L’arte di non ragionare a prescindere Si può essere un elettore dell’attuale maggioranza di governo, ma in più circostanze trovarsi in disaccordo con alcune sue proposte? E magari, in alcuni di questi casi, scoprire le proprie idee riflesse nelle mozioni presentate dall’opposizione?
Di converso, si può essere un elettore dell’opposizione eppure apprezzare in più circostanze l’operato del governo?
Il buon senso, la libertà di pensiero, e le logiche del ragionamento mi suggeriscono che sì, si può. Questa mia deduzione, però, di continuo ne esce livida e segnata dalle porte in faccia che vede sbattersi dalla realtà quotidianamente. Perché in effetti, a pendere dalle labbra e dalle penne dei rappresentanti dei nostri media, questa possibilità sembra negata a prescindere. O sei un berluscones, e tutto ciò che fa il nostro presidente del consiglio è buono e saggio e lo ha fatto per noi, oppure sei contro tutto ciò che rappresenta, e tutto ciò che fa è opera del demonio e condurrà il nostro paese e le nostre anime all’inferno.
In un sistema mediatico come il nostro ciò non può e non deve stupirmi.
La libertà di stampa cozza inesorabilmente contro gli intrecci di interessi economici e politici, che infine si esplicano attraverso le composizioni dei consigli di amministrazione che controllano i quotidiani. A nessuno piace credere che il Montezemolo o il Berlusconi o il John Elkann di turno invitino i vari De Bortoli, Feltri o Calabresi ad impostare una linea di demarcazione ben definita e tratteggiata con segnali di pericolo “chi oltrepassa questa linea muore”. Ma senza dover arrivare a tanto, non è difficile ipotizzare che un direttore tenda a compiacere il proprio editore, visto che ne avrebbe facoltà di sostituirlo in caso di mancato gradimento. A loro volta gli editorialisti non ameranno fare la guerra ai direttori, e gli inviati è credibile che cercheranno attività ludiche più gaie che mettersi di traverso ai capi redattori…
Se tutto ciò mi appare scontato e scandaloso fino ad un certo punto, ché l’animo umano è fragile e corruttibile, il potere logora chi non ce l’ha e tutti quanto teniamo famiglia, e un mutuo e il finanziamento dell’automobile da pagare,
fatico invece a non rammaricarmi nell’imbattermi quotidianamente nello stesso vizio logico da parte della gente comune. E’ mai possibile che tutto sia riducibile ad un mero referendum dall’esito dicotomico? O a favore o contro, o uno è un santo oppure un angelo del male. Il tutto, sempre, a prescindere. Se hai votato Pdl, gli altri sono co****ni. Se hai votato l’opposizione, i berluscones sono tutti boccaloni che si fanno infinocchiare dall’abilità del premier nell’utilizzo dello schermo.
Ogni scenario naturalmente si presta all’inversione del giudizio alla stessa velocità con cui si avvicendano quotidianamente il giorno e la notte. Si passa da una sponda all’altra del fiume, guai a stare in mezzo a nuotare per sentire com’è l’acqua.
Nello sport, metafora della vita, non avviene diversamente.
Luciano Moggi è il mostro di Monticiano, il burattinaio del calcio, colui che vinceva solo grazie ai magheggi ed alle grigliate. Oppure è l’agnello domenicale, nonché l’unico vero conoscitore del pallone di tutti i tempi, e recentemente anche il più eccelso giornalista sportivo.
Lippi nel 2006 era l’eroe dei due mondi. Oggi è un incanutito rincoglionito. Già, perché
il ragionamento a prescindere, altro che lodo Alfano, ha effetto retroattivo: se da oggi sei un fesso, allora lo eri anche ieri. Se oggi sei redento, allora in passato non hai più peccato.
Direi che il concetto è chiaro, ma un ultimo esempio lasciatemelo fare per il capitano della mia squadra del cuore, Alessandro Del Piero, a cui rinnovo gli auguri per il suo fresco trentaseiesimo compleanno.
Le categorie di giudizio sono due: Ale è il miglior giocatore di sempre, il più bello, il più corretto, il più continuo, l’unico vero juventino e fantastico baluardo contro la beffa di farsopoli. Oppure è un buon giocatore, ma da anni dovrebbe ritirarsi perché non corre più, è egoista e il capo fronda di liti di spogliatoio negli ultimi anni che hanno portato alla cacciata di alcuni allenatori. E last but not least, ha disconosciuto la Juve e la sua storia accettando di dire nella pubblicità di Uliveto che aveva vinto cinque scudetti anziché sette.
Per carità, non tutti cadono in questa tentazione, eppure ogni cosa, ogni parola ed ogni immagine di questo mondo porge la mela facile conquista da assaporare. E in troppi ci cascano.
Mi scuserete se tutto ciò mi procura un certo fastidio.
Il fatto è che io sono così imbambolato che in cabina elettorale ho quasi scelto all’ultimo momento chi votare, in quanto, ipotizzando i tre poli, le mie idee nei diversi campi, economico, sociale, culturale e via dicendo, le trovavo rappresentate un po’ qui e un po’ lì e un po’ là. E tutt’oggi mi trovo a volte in linea con la politica dell’attuale maggioranza ed a volte invece con le mozioni di chi l’avversa.
Il fatto è che io trovo Luciano Moggi un grandissimo dirigente sportivo. E sono certo della sua innocenza rispetto alle accuse mosse in quel di farsopoli, perché non ho ragionato a prescindere ma ho studiato codici e telefonate. Eppure nonostante questo e tutta la gratitudine che da juventino nutro per lui, spesso provo alcune repulsioni rispetto a certe sue sparate da novello giornalista sportivo.
Il fatto è che io adoro Del Piero calciatore, gli sono grato di tutto quanto ha fatto in questi anni, mi è sempre sembrato un esempio in campo per gli altri e finchè non vedo non credo alla storia del capo fronda. E anche se avrei preferito che si esponesse maggiormente su farsopoli, come fece il grande Nedved, e ritengo che forse avrebbe dovuto evitare di prestarsi al giochetto della pubblicità, nonostante questo non lo rinnego come uomo, e quante volte ha difeso la Juve…tante.
Mi scuserete, ma
io sono convinto che proprio il ragionamento “ad minchiam” a prescindere sia una grande rovina intellettuale, e una base forte e determinante che ha permesso lo scempio della Juve nel 2006. Moggi era un mostro, a prescindere. E prescindendo si sono mossi i media e, ahimè, le istituzioni.
Questo mio modo di ragionare, è già successo, mi ha portato sovente ad essere accusato di essere “democristiano”. Ovvero il ragionare non a prescindere, addirittura osando porre dei distinguo, viene etichettato sotto la falsa e distorcente etichetta di “non schierarsi” o peggio “non avere le idee chiare”. Personalmente reputo queste affermazioni le più grette e superficiali. Non tutto a questo mondo è bianco o nero, e schierarsi è possibile ma pure si può farlo mantenendo uno spirito critico.
E se non siete d’accordo, chiamatemi pure democristiano.
Il Vostro PierFerdinando Mason
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