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Domenica 06/04/2025 ore 20.45
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Il Fatto di N. REDAZIONE del 10/12/2011 09:31:25
Cosa scrivevano nel 1975? Marco Tardelli

 

Intervista da neo-bianconero a Marco Tardelli a cura di Alberto Refrigeri pubblicata da Hurrà Juventus n. 11 del novembre 1975. Così si presentava da giovane calciatore juventino.

Ed eccoci ad un’intervista a cuore aperto a Marco Tardelli, neo acquisto bianconero, con le oramai abituali domandine ai giocatori appena arrivati alla Juve.
Marco all’apparenza sembra un ragazzo timidissimo, parla a bassa voce, non altera mai il tono del discorso, ma nell’intimo nasconde una volontà feroce di riuscire nel suo lavoro, e, soprattutto, cosa molto importante, una mentalità vincente.
Ha tre fratelli, Danilo, Flavio e Tulli, i primi due juventini sfegatati, il secondo interista. Tardelli è nato a Capanne in provincia di Lucca il 29/04/1954, è alto 1.78 e pesa sui settanta chili; ha tirato i primi calci nella squadra allievi di San Martino nel ruolo di centrocampista; all’età di quindici anni viene a Torino per la società granata, che però non lo giudica talmente forte da acquistarlo. L’anno dopo passa poi dal S. Martino al Pisa; a diciassette anni altra prova, questa volta a Bologna, ma anche qui, forse a causa della sua ridotta cassa toracica, non viene preso in considerazione.
E così finisce per passare al Como, in serie B, dove lo scorso anno gioca un campionato magistrale, tanto da meritarsi gli elogi di tutta la critica e da venire considerato il miglior elemento della serie cadetta. Diverse squadre gli fanno la corte ma spunta la Juve, e ad agosto si presenta a Villar Perosa per indossare la maglia bianconera.

Come hai trovato i nuovi compagni, il nuovo ambiente?
«Beh, logicamente i primi giorni ero un pochino spaesato, però non ho tardato molto ad ambientarmi, anche perché mi hanno messo a vivere con Spinosi, che ha un carattere eccezionalmente spumeggiante emi ha fatto subito trovare a mio completo agio. Anche con tutti gli altri compagni sono andato subito perfettamente d’accordo; bravi ragazzi, simpatici, veri amici sia nella vita, sia sui campi verdi di allenamento, sia durante le partite ufficiali. Sempre pronti tutti a darti una mano nei momenti difficili: una vera famiglia insomma.»

I tifosi juventini, non appena ti hanno visto giocare il primo incontro con la Romania, ti hanno subito eletto loro beniamino, a cosa credi sia dovuto questo fatto?
«Mi sono accorto anch’io dell’incitamento dei supporters, incitamento che mi ha fatto tanto bene specialmente per ambientarmi nelle prime partite nelle quali, lo confesso, ero piuttosto emozionato; capirà, giocare con la maglia bianconera, quella indossata nel passato ed oggi da fior di campioni non è cosa da tutti i giorni. Per questo ringrazio i tifosi dal più profondo del cuore, promettendo a loro di impegnarmi sempre al massimo».

Quali sono i tuoi maggiori pregi e difetti?
«Tutti ne abbiamo, però preferirei non essere io ad elencare le mie virtù, se ce ne sono, oppure le cose che non vanno; mi sembra logico girare la domanda al mio allenatore…».

Fra gli attaccanti più difficili da marcare, sia nel Como che, in queste poche partite nella Juventus, chi hai trovato?
«L’anno scorso uno che mi fece sudare le rituali sette camicie fu Ghio del Novara; non so se si trovava in una giornata di particolare vena, fatto sta che sono uscito dal campo senza più una goccia di forza ed ora, poche partite, ma uno col quale impegnarmi alla morte è stato Ripa della Sambenedettese».

Quali allenatori ricordi con più simpatia, che ti hanno insegnato qualcosa?
«Li ricordo tutti a partire dal primo, Balestri, a Filippelli, Marchioro, Robotti».

Cosa ti riprometti nella Juve?
«Di fare sempre il mio dovere innanzi tutto, e di essere sempre pronto alla chiamata quando questa avverrà; come ho detto prima, prometto ai tifosi il massimo impegno, contro qualsiasi squadra e qualunque avversario, in Coppa e in campionato».

