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Farsopoli di E. LOFFREDO del 07/03/2011 11:37:09
Narducci, un pm a tavolino

 

Giulemanidallajuve su calcio GP

Ormai è un dato acclarato: Narducci non vuole arrivare a sentenza. Questa è la sola conclusione razionale che si deve trarre dall'ennesima (disperata) mossa del pm del processo calciopoli, la nuova ricusazione del presidente del collegio giudicante.

Anche ammesso che Narducci abbia validi motivi per dubitare della “serenità di giudizio” delle tre giudici, perché agire in danno del processo, che, seppur sfavorevole in primo grado, potrebbe vederlo comunque vittorioso in appello? Perché le accuse proprio non stanno in piedi, neanche a tenerle su con gli ultimi ulteriori testi escussi.

Purtroppo l'agire di Narducci risente della deviata percezione che dimostra di avere del proprio ufficio. Il pm deve recepire le notizie di reato e ha l'obbligo di procedere a verificarne la consistenza e la fondatezza. Per fare ciò deve raccogliere tutti gli elementi che possono dimostrare le ipotesi d'accusa e anche tutti quelli che le possono smentire. Questo processo però ancora una volta ci ha dimostrato che polizia giudiziaria e magistratura inquirente si dedicano esclusivamente a voler dimostrare l'assunto colpevolista. Una pervicacia che evidenzia come il pm non percepisca il reale significato dell'ufficio che ricopre. I pm in sostanza si trasformano inesorabilmente in oltranzisti delle tesi accusatorie.

Succede così che quando le accuse si sono sgretolate già in fase dibattimentale, il pm non si attenga al ruolo di primo ricercatore della verità del processo penale, ma si trasformi in ultrà d'aula, in fondamentalista della condanna a tutti i costi. Il pm si trasforma nel più ottuso negazionista della realtà emersa dal dibattimento processuale, un'evoluzione che fa somigliare il pm al tifoso che se la prende a prescindere con l'arbitro e che trova in complotti e trame esterne i motivi della sconfitta.

Quello di Narducci ormai è diventato un piagnisteo giustificabile solo con la bontà dei testi che ha portato in aula, e invece che dolersi con sé stesso per aver costruito un impianto accusatorio inconsistente, non trova niente di meglio che accusare il collegio giudicante. Ancor prima della sentenza!

Negli ambienti che Narducci ha asserito essere dominati da una cupola, quelli come lui si definiscono “piangina”.

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