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          L'ANGOLO DEL TIFOSO
Articolo di Mauro Nero del 27/03/2012 13:34:10
Ben tornate barzellette!!!
Siamo alle solite, anzi per essere più precisi, siamo alla “solita Inter”.
Il declino senza requie della seconda squadra di Milano è ormai sotto gli occhi di tutti. Ciò che però bisognerebbe chiedersi è se tale debacle fosse prevedibile ovvero se sia soltanto il portato di una crisi passeggera, frutto, magari, del ridimensionamento della consistenza degli investimenti della Saras.

A me sembra di assistere ad un film già visto. Siamo di fronte ad una società che non è mai stata in grado di fare impresa nel calcio nonostante i cospicui investimenti pluridecennali.
Un presidente che non riesce a prendere decisioni razionali e che si intromette continuamente nelle scelte tecniche; allenatori cambiati a ripetizione senza programmazione e acquisti onerosi di giocatori di dubbia qualità, sono tra i principali marchi di fabbrica di una club che deve solo ed esclusivamente a Calciopoli le sue recenti fortune.

Se ciò non fosse vero, e cioè se i successi dell’ultimo quinquennio rappresentassero la realizzazione di un percorso virtuoso nato dalle capacità dei dirigenti e non dal deserto post-farsa 2006, non ci troveremmo di fronte ad un team che, nonostante una rosa, almeno sulla carta, di livello internazionale, si ritrova a ben venti punti di distanza dalla prima in classifica. Tanto più che, ad essere onesti, le attuali antagoniste non sono neanche lontanamente paragonabili alle corazzate di qualche anno fa.

Insomma, per farla breve, se qualcuno avesse ancora qualche dubbio circa la reale genesi delle vittorie dell’armata brancaleone di Moratti credo che gli avvenimenti dell’ultimo anno e mezzo di calcio italiano sono lì a dimostrare, senza appello, che quando il successo non è figlio del campo e della sana gestione aziendale, la continuità nel tempo non può essere conquistata.

A ciò si aggiunga una considerazione importantissima.
Parlare di un ciclo neroazzurro mi sembra abbastanza improprio. Perché, se in Italia gli scudetti vinti sul campo sono arrivati per i motivi di cui innanzi, in Europa, a ben vedere, escluso l’anno del fortunoso triplete – incoronato dal sacro crisma dello scontro all’arma bianca con i campioni del Congo – i nostri non hanno mai brillato, anzi in alcune occasioni hanno preso delle sonore batoste da squadre pressoché sconosciute.
Quando invece erano Milan e Juve a dominare la scena, le rispettive compagini davano spettacolo, con alterne fortune, sia in patria che in campo internazionale.

Infine, l’aspetto più tragico dell’intera faccenda, almeno per i tifosi dell’Atalanta di Milano, è che al momento non c’è proprio nessuno con cui potersela prendere se non con i vertici societari che da quasi quaranta anni devono gli unici loro momenti di gloria al più grande falso storico della storia del nostro calcio. Ed inoltre, qualora dovesse farsi definitivamente luce sugli episodi inquietanti di sei anni fa, anche le poche vittorie accumulate in solitudine verrebbero inevitabilmente inficiate dalla loro scaturigine fraudolenta.

Certo, non escludo che da un momento all’altro possano spuntare degli alterego di Auricchio e Narducci, e magari anche di Tavaroli e Cipriani, ma troverebbero ben poco a cui appigliarsi dopo le macerie dell’ignobile operazione “epura la Juve”.
 
 
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