Quando avrai un figlio, gli farai intraprendere la carriera di calciatore?
«E perché non dovrei? Naturalmente andrei bene a fondo per constatare se ha le doti necessarie ed in caso lo asseconderei, gli spiegherei tutti i trucchi del mestiere, sarei insomma il suo primo tifoso».

A un giocatore del tuo stampo, per rendere al massimo, occorre di più la frusta oppure il convincimento?
«Senza dubbio il convincimento; se un allenatore come fa ora il signor Parola, dialoga con me, mi spiega con parole acconce e senza urlare cosa pretende da me, io rendo il doppio; l’allenatore deve spiegare perché vuole che si faccia una determinata cosa, anche al limite accettare il contraddittorio; se invece trovassi un allenatore che usa soltanto i mezzi duri il mio rendimento diminuirebbe di colpo».

Se il giorno dopo la partita ti capita di incontrare per caso l’avversario che ventiquattr’ore prima ti aveva menato tutti i novanta minuti, quale è il tuo comportamento?
«Mi comporterei come tutte le persone civili, cioè salutandolo cordialmente; in campo si combatte e perciò tutto è lecito; anch’io trovandomi un tipo così, non è che sarei stato a guardare tanto per il sottile..; fuori il campo poi amici come prima; è inutile insomma fare delle tragedie, dilungare all’infinito la cosa; se non ho menato abbastanza io, lo farò la prossima partita».

Sei mai stato espulso?
«No, non mi hanno mai cacciato dal campo, mi hanno squalificato uno volta soltanto per somma di ammonizioni».

Ti piacerebbe fare l’arbitro?
«Per carità; c’è troppa responsabilità, proprio troppa; e poi, anche quando fai bene, sei criticato ugualmente; insomma finisci di non accontentare mai nessuno».

In questo momento, a 21 anni appena compiuti, cosa chiedi al calcio?
«Beh, tante cose, tutte interessanti; la tranquillità economica, e tante soddisfazioni; vivendo in questo magnifico ambiente si godono e si gustano delle cose e dei momenti veramente esaltanti, che solo che vi è dentro può capire».

Fino a che anno hai intenzione di continuare?
«Per il momento ho solo 21 anni, mi sembra prematuro pensare a quando smetterò, diciamo comunque, per rispondere alla domanda, il più tardi possibile, perché questo, l’avrà già capito dalle mie precedenti risposte, è un mestiere che mi piace molto».

Sei sempre sincero?
«Quando si tratta di cose serie sempre sincero; se c’è da scherzare anch’io sto alla battuta e prendo bonariamente in giro».

Ti fai mai l’esame di coscienza?
«Sempre, dopo ogni partita: rivado a tutti i particolari, sviscerandoli uno per uno per vedere dove ho sbagliato; cerco di analizzare gli errori, proponendomi di evitarli per il futuro».

Hai dei rimpianti?
«Assolutamente no; vivessi un’altra volta rifarei le stesse cose fatte fino ad ora».

Ci sono nella tua vita dei cantanti o degli attori preferiti?
«Fra gli attori quello che mi piace di più per la sua recitazione è Dustin Hoffman; poi amo tanto la musica leggera ma mi piace anche sentire quelle splendide sinfonia di Beethoven; hanno il pregio di rilassarmi».

Marco Tardelli, che effetto fa passare alla Juventus?
«Sono cose che non si possono descrivere; una grossa soddisfazione, ecco; quando ho saputo che quest’anno avrei militato con la maglia bianconera, in casa c’è stata festa grande, non stavo più nella pelle, complimenti di qua, pacche sulle spalle di là, una bolgia pazzesca; ed era logico che fosse così: la Juventus è la squadra più popolare d’Italia, quella che ha dato tanto al calcio, quella che ha più tifosi; come non si può essere felici quando si passa nelle sue file! Ma strafelici».

Andresti sulla luna?
«E perché no? Naturalmente se avessi le capacità e le possibilità; vede, a me è sempre piaciuta l’avventura, buttarsi in qualcosa di nuovo; cosa ci sarebbe di più stressante che un bel viaggetto nel nostro pianeta, forse un tantino scomodo ma tanto interessante?».

