Per studiare e comprendere razionalmente i fenomeni presi in esame, inevitabilmente bisogna passare attraverso l’individuazione di ciò che chiamiamo causa e ciò che chiamiamo effetto. In alcuni casi la difficoltà nell’interpretare l’oggetto di studio consta proprio nel riuscire a scindere i due momenti. Altre volte è molto chiaro, mentre non di rado accade che essi si intreccino dando vita ad una reazione a catena: un evento scatena un effetto, il quale genera a sua volta la causa precedente, e via così. Si instaurano così i famigerati cicli: virtuosi, se gli effetti sono benefici e la catena prosegue ad ingenerarli, viziosi in caso opposto.
Tanto per capirci, le famose pubblicità che tentano di instaurare fiducia e incitano all’investimento con lo slogan “l’economia gira” proprio a questo fanno riferimento. Teoria non certo nuova, il grande economista John Maynard Keynes proprio a questo principio si ispirava quando incoraggiava gli stati sovrani a ricorrere allo strumento dell’indebitamento pur di creare posti di lavoro ed abbattere la disoccupazione. Il giro era questo: un minor numero di disoccupati si traduce in un aumento della domanda, la quale inizialmente, ferma l’offerta, produce un aumento dei prezzi. A questo punto l’aumento dei prezzi genera un incremento di profitti e stimola l’offerta, che andrà a soddisfare a sua volta la domanda. Nel frattempo l’aumento dei profitti avrà scaturito l’aumento del gettito necessario per coprire il debito pubblico, il benessere collettivo è aumentato testimoniato dall’aumento di domanda e offerta, la disoccupazione è scesa, la produzione è aumentata. Ed il meccanismo è autoalimentante. Con questa idea di fondo Keynes, parlando per paradossi, diceva che lo Stato doveva arrivare a sostenere l’occupazione persino pagando uomini per rompere e ricostruire le strade… Il meccanismo opposto, inutile richiamarlo per intero, è invece quello del circolo vizioso, con la disoccupazione sempre ad occupare il gradino più alto del teorema, e prima causa dalla quale scaturirebbero poi gli effetti ciclici.
“Datemi il silenzio e sfiderò la notte”, dicevamo circa due settimane fa. E lo si diceva con un certo orgoglio, perché innegabilmente vedere la Juventus, intesa come giocatori, allenatore, dirigenti ed in primis il presidente, lavorare con impegno e dedizione rilasciando il minimo indispensabile di parole alla stampa, richiamava alla mente i tempi belli in cui i risultati sul campo parlavano per tutti, altro che i farfugliamenti imbarazzanti della combriccola Cobolli, Blanc & Co quando poi il campo ahimè non regalava soddisfazioni. In compenso dalle piazze di Roma e Milano si sentivano molte parole, qualche borbottio, urla e piccoli e grossi litigi. Così ci era venuto spontaneo intonare una certa ode al silenzio, segretamente speranzosi, memori delle esperienze, che la cultura del lavoro, in silenzio, paga sempre, mentre chi si loda si imbroda e chi bercia troppo finisce prima o poi per distrarre i propri uomini. Due settimane dopo, sembrerebbe che il silenzio abbia dato i suoi frutti, e così gli isterismi altrui. La Juventus sta trovando una forte quadratura di gioco, e dopo il ko con il Palermo, frutto comunque di una prestazione assai meno negativa di quanto dicesse il risultato finale, ha prodotto una sonante vittoria e due pareggi preziosi ottenuti in trasferta contro due compagini di qualità, Manchester City ed Inter. Al contrario, la Roma dai continui piagnistei si ritrova penultima in classifica, e la seconda squadra di Milano, abituata negli ultimi anni a trovarsi già in fuga dopo una manciata di giornate di campionato, non riesce ad ingranare la quinta. Cos’è successo in queste due settimane? La Juve ha continuato a coltivare il silenzio. Andrea Agnelli, rifilate un paio di stoccate urticanti al presidentissimo dei nerazzurri, ha preferito non proseguire la querelle a parole sul fronte calciopoli, rilasciando parole forti con toni pacati sul sito della società Juventus poco prima del big match di Milano. Nessuna locuzione sembra essere stata lasciata al caso, ma tutte scelte accuratamente: si parla di meritati successi, troppe chiacchiere (evidentemente riferite agli altri), difendere i colori bianconeri in ogni sede con i giusti strumenti, e di avere a cuore la Juventus. Come sempre, insomma, si guarda managerialmente, con sostanza, alla propria creatura. Come di consueto, di contro, dalla sponda nerazzurra sono state rilasciate persino dall’a.d. Paolillo alcune amenità del tipo “la Juventus ci deve altri scudetti”, e via così. Chi scrive in questo momento ritiene la via del volontariato e del no profit un qualcosa di fondamentale per il presente e per il futuro, ma tra una liberalità ed un furto (senza peraltro chissà quale destrezza) dovrebbe vigere ancora una piccola distanza… Nella capitale, ma non è certo una novità, si è invece sentito un po’ di tutto. Totti contro il mister, e il mister contro i giornalisti. Poi Ranieri ha avuto modo di avere parole non carinissime per Totti…pardòn…per tutti, sto a scherzà.
A leggere i giornali di questi giorni, dopo i risultati della domenica calcistica, sembrerebbe che cause ed effetti si stiano inanellando dando vita ai cicli virtuosi ed ai cicli viziosi. A Torino il silenzio ha prodotto i risultati, che sono stati accolti con silenzio e ulteriore voglia di fare. Circolo virtuoso. A Roma i dissensi hanno causato ulteriori passi falsi, che hanno contribuito ad alimentare ulteriori dissapori e ormai si parla apertamente di rischio panchina per Ranieri. Circolo vizioso. E a Milano, dove l’ambiente nerazzurro era ormai avvezzo al clima del “ti piace vincere facile”, improvvisamente scoppiano inusuali (si fa per dire…inusuali giusto per il dopo farsopoli) diatribe. Muntari si ribella a Benitez, Maicon non risparmia al tecnico iberico qualche urla dal campo, ed anche Chivu non risparmia frecciatine al mister. Circolo vizioso anche qui? Chi vivrà vedrà.
Nel frattempo io continuo a godermi il silenzio di Torino. Riuscire finalmente ad ascoltarlo di nuovo mi infonde un senso di fiducia impagabile. Perché quando le idee sono chiare, non c’è bisogno di continuare a parlare. E quando le idee sono chiare, senza tanti fronzoli si può scrivere così sul sito del proprio club: è venuto ora il momento di occuparsi del presente. Un tempo in cui gli azionisti e il management sono da una parte impegnati a tutelare e difendere i colori bianconeri in ogni sede, con i giusti strumenti e nel modo più corretto e trasparente, e dall’altra si concentrano quotidianamente per mettere in condizione i calciatori di offrire una prestazione all’altezza dei colori bianconeri. Un presente deliziosamente silenzioso, e già mi basterebbe questo per poter ringraziare chi di dovere per il nuovo corso della Juventus. Al di là dei risultati sportivi, non riuscivo a sopportare che i rappresentanti in campo e fuori della mia squadra del cuore si comportassero come gli altri. Perché la Juventus, che ve lo dico a fare, come le altre non è mai stata e mai dovrà mai esserlo.
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