Andrea Agnelli, io non ho mai visto un esercito senza bandiere Se continua così agli ultras resteranno soltanto le mani. Il “calcio business” divora il folklore, quello che fa rima soltanto con il cuore. Quante volte li abbiamo criticati per le ragioni più disparate, accusati di essere “la feccia” della società, giudicando persino l’amore che li travolge e li porta a sgranare km per l’Italia come fossero rosari interminabili per la Signora. Quante volte li abbiamo pensati come l’erba di un fascio solo, tutti “violenti”, tutti “affaristi”, tutti “pirati” negli autogrill, senza accorgerci che capovolgendo i ruoli anche nel sociale potevamo applicare i medesimi cliché alla politica, all’economia, alla religione, al nostro posto di lavoro, al nostro vicino di casa, in alcuni casi dentro le nostre famiglie… Dunque piantiamola qui ed abbattiamo per prima cosa i preconcetti perbenisti: gli ultras sono semplicemente, nel bene e nel male, uomini. Fanno scelte, anche sbagliate, per cui pagano comunque sempre di persona come purtroppo non accade nei piani superiori della piramide a molti, a troppi delinquenti. Mi domando cosa sia veramente peggio fra una scazzottata di gruppi rivali e il furto delle tasse pagate dai cittadini... Fra un coro indecente ad un allenatore provocatore o procacciare le minorenni per i festini a luci rosse dei potenti… Il discorso sarebbe molto, molto lungo, ma non mi compete. Io non sono mai stato un ultrà, faccio molta fatica a condividere le regole del loro codice, ma sono certo di una cosa: la penso come Massimo Fini, restano gli ultimi romantici del calcio. Amici dell’adrenalina e del caffè nei thermos per non addormentarsi alla guida, preoccupati di non respirare ad ogni affondo dell’ala che la mette al centro, folli di gioia quando la rete si gonfia e si trovano abbracciati come bambini senza conoscersi e con dialetti a volte impossibili. Amanti. Fedeli. Gli ultimi romantici di un calcio marchettaro, rovinato dalle SPA, da dirigenti senza scrupoli, dalla pubblicità, dal marketing, dalle televisioni e dai giornali, da quel mucchio di parole inglesi della nuova economia che suonano tanto bene mentre intanto sfrattano la lingua madre di Dante dall’italiano. Una comunità fraterna dove le donne sono semplicemente pari in tutto agli uomini e per dimostrare di essere all’altezza non hanno bisogno di sfoggiare l’intimo sugli sgabelli degli studi televisivi sproloquiando di schemi tattici e di un “fallo da ultimo uomo”. Gli Ultras ora stanno in silenzio, sono stanchi. Li contesta chi ha voce allo stadio solo per criticare. Prima gli hanno tolto i tamburi, poi i fumogeni, adesso persino le bandiere. Cosa rimarrà di quel carnevale infernale che suggestionava portiere e avversari ? Cosa ne sarà di quel vento caldo di voci che li spingeva a lottare su ogni pallone perduto ed a riconquistarlo ? Silenzi… Lo stadio è grande, c’è posto per tutti, ma chi è tiepido non imponga regole in casa del diavolo, solo perché l’affitto è meno caro. Presidente Agnelli, si faccia garante di un equo canone, almeno all’inferno… Non paragonerei questo nuovo calcio ad un teatro, piuttosto al circo, ma le bestie feroci stanno su alcune poltrone e ci osservano al loro posto dentro la gabbia. Lei lo sa bene, Presidente… Io la rispetto e le voglio bene, ma sinceramente non ho mai visto un esercito senza le bandiere, l’ultima cosa da consegnare al nemico in tempo di guerra. La nostra storia è fatta di combattenti, di eroi, non dia credito ai pavidi. E voi, fratelli Ultras, non definiteci più “parassiti”, solo perché affondiamo soffrendo silenziosamente nelle poltrone a mille Km o a pochi sgabelli di distanza. La nostra passione è degna anche del vostro rispetto, ogni popolo ha un esercito, ma non tutti sono adatti per stare al fronte. Si può servire la Patria in tanti modi… Fino alla fine… Un cuor solo, un’anima sola, l’importante è non tradire mai quella grande bandiera.
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