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Attualità di G. FIORITO del 04/10/2012 07:44:58
Il computer di Tavaroli

 

Le dichiarazioni rese da Cipriani intorno ai dossieraggi illegali Telecom hanno spinto Oliviero Beha, Tuttosport e Luciano Moggi a compiere alcune riflessioni che spiegherebbero la genesi del processo di calciopoli nell’attività di intelligence che Moratti commissionò a Tavaroli e Cipriani alla fine del 2002. Una tesi affascinante, che trova riscontro nell’inquietante similitudine che ne deriva sovrapponendo i risultati di quello spionaggio al castello accusatorio edificato da Narducci e Beatrice in virtù delle indagini dei “Magnifici 12”.

Il 15 settembre 2006 La Gazzetta dello Sport annunciava l’apertura di un fascicolo di indagini della FIGC per ipotesi di violazione dell’art 1 del CGS sulla vicenda Inter-De Santis-Vieri, chiudendo l’articolo con queste osservazioni: “L’argomento interessa, intanto, anche la Procura di Napoli che nel 2004 proprio a Tavaroli si rivolse per comunicare le intercettazioni delle utenze di Moggi, Bergamo, Pairetto. Sì, proprio a Tavaroli che era a capo del Cnag, il centro nazionale autorizzazioni giudiziarie della Telecom, che quindi venne a conoscenza dell’indagine che i magistrati Beatrice e Narducci stavano conducendo proprio sulle stesse persone. Una coincidenza, chiaramente, ma che alla luce degli ultimi sviluppi diventa inquietante: Tavaroli ha detto ai pm che lui riferiva tutto a Carlo Buora, amministratore delegato Telecom e vice presidente dell’Inter”. E’ davvero così? O è accaduto che alcune informazioni rimbalzassero tra magistratura e Telecom, passando per il CNAG, come fa la pallina in una partita di ping pong tra i giocatori?

Nell’estate del 2001 Tronchetti Provera acquisisce la Telecom. Alla fine del 2002 Moratti, secondo le testimonianze rese in giugno e settembre al processo Telecom di Milano da Tavaroli e Cipriani, commissiona al capo della sicurezza di Telecom e Pirelli i dossieraggi illegali, che verranno diffusi dai media nei primi mesi del 2003.
Nel 2004 la Procura di Napoli avvia le indagini sul campionato di calcio 2004/2005, che si chiuderanno ufficialmente il 12 aprile 2007.
Il 2 maggio 2006 una fuga di notizie sulla Gazzetta dello Sport inaugura ufficialmente calciopoli. Tra il luglio e l’agosto del 2006 la Juventus viene condannata alla serie B. Prima che Oriali e Recoba (il 25 maggio) patteggiassero sei mesi con la condizionale (poi convertiti in una multa di circa 24.000 euro) per aver falsificato il passaporto del calciatore uruguayano e per una patente ricettata senza che alla FIGC importasse qualcosa, la Repubblica con Mensurati (16 maggio) presentava urbi et orbi Nucini come “Il Che Guevara del calcio”, invece con Giuseppe D’Avanzo tratteggiava ampiamente l’affaire Telecom anticipandone tutti i risvolti con dovizia di particolari. L’articolo è del 23 maggio 2006 e da solo è tutto un programma: L’inchiesta. Dall’Inter a Telecom i 100mila file degli spioni . Vi è magistralmente sintetizzata la vicenda Nucini-Facchetti, compreso il capitolo della denuncia alla Boccassini, ma non solo. Il rivolo del processo Telecom riguardante il mondo del calcio è definito “marginale” da D’Avanzo, poiché i dossier Telecom comprendevano migliaia di file riferibili a politici, uomini di finanza e banchieri, ai quali la magistratura ha potuto avere accesso per aver decifrato nove delle dieci password del computer di Cipriani, che in persona avrebbe svelato la decima.
Secondo Guido Vaciago di Tuttosport, il 3 maggio 2005 fu sequestrato un computer di Tavaroli, che fu fatto pervenire a Roma con decreto del 9 maggio del pm Napoleone che indagava sullo scandalo Telecom, in via In Selci, presso la sede dei “Magnifici 12” di Auricchio. Leggendo l’articolo di D’Avanzo si direbbe che il computer di Tavaroli contenesse riguardo alle indagini di calciopoli le stesse informazioni di quello di Cipriani, che era il titolare della Polis d’Istinto alla quale erano stati commissionati i dossier. Collegando questa ipotesi con quanto scrive Andrea Pompili nel suo libro Le tigri di Telecom, è possibile aggiungere qualche altra riflessione.

Il 19 marzo 2002 viene ucciso Marco Biagi e gli autori dell’attentato di matrice terroristica inviano il 20 maggio la rivendicazione a 500 indirizzi circa di organizzazioni di politici e sindacati, utilizzando la posta elettronica. Questo particolare squarcia il velo dell’inadeguatezza dei sistemi di sicurezza utilizzati fino ad allora, facenti capo ai metodi militari e delle forze dell’ordine, inaugurando una serie di provvedimenti e di leggi che condurranno alla creazione nel 2002 del CNAG in seno a Telecom. Con il decreto legislativo n. 70/2003 si rendeva obbligatoria la denuncia di attività penalmente perseguibili rilevate nelle proprie reti, con il n. 196/2003 veniva rivista la legge sulla privacy e si profilava una consuetudine più conservativa sulle modalità di trattamento dei dati telefonici e di archiviazione che culminò con il decreto Pisanu. Ormai non solo qualsiasi telefonata, ma tutti gli accessi alla rete venivano tracciati integralmente e storicizzati per un periodo di 4 anni. Diventava arduo centralizzare tutte le richieste di dati, tracciamenti e intercettazioni necessari per un’indagine e richiesti dalla magistratura. Il Centro Nazionale per l’Autorità Giudiziaria rappresentò la soluzione al problema.
Secondo l’articolo di G. D’Avanzo, le attività di intelligence illegali al centro del processo Telecom erano date dalla possibilità di raccogliere anche “intercettazioni abusive” , di attivare cioè una “linea di ascolto” senza decreto giudiziario.