Oltre al calcio c’è qualche altro sport che pratichi?
«Mi piace tanto il tennis; appena posso corro a farmi a qualche set».

Che tipo di carattere hai?
«Tranquillo, normale, senza particolari impennate né depressioni».

Come giocatore come ti definiresti?
«Un terzino fluidificante, che prende il pallone dalla propria area e la porta in quella avversaria per fare il cross».

Che studi hai fatto?
«Sto per prendere il diploma da geometra, sono già al quarto anno me ne manca soltanto più uno e poi posso scrivere sul biglietto da visita: Geometra Marco Tardelli… ».

Secondo te quali sono le principali limitazioni per un calciatore?
«Per quanto riguarda me non sono molte; diciamo il fumo e il rincasare sempre presto la sera ».

Quante sigarette ti fai al giorno?
«Nemmeno una perché non fumo ».

Cosa pensi Marco di queste cosiddette contestazioni’?
«Non posso pensare nulla perché non ci sono dentro; per poter dare un giudizio approfondito occorrerebbe conoscere a fondo ogni problema ed ogni situazione, andare alla radice, alla fonte, insomma; mancandomi questi dati non posso pronunciarmi».

Sei superstizioso?
«Abbastanza; se vinco una partita indossando quel paio di calzoncini la domenica dopo me li porto di nuovo; fino alla prima sconfitta…».

C’è un cibo preferito?
«Io mi ritengo un buongustaio, però non c’è qualcosa che mi attiri particolarmente, mi piace tutto. Ho sempre una fame da lupo e mangio qualunque cosa mi mettano sul piatto».

A Torino dove vivi?
«I primi mesi, come ho detto, abitavo con Spinosi;ora ho un alloggetto per mio conto, un appartamentino all’ultimo piano nei pressi del Po, da cui si domina tutta la collina, e a pochi metri in linea d’aria ho la vista della Mole Antonelliana».

Se dovessi vincere lo scudetto o la Coppa cosa faresti?
«Beh, io non sono uno di quelli che si butterebbe in acqua vestito, ma qualcosa farei certamente; forse ripeterei il pellegrinaggio al Santuario di Montenero, ben 35 km a piedi, fatto lo scorso anno per festeggiare l’avvento del Como in serie A».

Credi nel destino?
«Si, sono sicuro che tutto è stato scritto nei grandi libri del mondo e della vita; naturalmente questo benedetto destino bisogna assecondarlo cercando di agire sempre con serenità e correttezza; allora qualcosa di buono viene fuori.»

Se un registra ti chiamasse per farti interpretare una parte in un film, tu cosa credi sceglierebbe?
«Penso che non saprei fare altro che il calciatore anche sullo schermo».

Quando perdi una partita importante come ti comporti?
«Mi arrabbio da morire; in quei momenti è meglio che nessuno mi parli insieme; voglio sfogare da solo la grande rabbia; comunque quella serra è meglio lasciarmi stare perché morderei…».

Nei momenti difficili ti confidi con qualcuno?
«Si, con Cecilia, la mia ragazza; trova sempre le parole migliori per consolarmi e consigliarmi».

Credi nell’amicizia?
«Si e no; dico solo che i veri amici sono sempre più rari; la persona completamente disinteressata non esiste purtroppo quasi più».

Che differenza hai riscontrato fra il pubblico di Como e quello di Torino?
«Qui al Comunale c’è molto più tifo, più baccano, il tifoso ti aiuta molto di più, e spesso serve molto per centuplicare le forze e dare tutte te stesso».

Hai mai giocato al Totocalcio?
«Ho sempre giocato però sfortunatamente non ho mai vinto una lira».

Un’ultima domanda Marco; quando è che ti sei accorto che saresti diventato qualcuno?
«Intendiamoci, attualmente sono ancora nessuno, ne devo mangiare di pagnotte prima di poter essere considerato un campione; per rispondere però alla domanda le dirò che ho provato quella sensazione a metà dello scorso campionato, quando leggevo sui giornali e sentivo le voci di diverse Società che si interessavano al sottoscritto».

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