a se stesso.
Che altro dire di fronte a queste cose? Solo che non ho più nulla da vomitare, perché ormai ho vomitato anche l’anima per il fetore di carogna che esala dal contesto in cui si è sviluppata farsopoli, soprattutto perché i suoi più rivoltanti e fetidi miasmi non arrivano da Milano o da Napoli ma da Torino
Quella stessa Torino patria della più pura juventinità di Gianni e Umberto Agnelli, dove oggi risiedono coloro che ne hanno infangato la memoria e che alla lettura della sentenza della Casoria che assolveva la società dalle responsabilità civili hanno esultato come se avessero vinto una Champions, prendendo subito le distanze da Moggi con un comunicato in cui hanno rivendicato con orgoglio la riconosciuta estraneità della Juventus FC ai fatti contestatigli. Ora sì che la farsa è conclusa, ora sì che si può calare il sipario.
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