Dopo l’indecente prestazione di S. Siro, guardando i soliti programmacci sportivi che l’etere ci offre, riflettevo su quanto sia ormai improcrastinabile il rinnovo delle strategie comunicative della nostra società.
Posto che la scialba prestazione dei nostri, meritava una batosta senza appelli, non si può rimanere inermi e continuare a subire, senza colpo ferire, il comportamento ridicolo dei media di regime e la piaggeria dei prezzolati che osano definirsi giornalisti. A parti avverse, come giustamente, ma con toni, a mio parere, troppo sommessi, hanno rimarcato sia Alessio che Marotta, sarebbe successo il putiferio. Avrebbero dedicato tutto il tempo delle dirette da studio a parlare dell’episodio e a far passare in video, con cento angolazioni diverse, il fatto incriminato. Ieri, invece, era tutto un salamelecco sulla resurrezione dei poveri meanisti, mai così deboli da almeno trenta anni a questa parte. Vittoriosi solo per l’ impalpabilità dell’avversario che per meriti propri. Perché solo un orbo potrebbe negare che la partita tra Juve e Milan sia stata assolutamente inguardabile.
Che un rigore inesistente fischiato contro la Juve sia meno rilevante di uno fischiato contro chiunque altro è ormai un assunto che ci accompagna da decenni, pertanto non ci stupiamo più di tanto. Ma che questo tipo di messaggio – a ben vedere fondamento assiomatico di farsopoli - e la comunicazione di parte che lo sostiene, non vengano contrastati in nessun modo non è più accettabile. Quando c’è stata la designazione dell’architetto “internazionale”, tutti si sono precipitati a ricordare l’episodio di Catania. Nessuno, compresi i nostri, che abbia, invece, ricordato il derby scandaloso della fine della scorsa stagione o la mancata espulsione di Castellazzi in uscita a valanga su Marchisio a S. Siro contro l’Inter.
Le pressioni preventive su un arbitro che, in quanto palesemente condizionabile – e vogliamo pensare bene - non può essere considerato tra i migliori in circolazione (o forse questo è il messaggio che qualcuno ha interesse a far passare) ha sortito l’effetto voluto. Ebbene, io non me la prendo con l’armata mediatica dei nostri avversari milanesi - ormai sono in cotale declino che non possono proprio fare a meno di mezzi impropri per risollevarsi – ma con l’incapacità della nostra società a mettere in piedi un sistema di comunicazione altrettanto pugnace e di parte, che si occupi di fare ciò che sul web accade da tempo: controinformazione.
Su wikipedia la controinformazione viene definita come la diffusione, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, di informazioni che si ritengono taciute o riportate in modo parziale e non obiettivo dagli organi di informazione ufficiali. Definizione assolutamente calzante rispetto a quello a cui ogni settimana deve subire la Juve. Certo, diciamocela tutta, è un problema anche di uomini e ruoli. Ieri, in un faccia a faccia tra il nostro buon uomo, alias Marotta, e l’amico di Meani, Galliani, era palpabile il timore reverenziale dello scolaretto alle prime armi nei confronti dell’anziano maestro. Ci fosse stato il direttore, non avrebbe mancato di ricordare all’urlatore di S. Siro che per un episodio simile, anche meno determinante, ha tirato la giacchetta agli arbitri per tutta la stagione. Insomma sarebbe bastato Moggi per mettere sull’attenti il furbo datore di lavoro di Meani, e riprendersi quello che i media slinguettanti non volevano darci. Ma questa, purtroppo, è un’altra storia.
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