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Il Fatto di N. REDAZIONE del 18/01/2012 16:28:05
Cartoline dal 2011. Rivoluzione e restaurazione

 

Dopo ogni rivoluzione, c'è la restaurazione.

E in questo 2011 sembrerebbe essere arrivata anche per noi l'ora del ritorno al passato e di ricordare – finalmente! – chi siamo e da dove veniamo.
L'inizio del processo ricostruttivo che attendevamo da più di 5 anni, e che deve riguardare tutto ciò che succede in campo ma ancor più ciò che sta fuori dal rettangolo di gioco, ha come simbolo indiscusso il nostro Mister nonché eterno Capitano guerriero indomabile juventino nel DNA Antonio Conte da Lecce.
Non me ne voglia il pur volenteroso Andrea, ultimo rampollo della nobile casata degli Agnelli, ma il messia che attendevamo guardando i cieli plumbei del post-calcipoli non è lui, bensì un cavaliere dall'occhio ceruleo che, senza macchia e senza voce, sta predicando le parabole dell'identità bianconera.
Il suo compito non è convertire nuovi adepti ma riportare sulla retta via gli agnel...ehm, le pecorelle smarrite, spiegando loro quelle 3 o 4 semplici ma ferree regole sulle quali si basa circa un secolo di storia.
Pochi sorrisi / tanto lavoro / amici di nessuno / quello che non uccide fortifica / testa bassa e pedalare / la sconfitta è peggio della morte (e pazienza per qualche pareggio se comunque si rimane in testa alla classifica) / non avrai altro dio all'infuori dello scudetto.

In questo momento in cui si cerca di restaurare la piramide diroccata dall'odio di molti e dall'incuria di pochi, non c'è spazio per chi non vuole o non può intendere: la Juventinità deve tornare a scorrere potente, percepirsi a distanza, diffondersi per osmosi senza parole ma anche con un semplice sguardo.
Non c'è spazio, oggi, per chi non é in grado di coglierlo e capire.
Per questo penso spesso all'immagine di Conte mentre, con enfasi e cattiveria inaudite, spiega ad un giocatore cosa si aspetta che lui metta in campo da lì ad un secondo.
Noi tifosi del vecchio conio non abbiamo sentito una parola di quelle pronunciate dal mister, ma abbiamo capito.
Il biondino – pur volenteroso, disponibile e certamente affezionato ai nostri colori – si è girato ed ha alzato le spalle.
Oggi però, e lo dico a malincuore, non c'è posto per quelli come lui in questa Juve che deve riconquistare un impero.
Perchè solo quando anche l'ultimo dei magazzinieri avrà sostituito lo sguardo perplesso con gli occhi da tigre, potremmo dire di essere veramente tornati noi stessi.

Dario (Juve 1897-2006)





 
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