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Udienze Processi di E. LOFFREDO del 25/05/2009 14:07:15
Processo Calciopoli: la cronaca

 

Udienza Tribunale di Napoli del 19 maggio 2009

I primi testimoni. “E i processi seri”?

“Allora”, dopo la canonica chiamata dei convenuti, si comincia con l’audizione dei primi due testimoni: Romeo Paparesta e Armando Carbone.
Anzi no, prima le difese di Pairetto e Bergamo richiedono che il Tribunale disponga la trascrizione integrale di tutte le telefonate dei loro assistiti. A detta della difesa dai brogliacci non è possibile risalire a telefonate che potrebbero essere scagionanti; il Tribunale si riserva di decidere.

Quella di Romeo Paparesta, a tratti, più che una testimonianza a favore dell’accusa sembra un’arringa in favore del figlio Gianluca.

All’introduzione del testimone, l’Avv. Prioreschi manifesta dubbi circa l’assumibilità di Romeo Paparesta quale testimone. Se infatti vi era (secondo l’accusa) uno stabile vincolo associativo tra Moggi e Paparesta, questi più che in qualità di teste, dovrebbe essere tra i convenuti in giudizio. Prioreschi chiede di sapere anche se Paparesta senior sia mai stato indagato.
Il Tribunale, sentita anche l’accusa - che sostiene la circostanza che le schede fornite a Romeo Paparesta siano state in diverse circostanze utilizzate dal di lui figlio Gianluca -, respinge l’eccezione.

La deposizione:
Romeo oh Romeo, perché sei tu Romeo…
In apertura di deposizione, il signor Paparesta – interrogato dal pm Beatrice - ci tiene a ricordare che alla fine della stagione 88/89 fu dismesso dai ruoli a causa del referto di Juve-Cesena, referto che fece perdere ai bianconeri la partita a tavolino. Sembra ci tenga a passare per vittima della Juve.

Come si instaura il rapporto con Moggi.
Romeo Paparesta era desideroso di ricoprire un ruolo all’interno degli organi arbitrali, almeno per la lega di serie C. Manifestò i suoi desiderata all’amico Tullio Lanese, che in quel momento (anno 2002) era impegnato nella corsa per la presidenza dell’AIA. Dopo le elezioni, e nonostante le iniziali rassicurazioni, Paparesta Senior non ricevette il ruolo promessogli e per questo manifestò tutta la propria delusione a Lanese, il quale gli riferì che chi poteva aiutarlo era Luciano Moggi.
Perché Moggi? Perché Moggi era una persona molto sentita in ambito federale, stante i rapporti ottimali che legavano Moggi e Carraro (sic!).
Il primo incontro tra Moggi e Romeo Paparesta avvenne a Torino nel maggio del 2004.
Moggi si manifestò disponibile a perorare la causa di Paparesta e ad intercedere presso Carraro.
Nel luglio successivo, quando vennero nominati i ruoli tecnici a livello nazionale, Paparesta venne escluso da tutte le nomine. Alla faccia del Sistema-Moggi!
A Paparesta, che ancora una volta rimostrava la sua delusione, Lanese consigliò di chiamare Moggi… In quella telefonata, il Dg della Juve lo invitò a casa sua a Napoli. All’incontro, che si tenne nello stesso mese di luglio, era presente Angelo Fabiani (Ds del Messina), che Moggi presentò come “persona molto vicina a sé per le cose calcistiche”.
In quell’occasione, Moggi espresse le sue forti perplessità per quello che era l’andamento dei campionati di Serie A, nel quale riteneva che ci fosse un forte potere esercitato dalle squadre milanesi in particolare. Anche dalle squadre romane, ma soprattutto milanesi (la cupola diventa fortino?).
Proprio per trovare conferme o meno alle proprie “perplessità”, Moggi propose a Romeo Paparesta di osservare le partite delle squadre concorrenti e di relazionarlo sugli arbitraggi. Allo scopo, anche per agevolare la comunicazione, tenerla immune da coinvolgimenti (ad esempio il figlio Gianluca) e per non far gravare le telefonate sull’ex arbitro pugliese, Moggi gli fornì un telefonino dotato di scheda sim in cui erano già memorizzati due numeri di Moggi e due di Fabiani.
Paparesta ritenne di dover accettare il telefonino per avere dialogo più diretto e continuo con Moggi, che poteva (?) aiutare le sue aspirazioni.
Beatrice: «Lei ritenne di dover acquisire questa scheda anche in relazione alla tutela di suo figlio?», su “garbata opposizione” dell’Avv. Trofino il presidente Casoria: «Non suggerire Pubblico Ministero… Però Pubblico Ministero non suggerisca le risposte…»
Per Beatrice il rapporto con Romeo Paparesta rappresentava per Moggi il grimaldello per scardinare le ostilità di Gianluca Paparesta verso la Juve.

