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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Farsopoli di G. FIORITO del 09/12/2010 16:22:16
Calciopoli e chi non ha mai dato risposte..

 

”Piaccia o non piaccia agli imputati non ci sono mai telefonate tra Bergamo o Pairetto con il signor Moratti, o con il signor Sensi o con il signor Campedelli, presidente del Chievo…”. Così il PM Giuseppe Narducci il 26 ottobre 2008. Quelle telefonate invece ci sono. 13 aprile 2010. Narducci ribadisce la tesi secondo la quale “è stata organizzata un’alterazione complessiva del campionato” , ma dichiara non esserci problema riguardo a far produrre le telefonate giudicate decisive dalle difese. E’ chiaramente una svolta. Avrebbe dovuto esserlo. La FIGC avrebbe dovuto valutare le nuove prove emerse ed agire di conseguenza. Il 27 ottobre 2010 si diffonde una nota di Tuttosport: “a 171 giorni dalla presentazione dell’esposto da parte della Juventus la revoca del titolo 2005-2006 al club nerazzurro diventa più di un’ipotesi. Palazzi è al lavoro e Abete porterà presto la revoca in consiglio federale. Lo scudetto potrebbe essere tolto all’Inter nei primi mesi del 2011” . Sconcertante. Perché tanta fretta nel 2006 e tanta lentezza nel 2010? Come hanno reagito i protagonisti dell’esecuzione esemplare impartita alla Juventus?

Narducci, oltre a presenziare le udienze del processo di Napoli, ha dedicato il suo tempo alla cultura. E’ stato infatti avvistato insieme con Massimo Moratti e il colonnello Attilio Auricchio, ma anche Valerio Piccioni della Gazzetta dello Sport e Zdenek Zeman in giro a presentare un libro che parla della difficile condizione dei desaparecidos nell’Argentina che vinse i mondiali del ’78. Giusto per non smettere di dedicare la vita alle cause dell’etica...

Francesco Saverio Borrelli. Il 23 maggio 2006 l’ex capo del pool di mani Pulite viene nominato capo dell’ufficio indagini della FIGC al posto del dimissionario Italo Pappa dal commissario straordinario Guido Rossi, insediatosi il 16 maggio. La sua linea attiene alla conduzione di indagini rapide agevolate dalle possibili dichiarazioni di un eventuale pentito. Silvia Morescanti, legale di Bergamo, De Santis, Fabiani e Racalbuto, giustamente porrà in rilievo la questione dell’archiviazione dei pedinamenti ordinati da Moratti, ma il pentito Borrelli non lo trova. Gli viene taciuto quello che Rosario Coppola, ex assistente della CAN A, il 6 aprile 2010 deporrà a Napoli. Cioè che i carabinieri che lo avevano interrogato non avevano manifestato interesse per l’Inter, poiché a loro dire non erano a conoscenza di intercettazioni che la riguardassero e non era nella direzione intrapresa dalle indagini. Tuttavia Borrelli qualche idea se la fa, se il 19 giugno 2006 conclude la relazione che consegna al procuratore Stefano Palazzi così: “Resta da ripetere che le indagini dovranno proseguire: la vastità del contesto, la unicità di questo che è il più grande scandalo del mondo del calcio, il numero davvero ampio di società e soggetti coinvolti, i plurimi filoni investigativi che sin da ora emergono e che vieppiù emergeranno nel prosieguo, non permettono di ritenere conclusa l’opera di individuazione delle responsabilità eventualmente attribuibili ad altre società e ad altre persone fisiche” . E di quell’idea deve essere rimasto se Il Corriere della Sera riporta in data 6 Maggio 2006 una sua dichiarazione rilasciata a Matera nel corso di un incontro sulla riforma della giustizia sportiva: “Calciopoli non è ancora finita. Non si può dire che le indagini siano finite se pensiamo ai risultati della Procura di Napoli che ha fatto riferimento all' annata calcistica 2005-2006” . Borrelli insiste sull’analisi dei mali del calcio: “Quello della legalità è un problema che riguarda un po' tutti i campi e il calcio non fa eccezione. In passato sono stati fatti degli errori, come il riconoscimento ai club della veste di società per azioni, poi la quotazione in Borsa e, infine, i compensi ai calciatori che da noi sono stratosferici… Occorre un impegno da parte tutti, anche sul piano legislativo” . Lascia temporaneamente l’incarico di capo ufficio indagini della FIGC nel settembre 2006, in seguito alle dimissioni di G. Rossi, ma rientra subito dopo aver sentito il nuovo commissario Luca Pancalli. Durante l’audizione della commissione Giustizia del Senato ritorna su calciopoli: "E' un bel caos... La giustizia calcistica deve essere riordinata. E' abbastanza singolare che subentri una commissione per l'arbitrato o per la conciliazione che manda in fumo o mette le mani in una decisione già presa da commissioni giudicanti in doppio grado". Aggiungendo: "Tutto questo non giova alla chiarezza , può darsi che vada bene così, ma è abbastanza singolare, è qualcosa che dà un carattere un po' particolare all'iter della giustizia calcistica, almeno rispetto a quello che è il modello fondamentale della giustizia dello Stato". L'arbitrato del Coni (l'ultimo grado di giudizio della giustizia sportiva), infatti, concederà a tutti gli imputati di calciopoli riduzioni della pena inflitta dalla Corte Federale, che a sua volta aveva alleggerito le decisioni in primo grado della Caf. Borrelli in buona sostanza ha a cuore la revisione dei meccanismi che regolano la giustizia sportiva.

