“E’ stata una condanna etica”. Così il 10 febbraio 2010, in un’intervista a Tuttosport, il giudice della sentenza d’appello del processo di calciopoli, Piero Sandulli. Questa parola, etica, è diventata la protagonista, inflazionata e abusata, di tutte discussioni aventi come oggetto calciopoli.
“Il Codice (europeo) di Etica Sportiva parte dal principio che le considerazioni etiche insite nel ‘gioco leale’ (fair play) non sono elementi facoltativi, ma qualcosa d'essenziale in ogni attività sportiva, in ogni fase della politica e della gestione del settore sportivo.” “Fair play significa molto di più che il semplice rispetto delle regole. Esso incorpora i concetti di amicizia, di rispetto degli altri e di spirito sportivo”.
Per un problema di etica sportiva la squadra di calcio più famosa e amata d’Italia è stata quasi distrutta da una condanna esemplare.
Vediamo in che modo ci sono riusciti.
L’art. 37 comma 1 del CGS dichiara tre gradi di giudizio e che la competenza territoriale è determinata dal luogo dove è stato commesso l’illecito, che avrebbe dovuto essere Torino. Il processo del 2006 si tenne presso lo stadio Olimpico di Roma e nel corso dello svolgimento si saltò il primo grado di giudizio, di competenza della Commissione Disciplinare.
Secondo lo stesso art. 37 comma 6 CGS, il dibattimento deve svolgersi in contraddittorio tra la Procura Federale e le parti e al termine il rappresentante della Procure Federale deve formulare le proprie richieste. Il procuratore Palazzi pronunciò la requisitoria prima del dibattimento.
Il processo si basò sulle intercettazioni acquisite dalla FIGC da Napoli, ma secondo l’art. 270 del Codice di procedura penale le intercettazioni non possono costituire unico mezzo di prova fuori del procedimento per il quale sono disposte, che era quello penale. Le intercettazioni facevano parte di un indagine che si sarebbe conclusa solo diversi mesi dopo e costituivano materiale sottoposto a segreto istruttorio.
Lo stesso materiale che era abbondantemente stato utilizzato da giornali e televisioni, celebrando un processo antecedente e parallelo a quello reale, iniziato inspiegabilmente con un articolo della Gazzetta dello Sport del 22 Aprile 2006, nel quale Ruggiero Palombo, in qualità di veggente, narrava la trama di tutto quanto sarebbe successo nei mesi a venire.
Mentre poi i giornali anticipavano le sentenze, alle difese non venivano concessi i più elementari diritti, a cominciare dal tempo necessario per studiare ed esaminare i tabulati telefonici e non veniva consentito di produrre testimoni in aula, né prove filmate.
Le intercettazioni a disposizione erano centomila, ma meno di duecento furono utilizzate contro la Juventus. In seguito si scoprì che nelle restanti c’era molto materiale utile.
Da rilevare la sproporzione della pena, che ha visto comminare sei sanzioni dirette alla Juventus, violando il principio del divieto di punire con più sanzioni lo stesso fatto.
Ma le incongruenze principali di quel processo della giustizia sportiva furono la nomina di Guido Rossi a commissario generale della FIGC il 16 maggio 2006 e l’assegnazione dello scudetto 2005/06 all’Inter. Guido Rossi era ex componente del cda dell’inter ed ex presidente Telecom, carica alla quale ritornò il 15 Settembre 2006, dopo le dimissioni di Marco Tronchetti Provera. L’8 Marzo 2008 Fabio Tamburini del Sole 24Ore scrisse che da alcune settimane era consulente FIAT. Il conflitto d’interesse diventa ancora più palese se si aggiunge che lo stesso Guido Rossi non ha fatto mai mistero di essere tifoso dell’Inter, eppure non ci ha pensato due volte a trasferire il tricolore 2005/06, che non era oggetto di indagine, dalle maglie bianconere a quelle nerazzurre. Nonostante il parere della Commissione dei tre saggi, Aigner, Coccia e Pardolesi, da lui stesso nominati, lo avesse vincolato ai requisiti di etica sportiva. Ebbene, il 25 maggio 2006, in piena calciopoli, Gabriele Oriali e Alvaro Recoba avevano patteggiato dinanzi al Gip G. Lombardi di Udine la pena di sei mesi di reclusione ciascuno per i reati di falso (il passaporto del calciatore) e ricettazione (una patente rubata negli uffici della Motorizzazione di Latina).
Il capolavoro però è costituito dalla motivazione della sentenza. Per meritare la serie B era necessario che la Juventus si fosse resa colpevole di un illecito (art. 6). Quell’illecito non c’era. C’erano sei comportamenti antisportivi (art. 1). E’ stato perciò ideato “l’illecito strutturato”, un espediente per truccare i campionati senza truccare le partite. Un reato non contemplato dal CGS. E i giudici hanno accettato l’idea di sommare sei art. 1 per fare un art. 6. Come dire che volendo, da oggi, con sei calci d’angolo si potrebbe convalidare una rete.
Sempre nell’intervista citata Sandulli dichiarò: “Andare in giro senza cravatta non è illecito, ma nel circolo della caccia, se accetti la sua clausola compromissoria e il regolamento lo vieta, sei sanzionato”.
Ancora oggi non riesco a credere che esistano circoli nei quali sia considerato più etico andare in giro con un passaporto falso e una patente rubata piuttosto che senza cravatta
la juventina |