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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Attualità di G. FIORITO del 03/12/2010 09:23:15
L’autonomia arbitrale nell’era del calcio pulito

 

Mala tempora currunt presso la FIGC. I lavori avviati dalle due commissioni presiedute da Tavecchio e Macalli vanno a rilento e all’orizzonte si prospetta la possibilità che alla minaccia di sciopero dei calciatori si possa aggiungere prossimamente la mancata discesa in campo delle giacchette nere. La situazione è piuttosto complessa e l’atmosfera molto tesa, anche a causa del perdurare delle azioni di disturbo delle parti. La Lega A e la Lega B hanno infatti disertato più volte le riunioni e i consigli federali, facendo pervenire al più le richieste, come ha fatto la prima o promettendo di stilarle entro fine mese, come ha preannunciato la seconda. In tal modo, da una parte soffre la commissione sulla riforma dei campionati, guidata da Mario Macalli, presidente della Lega Pro, definito vulcanico e bellicoso, eppure impantanato in una situazione che lentamente si sta avviando verso la proposta di un campionato di serie A a 20 squadre, uno di serie B a 22 e tre gironi corrispondenti alla vecchia serie C di 20. Bocciata la sua prerogativa di ottenere una massima serie e due serie cadette di 18 squadre, rimanendo inalterata la composizione dei gironi di Lega Pro, per un totale di 108 squadre. Vi è poi la questione dei ripescaggi, della quale si chiede l’urgenza di una definizione entro l’anno. Dall’altra si accende la polemica che riguarda la commissione sulla modifica dello statuto, presieduta dal vicepresidente vicario della FIGC Carlo Tavecchio. Tra il 24 e il 25 novembre si è tenuto un Consiglio federale che ha visto esplodere la controversia sul mantenimento dell’autonomia dell’AIA, con le esternazioni vivaci di Marcello Nicchi, presidente dell’AIA, che non ha esitato a rivendicare una garanzia di terzietà all’associazione e, qualora fosse necessario, a rinunciare alle proposte presentate per la modifica dello statuto, di fronte alla richiesta esplicita di avere un parere consultivo sulla nomina dei designatori da parte dei presidenti di Lega. In poche parole il designatore verrebbe scelto dal presidente federale, quale authority, e non più dal presidente degli arbitri.

La questione parte da lontano e si intuisce bene dalle parole pronunciate dallo stesso Nicchi: “Se una Lega vuole mettere le mani nel settore arbitrale, allora mi devono dire perché”. In effetti la Lega Calcio è un organo molto potente, che gestisce i tornei calcistici fin dal 1946.

A ribadire un richiamo all’autonomia del settore arbitrale, lunedì 8 novembre, presso il Teatro Piccinni di Bari, si sono celebrati i 100 anni dalla nascita di Angelo Balestrazzi, primo Presidente Nazionale dell’AIA. Era presente lo stesso Marcello Nicchi, che con un lungo intervento ha voluto sottolineare una storia cominciata proprio con Angelo Balestrazzi, precursore di un’autonomia arbitrale, richiesta, rivendicata e poi ottenuta. Il commissariamento dell’AIA dopo i fatti di calciopoli legati al processo della giustizia sportiva del 2006 ha spezzato questa storia. Allora fu designato Luigi Agnolin, che rimase in carica fino al 25 novembre del 2006, quando un appello firmato dalla maggior parte dei presidenti delle oltre 200 sezioni AIA richiese nuove elezioni che portarono all’insediamento di Cesare Gussoni il 25 novembre 2006, al quale subentrò il 6 marzo 2009 Marcello Nicchi, eletto durante l’Assemblea generale tenutasi a Fiumicino.

Il 13 settembre di quest’anno si ha notizia che Pierluigi Pairetto, il designatore arbitrale coinvolto con Paolo Bergamo in calciopoli, è il nuovo osservatore degli arbitri del comitato interregionale Piemonte-Valle d’Aosta. Ha scontato la squalifica di trenta mesi e si dedica alla formazione di giovani arbitri. L’AIA procede in una sorta di restaurazione in piena autonomia, reintegrando nelle loro attività arbitri e guardalinee nonostante siano ancora in corso procedimenti della giustizia ordinaria con richiesta di condanna per frode sportiva.

La spaccatura con la FIGC è evidente e Abete reagisce ammettendo che il sistema normativo non è stato violato, ma sussiste un problema di etica e politica. L’etica tanto cara alla FIGC.

Frattanto, nel giugno 2010, avviene che la CAN (Commissione Arbitri Nazionale) si doppia in CAN di serie A, con referente Stefano Braschi e CAN di serie B, con referente Roberto Rosetti. Qualcuno sussurra che Collina fosse assolutamente contrario, ma che se ne sia quasi fatto promotore in virtù dei guadagni percepiti a seguito della brillante carriera. Brillante e fortunata, aggiungiamo. E ci fermiamo qui.

Anche la Lega si scinde, nel settembre del 2009, dopo 4 mesi di commissariamento, in Lega A e Lega B, sotto le presidenze di Maurizio Beretta e Andrea Abodi. E al fine di ovviare alle prestazioni arbitrali, di certo in buona fede, che potrebbero inficiare l’esito delle partite, pensa bene di risolvere il problema provvedendo in maniera diretta (o quasi) alla gestione dell’organico degli arbitri e alle relative designazioni.

Spalle al muro, agli arbitri non rimangono che due alternative.

1) Dimostrarsi intransigenti e, a costo di rinunciare alle proprie richieste inoltrate per la modifica dello statuto, cercare di mantenere il diritto all’autonomia rispetto all’organo calcistico.

2) Cedere. In virtù di alcune proposte che deriverebbero da uno stato di fatto contingente che a ben vedere sembra adatto a determinare una situazione di do ut des, se non di subalternità, in barba al tradizionale ruolo dell’arbitro super partes. Infatti:

a) Gli arbitri sono di fatto una categoria senza contratto.

b) La divisione della CAN in A e B ha determinato, a detta di molti, un’effettiva diminuzione del numero degli arbitri e la scarsa possibilità di emergere, essendo preclusa a chi arbitra nella serie inferiore quella maggiore; una conseguente involuzione qualitativa; una diminuzione dei guadagni.

c) I compensi degli arbitri sono pagati dalle stesse società attraverso parte delle quote di iscrizione versate. Da arbitri.com apprendiamo queste cifre: per ogni prestazione 3.500 euro per la serie A, 1.400 euro per la serie B, più la trasferta. Poca roba in confronto alle cifre che vanno in tasca ai calciatori e agli allenatori.

d) Non possono essere considerati professionisti in campo, né sotto il profilo giurisprudenziale.

e) La lega Calcio potenzialmente ha grandi capacità di investimento e potrebbe inaugurare un iter normativo a tutela degli arbitri da risolvere con un contratto di lavoro, innescando un meccanismo che li ridurrebbe a dei dipendenti.

Aggiungiamo che tra le richieste formulate durante il Consiglio federale ci sarebbe quella di trasferire a Milano tutta la giustizia sportiva che riguarda la serie A. Benvenuti nell’era del calcio pulito.

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