Massimo Moratti, 16 luglio 2006, in seguito all’assegnazione a tavolino all’Inter dello scudetto 2005/2006, vinto sul campo dalla Juventus e sul quale non gravava l’ombra di alcuna indagine: “Lo scudetto ci spetta perché è necessario fare un distinguo fra chi ha portato avanti un certo sistema e chi invece si è sempre comportato secondo le regole: fra chi ha barato e chi è onesto. Sì, sarebbe un messaggio sbagliato non assegnare lo scudetto. Un brutto segnale non solo all’Italia sportiva, ma a tutto il mondo. Un qualcosa che autorizzerebbe a pensare che proprio tutti erano sporchi. Noi no, alziamo la mano e urliamo: Noi no. Con questo sistema sporco proprio non c’entriamo. Ripeto, direi le stesse cose se al terzo posto fossero arrivate altre squadre. Lo scudetto è un diritto di chi si è comportato bene, il titolo va dato a chi si è distinto più di altri”.
In questo contesto non ragioniamo della sussistenza delle motivazioni etiche alle quali i tre saggi, Massimo Coccia, Roberto Pardolesi e Gerhard Aigner, avevano sottoposto l’eventuale decisione di assegnazione di uno scudetto revocato, cerchiamo semplicemente di ricondurre alla responsabilità di tale assegnazione, che dopo gli sviluppi dell’affaire calciopoli nel 2010, nessuno sembra volersi assumere.

Cesare Ruperto, presidente emerito della Corte Costituzionale ed ex Presidente della Commissione di Appello Federale (CAF) della FIGC durante calciopoli, emette la prima sentenza il 14 luglio 2006. Dichiara: “Andatevi a rileggere la mia sentenza: revoca dell’assegnazione del titolo di campione d’Italia 2004/05; non assegnazione del titolo di campione d’Italia 2005/06”.

Piero Sandulli, ex Presidente della Corte federale della Figc durante Calciopoli, emette la seconda sentenza il 25 luglio 2006. Il 7 aprile 2010 afferma nel corso di un’intervista riportata da Tuttosport: “A suo tempo espressi parere negativo sull’assegnazione dello scudetto 2006 all’Inter, perché gli scudetti vanno conquistati sul campo e non a tavolino. Sarebbe stato più opportuno non assegnarlo, come quello del campionato precedente. Non so se ci furono pressioni da parte dell’Uefa affinché il titolo fosse assegnato comunque ma la nostra stessa decisione lasciava trasparire che non era opportuno assegnare quello scudetto”. Occorre rimarcare che l’unica richiesta dell’UEFA, pena la mancata partecipazione alle competizioni europee 2006/2007 delle squadre italiane, riguardava la stesura di una classifica e non l’assegnazione del titolo di Campione d’Italia.
In merito ad un’eventuale riapertura del processo della giustizia sportiva, Sandulli risponde: “Più che di riapertura, parlerei di apertura, perché non mi pare che dalle te¬lefonate emergano fatti nuovi sui soggetti già giu¬dicati. Semmai emergono fatti su nuovi soggetti” . Riguardo alle nuove telefonate che coinvolgono l’inter: “No, mai sentite quelle telefonate… Ma per aprire un processo bisogna valutare se nel frattempo il reato non sia prescritto e se i documenti vengano acquisti dal processo di Napoli”.
Alla domanda: se avesse avuto in mano queste intercettazioni, avrebbe cambiato la sentenza d’appello?
“Per quanto riguarda la sentenza, non sarebbe cambiata, però avremmo avuto al tavolo degli inquisiti un altro gruppo di soggetti”.


