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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Attualità di F. DEL RE del 27/08/2010 07:17:01
L’insostenibile leggerezza del dieci

 

Diego Ribas Da Cunha, in arte Diego, ha lasciato la Juvenus esattamente un anno dopo il suo arrivo in pompa magna sulle rive più nobili del Po.

Acquistato per ridare alla Juve quel valore aggiunto che potesse trasformarla da squadra di buon livello a protagonista assoluta, alla resa dei conti il brasiliano ha fallito miseramente, eccezion fatta per un paio di partite iniziali che fecero intravedere ciò che in realtà mai fu.

Devo dirvi che quando un giocatore del genere se ne va mi lascia inevitabilmente un senso di malinconia, legata al fallimento professionale di un ragazzo di venticinque anni ed a quello umano di una società che non ha saputo valorizzarlo.

Strano, perchè da Settembre 2009 in poi mai sono stato tenero con Diego. Ho urlato, mi sono incazzato, ho litigato con mia moglie che svegliavo puntualmente durante le partire serali con improperi irripetibili e nomignoli assurdi che affibbiavo al nostro, tipo "la Diega ballerina di can can", per quel suo modo assurdo di portare il pallone. E un pò me ne vergogno.

E' vero, non l'ho amato, ma gli ho sempre riconosciuto due attenuanti: la prima si chiama Alessio Secco, il responsabile di quattro dico quattro mercati estivi e quattro dico quattro mercati invernali della Juventus (incredibile, eh?); il motociclista, DS per diletto, gli ha costruito (parola grossa...) intorno una squadra senza capo né coda, imponendo una rivoluzione tattica risultata ai più indigeribile, figurarsi ad un ragazzo arrivato a Torino con le stimmate del predestinato, colui che avrebbe dovuto sostituire il monumento Pavel Nedved dalla fascia sinistra al cuore dell'attacco bianconero.

La seconda si chiama ancora Alessio Secco, che, come sua consuetudine, ha comprato un giocatore ipervalutandolo, esponendolo così alle pressioni mediatiche ed ambientali che lo riconoscevano, come sopra detto, quale novello Messia.

Già; perché chi ricopre il ruolo di trequartista, regista avanzato, fantasista, chiamatelo come vi pare, nella Juve deve essere un predestinato.

Almeno dal mio punto di vista; io che nasco calcisticamente con la leggenda di Michel Platini da Joeuf negli occhi; io che piansi per il suo addio al calcio e ululai alla luna per l'acquisto sgangherato di Magrin suo sostituto; io che in Zavarov speravo di rivedere le gesta del mio eroe; io che mi esaltai all'acquisto di Roberto Baggio da Caldogno, che lo difesi a rischio di fare a schiaffi durante il mondiale americano, che sperai fino alla fine che rimanesse dopo lo scudetto atteso nove anni; io che mi innamorai subito del mio coetaneo Alessandro Del Piero da Conegliano, che come me aveva il poster della leggenda in camerina e come per Baggio l'ho difeso e lo difenderò in maniera irrazionale, talebana; io che mi innamorai, per l'ultima volta, dell'ultimo grande numero dieci che la Juve abbia avuto, Zinedine Zidane da Marsiglia, forse il giocatore più bello che abbia mai visto, un artista con la palla ai piedi.

Vi anticipo subito: Nedved l'ho amato come tutti i grandi dieci juventini, ma Nedved era un'ala, non certo un dieci classico.

Dicevo: con tali premesse, chi va, e chi andrà in futuro, a ricoprire quel ruolo deve avere le stimmate; non può essere un buon giocatore con prospettive da campione; deve essere qualcuno che ti fa ribollire il sangue nelle vene, uno di quei fenomeni che segnano la storia del calcio e non importa che arrivino a Torino già campioni, perché qui una volta c'era la fabbrica dei campioni.

Quella fabbrica che è rimasta chiusa per quattro schifosissimi anni; quella fabbrica che Andrea Agnelli intanto ha riaperto; quella fabbrica che ha iniziato a scartare i pezzi difettosi o inadatti.

Quella fabbrica, che nell'attesa di ottenere ben altri e sostanziali obiettivi, dovrà ricominciare anche a produrre predestinati con le stimmate.

Diego, onestamente e senza offesa non lo era; ecco perché gli faccio i miei migliori auguri per il prosieguo della sua carriera; dopo un anno del genere almeno quelli se li merita tutti.
 
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