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Editoriale di E. LOFFREDO del 08/04/2009 08:14:02
Nedved Uomo da Juve

 

Ognuno di noi serba un posto particolare per uno dei campioni che hanno vestito la maglia della Juve.
Quelli delle generazioni più adulte si sono entusiasmati per i calzettoni alle caviglie di Omar Sivori, molti di noi si sono rispecchiati nella sobria e composta eleganza di Zoff e Scirea, quelli della mia età hanno cominciato ad amare la Juve insieme a Le Roi Michel e al carisma che promanava l’Avvocato.
Tutti i nomi sopra citati fanno parte della nostra Storia, quella maiuscola in tutti i sensi.
Nella Storia bianconera, e non da oggi, è impresso un altro nome, quello di Pavel Nedved.
Ecco, Nedved è il campione che per me occupa “un posto particolare”. Pavel è quel calciatore di cui vorresti parlare ai tuoi figli quando giocando nel campetto di quartiere si arrenderanno al pallone che rotola più veloce della loro corsa. Porterai il ceco come esempio di tenacia e forza di volontà.

Dopo le sue prime partite in Italia, quando ancora vestiva una maglia biancoceleste, in casa mia già lo si apprezzava. Una sera Nino, mio fratello, mi disse: «questo calciatore lo riconoscerei ovunque. Guarda come corre, non si ferma mai! Guarda come mulina le braccia! Questo è un giocatore unico». Infatti.

Era il 4 novembre del 2001 quando a Verona per la prima volta ho visto giocare Nedved dal vivo, ero molto curioso di osservarlo. Sapevo che era un calciatore particolare, lo sapevamo tutti. Uscì all’inizio della ripresa, tra noi non era ancora scoccata la scintilla.

Quanti frammenti in questi anni si sono accumulati nella mia memoria, Pavel che corre, Pavel che soffre, Pavel che esulta, Pavel che trafigge il Real, Pavel sulla fascia a venti metri da me, Pavel che alza il pallone d’oro … Potrei continuare finché vogliamo.
Quello che però ricorderò non come un frammento, ma come una costante dei suoi anni juventini è il Pavel che ci crede!

Ci credeva anche il 21 aprile 2002 quando a Piacenza grazie a lui nacque il “cinque maggio”. Quella domenica di primavera gli scalpellini iniziarono a imprimere il suo nome e a tramandarlo negli annali del calcio e della Juventus in particolare.

Anche se non avesse vinto nulla con la maglia bianconera, non sarebbe stato differente l’affetto che i tifosi della Juve hanno per lui. Non importa se non c’era a Manchester, non importa se non ha mai messo le mani sulla coppa con le orecchie: la sua grandezza era e resta intangibile.

Pavel è un Campione che ammiro perché non ha mai mollato, ha sempre dato tutto quel che aveva nei polmoni, perché non ha mai tirato indietro la gamba e perché ha saputo reagire e rialzarsi ai colpi di qualunque avversario. In poche parole: perché non si è mai risparmiato per onorare la maglia che indossava. E per nostra fortuna quella maglia negli ultimi anni è stata la nostra.

Qualche settimana fa Pavel ha annunciato che a fine anno si ritirerà dal calcio giocato, istintivo è stato in noi il dispiacere per un campione che appende gli scarpini al chiodo.
Il ritiro è un momento inevitabile nella carriera di ogni atleta, per questo forse non è giusto dispiacersi. Dobbiamo invece rallegrarci per aver avuto Nedved dalla nostra parte.

Nove partite, tante ne mancano alla fine del campionato e all’addio del campione ceco. Pavel si è rialzato un’altra volta, e non smetterà di correre fino all’ultima partita. Quante stille di energia gli resteranno all’ultimo minuto della sua ultima partita? Nessuna, avete indovinato. Pavel non ne risparmierà nessuna.
E chissà, se un giorno veramente avrò due mocciosi che giocano nel campetto di quartiere, magari proprio grazie all’esempio di Nedved impareranno a correre più veloci del pallone e a non arrendersi mai, ad essere più tenaci delle avversità.

Mentre terminavo questo articolo, mia sorella mi ha chiesto cosa stessi facendo ed io: «Sto scrivendo un articolo su Nedved, cosa potrei scrivere di bello?», lei come se nulla fosse mi risponde: «Beh, solo se scrivi Nedved hai scritto qualcosa di bello».
Difficile aggiungere altro.

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