Sulla possibilità di compromettere i dati forniti dal CNAG, nel dicembre 2011 uno dei componenti il nucleo operativo dei carabinieri di via In Selci ha rilasciato un’intervista in forma anonima a Edmondo Pinna del Corriere dello Sport, affermando nel tentativo di spiegare l’anomalia dell’assenza di alcune intercettazioni nelle indagini: “C’erano perché ci sono le registrazioni. La cosa un po’ anomala è il server delle intercettazioni. E’ in Procura, a Roma, a Piazzale Clodio. Quando c’era qualche problema, e capitava spesso, telefonavamo a chi era in Procura: ‘Guarda, la postazione 15 qui non funziona, che è successo?’ ‘Vabbé adesso controllo....’. Dopo un po’ richiamavano da Piazzale Clodio: ‘Ti ho ridato la linea, vedi un po’. Andavi a controllare, magari avevi finito alla telefonata 250 e ti ritrovavi alla telefonata 280. E le altre 30? ‘Me le so’ perse...’”.
Inoltre D’Avanzo rileva che le schedature illegali sono basate sullo stesso sistema di indagine utilizzato per i casi di mafia e riciclaggio: l’accertamento di una sproporzione tra redditi dichiarati e beni posseduti. Esattamente il metodo impiegato per spiare De Santis.

Ma non è tutto. Nel maggio 2004 nasce il Tiger Team, costituito da gruppi di competenza all’interno dei quali operavano partecipanti che, come scrive Pompili, erano consapevoli del problema della sicurezza, ma senza che si potesse escludere “il fatto che prima o poi qualcuno svolgesse attività non proprio ortodosse” . Se teniamo presente che secondo l’autore del libro Le tigri di Telecom, il suo tutore e collaboratore Fabio Ghioni, che aveva avuto una formazione informatica e non militare, intendeva dare un’impronta “sportiva”ai suoi comportamenti, volendo indicare una connaturata mancanza di rispetto verso le procedure ortodosse, compresa la licenza di sorvolare sulle richieste di mandato dei magistrati, non è difficile chiarire i dubbi di D’Avanzo quando si chiede che uso si voleva fare dei dossier illegali. Almeno per quanto riguarda il calcio, che è l’argomento che ci compete, calciopoli è la risposta.

Anche la vicenda Vieri si inquadra bene in questa storia di spie. I pedinamenti del calciatore iniziarono all’alba del nuovo millennio e, secondo le affermazioni della signora Plateo, si integrarono con intercettazioni telefoniche fatte eseguire negli anni seguenti, proprio mentre l’esercizio della security andava trovando nuove soluzioni informatiche all’interno di Telecom. Cipriani ha testimoniato al processo di Milano che chi gli commissionava i dossier,esigeva dalla sua agenzia investigativa dati continui raccolti in maniera tradizionale da confrontare con i risultati dell’attività di intercettazione anche nel caso di Moggi. Che poi Tavaroli e Cipriani non agissero per proprio conto, ma secondo gli interessi di Telecom e Tronchetti Provera, è confermato dalla sentenza Panasiti.

Scrive Moncalvo nel riannodare le fila dell’affaire Telecom a proposito del computer di Tavaroli pervenuto presso la procura di Roma: “Ricordiamo che Telecom aveva ai suoi vertici Tronchetti Provera e Buora (dirigenti anche dell’Inter), il commissario della Federcalcio era il prof. Guido Rossi (dirigente dell’Inter) e l’investigatore principale dell’ufficio diretto da Francesco Saverio Borrelli era il tenente colonnello Federico Maurizio D'Andrea, comandante della Guardia di Finanza di Bergamo. Pochi mesi dopo quel suo incarico all’Ufficio Inchieste viene assunto come altissimo dirigente proprio da Telecom, come capo della security e dell’intelligence interna ed esterna. Il governo Berlusconi nell’agosto 2011, senza obbligarlo a lasciare Telecom, lo ha nominato presidente della Sogei, la società di informatica (già di proprietà Telecom e ora interamente controllata dal Tesoro) che gestisce l'anagrafe tributaria dello Stato italiano”.

Il 26 maggio 2006 il Procuratore di Napoli affida a Borrelli, affinché possa condurre l’indagine della giustizia sportiva di calciopoli, gli “atti che si potevano dare” , con la selezione di telefonate indirizzate a evitare che le accuse da formulare contro la Juventus venissero prescritte. Il 21 luglio viene probabilmente inscenato il finto suicidio di Adamo Bove, 42enne dirigente della security governance di Telecom.
Il 22 giugno 2007 Palazzi archivia l’inchiesta sui dossieraggi illegali fatti eseguire dall’Inter con una formula sibillina: “non essendo emerse fattispecie di rilievo disciplinare procedibili ovvero non prescritte”, che diverrà la panacea della società vincitrice a tavolino dello scudetto 2005/2006. Quello gentilmente elargito da Guido Rossi, del quale il 17 maggio 2006, a un giorno dalla nomina a commissario straordinario della FIGC, Nicola Cecere per la Gazzetta dello Sport si compiaceva di scrivere: “Al potere un vero tifoso interista che evita il caffè al bar bianconero”.

Ciò che accade prima non è necessariamente l'inizio. (Henning Mankell)



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