E veniamo a Reggina-Juventus del novembre 2004, partita dalla quale scaturirono aspre polemiche.

Paparesta jr. riferì al padre dell’incursione negli spogliatoi arbitrali di Moggi e Giraudo. I dirigenti juventini accusarono esplicitamente l’arbitro di aver danneggiato la squadra bianconera. Uscirono estremamente contrariati, per poi tornare dopo pochi minuti in compagnia del presidente della Reggina.
L’errore di Gianluca Paparesta fu, a detta del padre, di non aver refertato l’accaduto.
Il pm cerca di far emergere l’episodio del “leggendario” sequestro della quaterna arbitrale ad opera di Moggi, «suo figlio le disse quanto tempo rimase negli spogliatoi?», Paparesta: «il tempo necessario per refertare, farsi la doccia e andar via»
Romeo Paparesta riferisce anche della speranza che ebbe il figlio di poter incontrare l’indomani mattina Moggi in aeroporto, per potergli dire di “non permettersi mai più di comportarsi a quel modo”.
Il giorno successivo, alla luce del conseguente clamore mediatico che suscitò quell’arbitraggio, Romeo Paparesta, ritenendo che questo fosse alimentato dalla dirigenza bianconera, pensò che fosse opportuno che il figlio parlasse direttamente con Moggi.
Usando il telefonino che aveva ricevuto, Paparesta padre chiamò il Dg bianconero e gli passò il figlio. Il colloquio tra Gianluca Paparesta e Moggi durò il tempo necessario affinché il dirigente juventino gli riattaccasse il telefono, al massimo dieci secondi! Romeo Paparesta, desideroso che il figlio si chiarisse con Moggi, gli diede il telefonino ricevuto a Napoli. Gianluca Paparesta riconsegnò il telefonino al padre dopo pochi giorni.

In tre successive occasioni, febbraio, giugno e dicembre 2005, Moggi consegnò un telefonino con scheda che sostituiva il precedente.
Romeo Paparesta riferisce che le conversazioni hanno avuto tutte ad oggetto valutazioni sugli arbitraggi delle altre squadre concorrenti (il rigore dato o non dato, il favore o il torto ricevuto da Tizio o da Caio, ecc…). Paparesta: “Cercavo addirittura di dissuadere Moggi da certi sospetti, anche quando lamentava torti subiti. Anche perché la Juve era talmente forte che non poteva temere torti e non aveva bisogno di favori”.

Nel corso delle numerose conversazioni, Moggi ebbe anche modo di lamentarsi dei due designatori arbitrali: «Lui (Moggi ndr) spesso si lamentava dei due designatori (Bergamo e Pairetto – ndr). Aveva idea che nonostante fossero suoi amici facessero il doppio gioco nei suoi confronti, li accusava di non essere “amici”».
Incalzato dal pm, Paparesta riporta che Moggi gli riferì che aveva peso nelle designazioni arbitrali.
Il teste non manca di evidenziare che per il sistema in uso (quello delle griglie), non era difficile prevedere i possibili abbinamenti tra gare ed arbitri designati.

Tornando sui motivi che avevano avvicinato Moggi a Paparesta. Il pm chiede a questi se le sue aspirazioni furono poi esaudite, la risposta è: “No. Nonostante l’interessamento di Moggi non ci fu alcun incarico negli organismi dell’AIA” per Romeo Paparesta, che fu osteggiato da Carraro, la persona che data la (presunta) vicinanza a Moggi avrebbe dovuto favorirlo. Alla faccia dello strapotere di Moggi!

La parola passa al pm Narducci: “Quando Moggi parlò di strapotere milanese e romano, le parlò anche delle contromisure che avrebbe adottato?”. Avanti su Paparesta parli della cupola Moggi… Il teste: “Moggi cercava di evitare questo strapotere adottando delle contromisure, ma non so quali fossero queste contromisure”.
Narducci, peccato non ha nominato la cupola…

Il secondo teste è Armando Carbone. Fossero tutti così i testimoni dell’accusa!

