Noi juventini, che fino al 2006 avevamo seguito il calcio pensando ingenuamente che fosse un gioco destinato ad esaurirsi all'interno di un rettangolo di prato e per la durata dei 90 minuti regolamentari, ci siamo dovuti arrendere alla rilevanza di un fattore mai considerato seriamente in precedenza: il sentimento popolare. Come ha avuto modo di spiegare uno dei giudici che ci privō di due scudetti, bisognava rendere una decisione che desse soddisfazione a questo ignoto convitato. Da quel momento ci siamo dovuti porre il problema della genesi e della natura di questo mostro, ma soprattutto dovremmo interrogarci sulle strategie da adottare per evitare che un nuovo (o il vecchio) sentimento popolare torni a banchettare nella nostra bacheca dei successi conseguiti sul campo. Dopo cinque anni di inferno, la Juve si č finalmente dotata di un allenatore degno di questo nome che, con sforzi notevoli e grande abnegazione, spremendo il sangue dalle rape e facendo rendere il 200% ai suoi giocatori, ha riportato la squadra ai livelli di competitivitā che le competono. Non appena la Juve ha ripreso ad insidiare l'egemonia milanese, č ripresa la grancassa mediatica in base alla quale gli errori arbitrali sono scusabili e in buona fede solo quando non favoriscono la Juve, mentre sono imputabili a titolo di colpa alla juve non appena la favoriscono. Sarebbe gravissimo se il nuovo assetto amministrativo non ne tenesse conto e non si premunisse di adeguati strumenti di difesa. Il sentimento popolare č come i tumori maligni, c'č sempre il pericolo che si riformi.
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