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          L'ANGOLO DEL TIFOSO
Articolo di Mauro Nero del 25/09/2012 11:27:12
Oltre che incompetenti sono anche incoscienti...
La Juve è tornata. “Excuse moi Monsieur De La Palisse. Sembra un’ovvietà, per di più detta, scritta e ripetuta da ogni commentatore e giornalista, dalla fine dello scorso campionato ad oggi. Ciò non di meno ritengo che il momento cardine, segno tangibile del nostro vero ritorno agli onori del calcio che conta, e pertanto nel nostro alveo storico/ naturale, si sia consumato durante l’incontro di Champions nella perfida Albione.
Il carattere e la determinazione dimostrati a Londra contro i campioni d’Europa , dopo anni di assenza dalle manifestazioni europee (reputo il quinquennio post Farsa 2006 come un unico periodo di ”vacatio Juve” complessivo, anche quando si giocava in Europa) puzza fantasticamente di vera Juve.

L’essere tornati da subito protagonisti temuti e rispettati dai nostri avversari internazionali, anche dai più titolati - del resto nessuna farsa potrà mai scalfire la storia e la tradizione costruite in decenni di vittorie sul campo - nonostante il lungo tempo di anonimato forzato, sono i riscontri più evidenti - quelli di cui Palazzi non ha mai bisogno, per intenderci - di una rinascita definitiva dei nostri amati colori.

Per non parlare poi del ritorno alla loro stato primigenio degli invidiosi e livorosi antagonisti autoctoni, compendiata nel vecchio adagio di cartesiana memoria: “Gufo ergo suum”. Il ritorno in pompa magna dell’antijuventinismo D.O.P. (), che trova il suo apice espressivo nei giornali e sulle televisioni milano-romanocentriche, rappresenta il miglior crisma alla rinascita della squadra regina indiscussa del calcio italiano. Il che rappresenta da un lato il canto del cigno di tutto ciò che in Italia non abbia i colori bianconeri e le tre stelle sul petto (anzi “sul campo”….che cazzata, sig!), dall’altro, lo strombettare che precede il ritorno del re, del padrone, di colui che da sempre regge le sorti di un campionato che, mai come in questi ultimi anni, si ritrova in un pantano periglioso.

Ma la mia intenzione non è di fare un’apologia gratuita dell’’unica squadra italiana al passo con i nuovi tempi del calcio. Queste considerazioni sono il pretesto per introdurne altre molto più importanti.
Ogni organizzazione che si rispetti, privata o pubblica che sia, ogni ordinamento, ogni gruppo sociale, dovrebbe tendere naturalmente a preservare le sue eccellenze, i suoi punti di forza, specialmente quando essi ne assicurano e rafforzano le fondamenta. Il sistema calcio Italia, invece, è contro natura. Non solo manca del pur minimo istinto di autoconservazione, ma si accanisce ignobilmente proprio contro la sua unica speranza di salvezza.
Questo atteggiamento tafazziano è incominciato nel 2006, momento in cui qualcuno, per accontentare qualcun altro, ha deciso di dare le perle ai porci. Per compiacere chi nel calcio non ha mai saputo fare impresa e consolidare la posizione di chi, già da allora, aveva capito che perpetrando la politica del mecenate il declino era inevitabile, i vari livelli di governo del footbal italiano, con il supporto dei mass media e della più grande azienda di telecomunicazioni del paese, coadiuvate da investigatori e giudici compiacenti, misero in atto un operazione piratesca, eliminando dalla scena l’unica società che nel tempo, per competenze, capacità di impresa, proiezione nel futuro, avrebbe potuto reggere al confronto con le grandi d’Europa, senza essere costretta alle spese folli che le sue antagoniste italiane e i nuovi ricchi del continente, rispettivamente, avevano e hanno dovuto sostenere per mantenere certi standard.

Si, perché, provate solo a pensare cosa sarebbe diventata quella Juve oggi se i suoi dirigenti avessero potuto continuare nella loro politica virtuosa di risparmio ed investimenti mirati e con uno stadio di proprietà alle porte.
Noi uomini della strada possiamo solo immaginarlo questo scenario. Qualcuno, all’epoca, probabilmente lo temeva e ne era spaventato.
È evidente anche ad un bambino che se per vincere si è costretti a spendere 1000 mentre il mio concorrente riesce a farlo con 100, qualcosa nella gestione della mia impresa non va proprio, e il fallimento è inevitabile.

Ciò nonostante, come in una specie di allucinante (per loro) nemesi storica, ciò che doveva accadere allora, sta succedendo proprio oggi. La Juve, di riffa o di raffa, si ritrova ancora una volta avanti alle avversarie. Non solo sul campo eminentemente sportivo, ma anche su quello prettamente economico-organizzativo. Credo che nessuno lo possa negare.
E allora, costoro, sfruttando il sistema completamente asservito, invece di seguirne il modello e prenderne ispirazione, cosa fanno? Invece di ripartire da zero, costruirsi stadi di proprietà, puntare sui giovani, che strada preferiscono percorrere per battere la concorrenza?? E il sistema di cui sopra, invece di tutelare l’ultima barriera contro la mediocrità e l’oblio di ciò che fu, come si comporta?

Oggi come allora, le loro armi sono sempre le stesse. L’indecente e vergognoso caso Conte, con i corollari di Bonucci e Pepe; gli articoli sui giornali e i programmi televisivi; i giudici “nel” pallone, più che “del” pallone – mossi sapientemente da mani potenti - sono lì a spiegarci, più di ogni parola, quale follia fu e quale scempio sarebbe, continuare nel tentativo di demolizione della più importante squadra del paese. Se seguitano con questo accanimento, l’immenso Pierino potrebbe, per moltissimo tempo, rimanere l’ultimo dei grandi testimoni nel mondo della qualità del nostro calcio e del nostro torneo di eccellenza.

Senza la Juve non c’è calcio italiano. Se ancora non lo hanno capito, oltre che incompetenti, sono anche stupidi ed incoscienti.
 
 
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