A inizio stagione il Napoli, anche grazie all'ottimo campionato precedente, era accreditato di concrete possibilità di vittoria finale. La città era (e lo è ancora) pervasa da un vivo entusiasmo verso la squadra di calcio, non era difficile sentire proclami di trionfo da parte di qualsiasi tifoso del ciuccio.

Chi conosce l'ambiente partenopeo non ignora che tanta fiducia possa aver scatenato un'autentica corsa a scommettere su “Napoli campione”. Già ad ottobre un'addetta di un operatore di scommesse nazionale mi confermò che in occasione delle partite dei “guagliuni di De Laurentiis” i supporters azzurri scatenavano nelle scommesse la aspettative sulla squadra partenopea. Ma il flusso di scommesse potrebbe non essere confluito solo nei canali legali. Non è certo un esercizio ardito immaginare che la stessa smania di scommettere sul Napoli si sia riversato anche nei canali cosiddetti paralleli. Il fenomeno non lo scopriamo certo oggi. In una città dove per di più sono radicati gruppi affatto limpidi che gestiscono certi traffici, non è insensato pensare che ci siano manovre atte ad evitare che gli affari vadano male.

In questo contesto come scordare la lunga scia di episodi “sgradevoli” che ha interessato i principali beniamini (Lavezzi, Cavani e Hamsik) e anche altri componenti della squadra partenopea? In città l'escalation di episodi non è passata inosservata, il parallelo è corso immediato all'epoca di Maradona e compagni, quando i calciatori erano degli intoccabili. Ricordo allora di quando si disse che “anche le pietre lo sanno che il Napoli si è venduto lo scudetto (a favore del Milan di Sacchi) per non far fallire il totonero in mano ai clan”.

In questi giorni il Napoli è più che lambito dal nuovo calcioscommesse. Va a finire che scopriremo che all'epoca del Pibe de oro certi affari si accomodavano con l'amicizia, oggi a causa delle resistenze di (solo) alcuni ambiziosi giocatori si aggiustano con metodi più diretti e sbrigativi.

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