Tale Carbone entra in Calciopoli grazie allo scandalo del “Calcioscommesse” del 1986. Un esperto di loschi affari del calcio, con Moggi deve averci a che fare per forza…
Carbone, grazie all’amicizia con tale Gaggiotti di Brescia, nei primi anni ottanta è stato inserito nel mondo del calcio come figura di aiuto alle società. Procurava arbitri compiacenti, calciatori da corrompere, assisteva alla stipula di contratti in nero (eh, lui ha fatto il calciomercato!).
Carbone riferisce che nel 1986 il pm di Torino Dr. Marabotto lo ha praticamente perseguitato per annientare Allodi e il Napoli. Il magistrato torinese si muoveva per conto del suo amico Luciano Moggi, che voleva eliminare Allodi per impossessarsi del sistema del calciomercato in Italia.
“Marabotto (l’amico di Moggi) era interessato solo ed esclusvamente alle vicende del Napoli e alle malefatte di Allodi, si mostrava insensibile alle torbide vicende che riguardavano Torino e Juventus.

Quando scoppiò lo scandalo del calcioscommesse, alcuni dirigenti del Napoli gli offrirono duecento milioni di lire per non testimoniare davanti agli organi della giustizia sportiva, cosa che lui neanche aveva intenzione di fare.
La promessa dei dirigenti azzurri non fu mantenuta (Carbò, ma lo conosci Ferlaino?, ndr).
Quando Moggi diventò Ds del Napoli, Carbone (vicino di garage di Moggi) gli ricordò la “promessa” non onorata. Alla fine Carbone ce l’ha con Moggi perché Ferlaino non gli ha dato i duecento milioni di lire promessi.

Carbone fa molti nomi di persone che gravitano nell’orbita di Moggi, che sono suoi “bracci destri” suoi uomini oscuri, tutto confermato dai “si dice”, “si sa”, “lo sanno tutti” . Riscontri oggettivi però…

L’interrogatorio vive momenti tragicomici e il pm Narducci comincia ad innervosirsi
Il presidente ha modo di “riprendere” più volte il pm, invitandolo a interrogare il teste su fatti del processo attuale e a non rimestare troppo nei fatti di venti e più anni addietro. Teresa Casoria: «Pubblico ministero, però così non va, eh!…Pubblico ministero veniamo ai giorni nostri!». Il pm si innervosisce sempre più, finché, vinto dalle eccezioni delle difese (Prioreschi e Trofino soprattutto), stizzito dice: «Non abbiamo altre domande da rivolgere al teste!».

Inizia il controesame dell’avvocato Prioreschi, il teste si prende un sonoro rimprovero (cazziatone non si può scrivere, ndr) del Presidente, quando chiede se Moggi è “Dottore” o “signore”. L’avvocato Prioreschi fraintendendo la domanda, “no, io sono avvocato semplice…”, e Carbone: “No, Moggi è signore o dottore?” e giù il rimprovero di Teresa Casoria.

Per motivi di economia tralascio il resoconto completo del controinterrogatorio. Chi però ha nostalgia di Zelig può ascoltare la registrazione…
Tra le varie, Prioreschi: «Lei ha parlato del Sistema-Moggi e degli uomini che ne facevano parte. Per caso, i fratelli Abete (attuale Presidente della FIGC e Presidente di BNL) facevano parte del “sistema”?». Carbone: «Sì. Perché stavano sempre assieme». Prioreschi: «Ma lei queste cose le a dette anche ai pm?». Carbone: «Sì».

Congedato il teste Carbone, il presidente rende noto il calendario delle udienze previste fino a dicembre.

In questo scorcio l’avvocato Trofino avanza una “proposta oscena”: superare l’udienza successiva, quella del 26 maggio. Il Presidente Teresa Casoria: «Nooo, questo processo crea un intralcio enorme alla sezione, ci sono anche delle cause serie…». Gli avvocati ridono e il colore verde dei pm lo si evince anche dal modo quasi furente con il quale Narducci, non potendo (o non volendo?, ndr) fornire elenco scritto, comunica i testi per l’udienza successiva.
L’atteggiamento del pm Narducci sembra quasi una ripicca infantile per le parole poco prima pronunciate dal Presidente del collegio giudicante.

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