Mi dicono che mio nonno, che non ho mai conosciuto poiché ha avuto una vita piuttosto breve oltre che ricca di guai, usasse dire, suscitando spesso l'irritazione di chi lo ascoltava, che anche dalle peggiori disgrazie si può trarre qualche elemento positivo, a patto di saperlo vedere. In questi anni di farsopoli mi sono talvolta chiesto, cercando di applicare la massima del nonno, cosa cavolo ci potesse essere di positivo nella più grande sciagura sportiva che abbia colpito la Juventinità. La risposta forse è arrivata domenica scorsa, mentre le telecamere inquadravano le tribune durante l'incontro col Cagliari: gli juventini sono cambiati, ho pensato, sono cambiati profondamente, e non è solo merito del nuovo stadio, che ha accorciato la distanza fisica dalla squadra in campo. E' l'effetto delle ingiustizie subite, che hanno rinsaldato fortemente il legame della Juve con i suoi sostenitori. Diciamolo, quella juventina era sempre stata una tifoseria un po'freddina, un po' distaccata, un po' viziata, esigente e più pronta alla critica che all'incitamento. Numerosa ma distante, distante sul territorio, in quanto disseminata per tutta Italia e non solo, distante allo stadio anche prima degli spazi siderali del Delle Alpi. Fatta forse di pochi tifosi veri e molti simpatizzanti. Un po’ aristocratica, come del resto erano la sua dirigenza e la proprietà, con quell’atteggiamento del ” lasciamo dire, lasciamo fare, tanto noi siamo i più forti e rispondiamo sul campo con le vittorie ”. Quell’atteggiamento ha lasciato mano libera alla potenza mediatica romana e milanese nel logorarci per trent’anni o più, per poi farci letteralmente a pezzi. Era l'atteggiamento di chi non aveva ancora ben chiaro che viviamo ormai in un Paese da operetta dove la giustizia tra virgolette (come direbbe Antonio Conte), sia ordinaria che soprattutto sportiva, viene amministrata, per conto di chi conta, nei salotti tv e sui giornali prima che nei tribunali e nelle sedi deputate. Il tifoso juventino, dopo tante sofferenze e umiliazioni, si è svegliato, si è incattivito, non è più disposto a lasciar dire e lasciar fare, è pronto a incitare e gioire ma anche a difendere la sua squadra, vigilando su tutte le corbellerie che vengono dette scritte e fatte contro la Juve, sottolineando tutto e non lasciando passare neanche l’aria. Forse siamo un po’ di meno, qualcuno l’abbiamo perso per strada, ma non erano gli juventini veri, erano i “simpatizzanti”, e non li rimpiangiamo. Ora tra di noi ci riconosciamo, siamo più solidali e coesi, e così dobbiamo rimanere, uniti nello spirito di rivincita e nella voglia di giustizia, contro tutto e tutti, anche quando dovessero arrivare le sconfitte e nuovi problemi. Questa è una risorsa nuova, che non va dispersa, e penso che il presidente Andrea Agnelli sia consapevole di ciò e disposto ad incarnare questa nuova juventinità un po’ meno sorridente.
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