Luca Pancalli, presidente del Comitato Paraolimpico ed ex Commissario straordinario della Figc nell’immediato post-Calciopoli: “Fretta nell’assegnare lo scudetto all’Inter? L’ex commissario Guido Rossi in quel periodo si affidò al parere del comitato dei saggi che delineò la situazione spiegando bene che lo scudetto poteva essere assegnato o non assegnato. Alla luce di quella che era la decisione dell’epoca Rossi decise di assegnarlo all’Inter. Io ho sempre detto che poteva anche non essere assegnato “.

Gerhard Aigner, ex segretario generale dell’Uefa, uno dei tre saggi nominati da Guido Rossi per conoscere se vi fossero i presupposti per l’assegnazione dello Scudetto all’Inter, come da richiesta di Massimo Moratti: “Fu Rossi e non io a dare lo scudetto all’Inter. Da me arrivò solo un parere positivo in base agli statuti alla generica possibilità di riassegnare il titolo dopo la revoca alla Juventus”.

Roberto Pardolesi, professore ordinario di Diritto privato comparato alla Luiss Guido Carli, un altro dei tre saggi nominati da Guido Rossi: “Se ci fossero elementi nuovi, evidentemente il procedimento andrebbe reistruito. È ovvio che se si configurassero elementi nuovi rispetto a quelli che sono stati offerti alla nostra valutazione, questa dovrebbe essere fatta ex novo o quanto meno reintegrata. Se il materiale che abbiamo avuto a disposizione fosse stato incompleto, la nostra valutazione sarebbe superata dai fatti, ma questo io non lo so. Se emergessero fatti nuovi, questi potrebbero essere esaminati; bisognerebbe aprire un nuovo procedimento e dunque sotto questo profilo non ci sono ancora i termini per la prescrizione”.

Guido Rossi, 13/5/2010, in risposta a Franco Carraro che lo accusava di aver commesso un errore di politica sportiva assegnando lo scudetto 2005/2006 all’inter: “Non l’ho assegnato io lo scudetto del 2006, lo ha assegnato Moggi con i suoi comportamenti. E adesso aggiungo anche Carraro che era presidente della federazione quando questa è stata colpita dal più grande scandalo di sempre nella storia dello sport mondiale. Oggi tutto sembra dimenticato ma allora anche Carraro si era assunto le sue responsabilità. Rifarei tutto quello che ho fatto, si dimentica troppo in fretta e si capovolge facilmente la realtà, ma quando si opera correttamente non bisogna preoccuparsi. Lo scudetto 2006 non l’ho assegnato io, devono smetterla di dire queste cose. Io non intervengo mai, ma c’è molta gente che farebbe bene a tacere” . Nemmeno Ponzio Pilato avrebbe saputo fare di meglio.

Franco Carraro. L’ex presidente FIGC non fa attendere la risposta ed emette un comunicato il giorno seguente: “Io sono stato corretto e Guido Rossi ha sbagliato ad assegnare quello scudetto. Il GUP di Napoli, la Corte di Cassazione, il Tar del Lazio, la Procura della Corte dei Conti, la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport presso il Coni, hanno riconosciuto la correttezza del mio comportamento sul piano penale, amministrativo, contabile e sportivo. L’8 maggio 2006, senza che nessuno me lo chiedesse,ho dato le mie dimissioni per la responsabilità oggettiva che compete al Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Ritengo che, Giacinto Facchetti sia stata una splendida persona nella vita e nello sport e che Moratti sia un uomo perbene. Penso che il Prof. Rossi, anche grazie alla qualità e alla quantità delle sue relazioni, nel 2006 abbia dato un importante contributo al calcio italiano in un momento delicato ma ritengo anche che abbia commesso, come tutti, qualche errore, tra cui l’assegnazione dello scudetto all’Inter. Sono disponibile ad un sereno confronto con il Prof. Rossi in qualsiasi sede” . Ponzio Pilato no, ma Carraro forse sì.

