Mercoledì 19 novembre. Nuova udienza del processo di appello di calciopoli. In campo gli avvocati difensori di Meani, Mazzini e Dattilo. Meani era l’addetto agli arbitri del Milan, che non solo accoglieva le giacchette nere allo stadio e procurava loro aranciata e caffè, ma si allargava organizzando la cena con Collina presso il suo ristorante a Lodi e nell’intercettazione telefonica del 19 aprile 2005 (
Link), h 9:36, rassicurava Galliani, del quale appare il fedele scudiero (non a caso gestiva la scuderia Milan), di aver parlato coi designatori, anzi “con Bergamo e Mazzei, perché Pairetto è in Germania”. Essi, secondo le sue affermazioni, così reagivano: “si cagano addosso”, perché “con una squadra come il Milan ad un minimo dubbio si sta giù con la bandiera, non si va su a vanvera”.
Per
Meani, omaggiato della definizione di Beccantini che lo ha reso celebre come “il preservativo” di Galliani e del Milan, il PG ha chiesto il non luogo a procedere per avvenuta prescrizione. La domanda è sempre la stessa, dopo anni passati dai giornalisti moralisti italici a fustigare Moggi.
E se fosse stato scoperto lui a dire queste cose a Giraudo? Che ne sarebbe stato della Juventus? L’avrebbero radiata? E questa shockante decisione avrebbe indotto Zaccone e chi per lui a non ritirare il ricorso al TAR? Frottole di rancorosi. Pensieri che lasciano il tempo che trovano. Solo che nessuno ci spiegherà mai perché c’è sempre chi può e chi non può e accontentarci della metafora di Orwell proprio non si può. Questo modo di fare all’italiana, questa immunità/impunità concessa ai propri, queste leggi che per i nemici si applicano e per gli amici si interpretano tolgono credibilità al nostro paese e ai suoi amministratori, spaccano l’opinione pubblica e i governi e sottraggono pezzi di autorità allo Stato. Lo Stato che non ce la fa a garantire quello che c'è scritto sopra ogni scranno dei tribunali, che la legge sia uguale per tutti.
Mazzini era il vicepresidente della FIGC. Un personaggio che abbiamo imparato a conoscere grazie alla celebre intercettazione nella quale Baldini (
Link ), il direttore sportivo della Roma e il testimone poco credibile del pm Narducci a Napoli, gli preannunciava il ribaltone che sarebbe sopravvenuto a sovvertire il mondo del calcio. Poco importa se passata la bufera la Juve è tornata a vincere e quel signore ha fallito ancora, con Moggi e senza Moggi, guidando con Zeman, l’allenatore più bravo del mondo, la Roma, che i suoi record recenti se li è conquistati con un gruppo dirigente e un coach tutti nuovi.
Mazzini è stato inghiottito nella storia del presunto salvataggio della Fiorentina dalla serie B e dipinto, forse più di Moggi, dalla sentenza di primo grado di Napoli, come un filibustiere dalla favella svelta e il millantatore di un potere che forse non aveva, considerato che era Carraro, il presidente della FIGC oggi senatore della repubblica, che dirigeva i minuetti, telefonando di persona ai designatori per assicurarsi che in Inter Juve vincesse chi stava dietro. Oggi come allora i nerazzurri. Per Mazzini il PG ha chiesto 36 mesi. Essendo rientrato assieme ai designatori nella rinnovata accusa di associazione a delinquere scampata in primo grado.
Ed eccoci a
Dattilo (
Link ), uno dei casi più assurdi di tutta calciopoli. La partita è Udinese Brescia del 26 settembre 2004. Secondo l’accusa Moggi e Dattilo organizzano una frode sportiva. Per il giudice De Gregorio del processo breve a Giraudo, quando l’AD della Juve dice a Moggi che “se (Dattilo) è sveglio” gli dimezza la squadra (all’Udinese)”, si concretizza l’accusa. Invece più volte vi abbiamo raccontato che, nonostante i titoloni della Gazzetta dello Sport, calciopoli è fatta di tanti pezzi di puzzle che ognuno ha montato a modo suo per far quadrare le sue tesi. Fino a quando il lavoro delle difese non ha dato un ordine quantomeno cronologico ai fatti, che così riassemblati mostrano come sono andate le cose, piaccia o non piaccia.
La telefonata di Giraudo a Moggi è successiva al march, avviene cioè a partita finita e Giraudo fa una semplice constatazione. Inoltre. 1) Si scatena una rissa a fine partita con tre gialli (Pinzi, Muntari e Di Michele) e un rosso (Jankulovsky). Ma i 3 giocatori ammoniti non erano diffidati e il rosso fu dato su segnalazione del guardalinee, che a differenza di Dattilo non è mai stato indagato. 2) Moggi non ottiene che Dattilo venga salvato né da Baldas né dai designatori nella rubrica che tenevano sulla Gazzetta dello Sport. 3) La sim attribuita a Dattilo si attiva due mesi dopo questa partita, nel novembre 2004. 4) Secondo la sentenza di primo grado del processo breve, il 21 settembre 2004 si svolse una cena a casa Giraudo e si stabilì virtualmente la griglia che portò Dattilo a dirigere il match del 24, ma la sentenza di primo grado di Napoli recita che i sorteggi erano regolari. E tra Magnifici 12 e procura di Napoli non sanno che fine abbia fatto il filmato del sorteggio che però hanno taroccato con una sequenza di immagini sbagliata esibita come prova dall’accusa (
Link). 5) Dattilo, come Bertini, ha rinunciato alla prescrizione.
Siccome molti degli accusati di calciopoli sono stati radiati e allontanati dalle cariche che si erano guadagnati nel mondo del calcio, che era la loro professione,
forse sarebbe giusto che su tante incongruenze e misfatti si facesse chiarezza una volta per tutte e che qualcuno che si è adoperato per selezionare e inquinare le prove finisse a sua volta sotto processo.
In gioco c’è la credibilità non di uno sport o di qualche scalmanato tifoso, che anzi quelli si ritrovano a condurre altre battaglie, ma di un intero paese.
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