Spesso immagino l’affaire calciopoli come un enorme vaso di Pandora scoperchiato. Ne sono venuti fuori tanti mali che ad un certo punto, quando hanno cominciato ad interessare e toccare obiettivi non previsti, qualcuno ha pensato bene di rimettere il coperchio, senza rendersi conto che era troppo tardi. Molti di noi sono entrati nel quinto anno di attesa di poter avere delle risposte alle tante, troppe domande che affollano la nostra mente. Domande alle quali, come abbiamo visto, nessuno vuole dare una risposta credibile, ingegnandosi di fare in modo di passare velocemente a qualcun altro la patata bollente.

Nessuno, a parte Andrea Agnelli. Il 10 maggio 2010 la Juventus presenta un esposto alla FIGC, con oggetto: “revoca del titolo di campione d’Italia e deferimento a giudizio della competente autorità disciplinare di tutti i tesserati e le Società coinvolti nei comportamenti antisportivi, con salvezza di ogni ulteriore azione e diritto, nonché di ulteriormente produrre e dedurre a supporto del presente esposto”. Come dire non solo che venga a sua volta revocato all’Inter quello scudetto un po’ patacca perché i requisiti richiesti allora per l’assegnazione dai tre denominati saggi della FIGC di etica e probità sportiva non sono stati rispettati, ma addirittura sia richiesto il deferimento della società Inter e per essa lo stesso trattamento di cui fu oggetto la Juventus quattro anni fa. Con il supplemento di una malcelata richiesta di un probabile risarcimento.

Il 7 giugno 2010 l’Associazione Giulemanidallajuve fa recapitare alla Figc (Giancarlo Abete), al presidente del¬la commissione di Garanzia Figc, Pasquale De Lise, al presidente della Corte di giustizia, Giancarlo Corag¬gio, al procuratore Stefano Palazzi, al presi¬dente Coni, Giovanni Petrucci, alla Fifa, alla Uefa e anche ad Andrea Agnelli un atto di diffida, per sollecitare lo studio di quanto emerso dalla fine di marzo del 2010 e l’attuazione dei relativi provvedimenti che ne devono e ne possono derivare.

Giancarlo Abete, presidente FIGC, il 25 novembre 2010, rispondendo alle domande dei cronisti in riferimento al fatto che erano già passati duecento giorni dall'esposto presentato dalla Juventus di Andrea Agnelli: “Il nostro obiettivo rimane quello di dare un riscontro all'esposto della Juve (che ha chiesto la revoca dello scudetto del 2006 assegnato all'Inter) nei tempi tecnici compatibili con il buon senso e lasciando piena autonomia all'attività della Procura Federale. Ricordo che in realtà l'attività della Procura su questa questione è partita da quando sono state validate le perizie dell'intercettazioni, e quindi non bisogna contare 200 giorni, ma molti di meno. Di certo, da parte nostra non manca la sensibilità di politica sportiva, ma non possiamo invadere zone che non sono di nostra competenza”.

Un’altra risposta che non è una risposta. Che rimanda le decisioni e le assunzioni di responsabilità. Che ancora una volta rimette in discussione la credibilità del calcio italiano e delle sue istituzioni. Ho sempre pensato che in un modo o nell’altro la Juventus e i suoi tifosi avessero subito una grande ingiustizia nel 2006. E che di conseguenza forse sarebbe stato giusto che la Juventus non giocasse più nel campionato italiano. La cronaca di questi quattro, quasi cinque anni, ci ha descritto una realtà nella quale non si può più accettare passivamente il verificarsi di tante iniquità. Se gli altri non sono colpevoli, non deve essere colpevole nemmeno la Juventusi. Se non lo fu, deve essere risarcita. La mancata concretizzazione di una di queste soluzioni, mi porterebbe ancora a desiderare di vedere la Juventus a vincere in campo, come è abituata a fare, ma in un Campionato straniero.

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