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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Editoriale di L. BASSO del 30/05/2009 07:14:12
Tutto in archivio

 

Come faccio io annualmente in ufficio per i documenti dei miei Condomini, anche per il Campionato è arrivato il momento di chiudere il plico e mandare tutto in archivio.
Nel fare questa operazione, ogni anno, scorro un pò tutta la corrispondenza ed i documenti dell’anno appena finito, ripercorrendo 12 mesi di gestione e appiccicando qua e là dei segnalibri adesivi per poter facilmente ritrovare uno, due, tre anni dopo, quella lettera importante o quella fattura contestata.
Non per deformazione professionale, ma perché sia più facile tenere a mente tutte quelle cose che la “memoria ufficiale” (quella dei media, per intenderci) tende a dimenticare, provo a farlo anche per il Campionato che ci lascia in questi giorni...

I wish I was Special, You’re so fucking Special...
Il primo Post-It non può non essere per il vero protagonista sul palcoscenico di questa stagione: Il BUrinho, o lo Special UAN che dir si voglia.
Arriva a Milano preceduto da una fama di grande tecnico ed ancor più grande dispotico, ed appena sceso dalla scaletta dell’aereo tiene a farci sapere che lui “non è un pirla”.
No, infatti non lo è.
Di sicuro non è questo grande “guru innovatore” per cui si è spacciato: la sua squadra non aveva un gioco convincente prima del suo arrivo e continua a non averlo oggi.
Quello di cui, invece, bisogna rendergli atto, sono le grandi capacità di comunicatore e di “piazzista” di se stesso. Fin dal suo arrivo sul suolo Italico, ha saputo catalizzare su di sé l’attenzione di tutti i media come un novello pifferaio di Hamelin, quello che con la sua musica attirava dietro di lui i ratti... ratti? Sarà un caso? Mah...
Proprio questa grande capacità comunicativa –come già dissi in un altro editoriale- mi obbliga a fargli i complimenti (pur se solo per un singolo episodio) nonostante tutto: pressato dalla solita pletora di giornalisti che al lunedì analizzano e autopsizzano ogni singolo particolare della partita, contestando quella scelta, quella sostituzione, quel modulo, quel consiglio e ritenendosi i depositari della verità, a Burinho va il riconoscimento di essere stato il primo e l’unico a dare ad un giornalista la risposta che, fin dai tempi di Nereo Rocco, tutti avrebbero dovuto ma nessuno ha mai saputo dare: “Ma se sei così bravo, perché non vieni tu a fare l’allenatore al posto mio?” Chapeau.
Oggi, dopo le voci insistenti di un suo passaggio al Real per tentare il Grande Slam, cioè vincere lo scudetto della Serie A, della Premier e della Liga, da Via Durini arriva la notizia che il prossimo anno sarà ancora l’allenatore dell’inter.
Non che la cosa cambi poi molto.
Grazie al famoso piano quinquennale, anche il prossimo scudetto è già stato prenotato anche se sulla panchina ci fosse Winnie the Pooh.

Mezzo pollo a testa?
Anche in questa stagione, abbiamo assistito al solito campionario di errori, o per meglio dire di orrori arbitrali.
E una volta perché gli arbitri sono giovani e sono da formare. E va bene.
E una volta perché gli arbitri sono vecchi e non c’è ricambio. E va bene.
E una volta perché i calciatori non aiutano gli arbitri. E va bene ancora una volta.
Morale della favola, anche quest’anno gli arbitri hanno fatto lamentare moltissimi e hanno fatto contenti pochi. O meglio, nessuno, perché nessun dirigente – allenatore – giocatore – magazziniere - lavascarpe (con o senza vasca da bagno, n.d.r.) ha mai detto e/o dirà mai: “che botta di fortuna, abbiamo vinto solo grazie a quel rigore inventato!”.
Ovviamente, però, guai a criticare la trasparenza della classe arbitrale o metterne in dubbio la buona fede. Per una volta permettetemi di stare al loro gioco. Giusto per vedere dove andiamo a finire.
Diciamo che si tratta di errori. Puri e semplici errori.
Innanzitutto sono pienamente d’accordo con la classe arbitrale quando si dice che “se un attaccante sbaglia un goal fatto, si perdona, se un arbitro sbaglia un fischio, no”.
Verissimo. Ma se i fratelli con qualche ruga mi permettono il paragone, Marco Pacione è passato alla storia e vive ancora negli incubi di molti di noi. Rigori per fallo di orecchio o fuorigioco di massa giacciono già nel dimenticatoio.
Così come è evangelico che un corpo umano nel pieno possesso delle proprie facoltà non possa fisicamente valutare un fuorigioco di 20 centimetri su un lancio di 30 metri. Ma allora mi chiedo come mai nell’universo sportivo ci siano moviole in campo, programmi di rendering e ammenicoli vari, mentre nel calcio il massimo degli ausilii tecnologici in tal senso siano gli auricolari stile Ambra di “Non è la Rai”.
Fatte queste premesse, proviamo a credere che davvero si tratti di errori. L’errore, per sua natura intrinseca, ha una sua casualità, è a tutti gli effetti un evento random.
Come fare una gara di freccette con i giocatori bendati. Qualche colpo (qualche fischio, nel nostro caso) arriverà a bersaglio, altri più su, altri più giù, altri a destra o a sinistra. Casualmente.
Inseriamo adesso una variabile: i giocatori non sono più bendati, ma chi colpisse con una freccetta un determinato settore dei 20 in cui è diviso il bersaglio, è soggetto alla pena capitale.
Immagino che tutti i colpi cadrebbero ben alla larga da quel settore, anche a costo di tirarsi visibilmente le freccette sui propri piedi.
Traete voi le conclusioni del caso.

Vieni che t’imparo un mestiere!
In questa stagione ho finalmente capito quanto conta l’apprendistato.
Fino a qualche anno fa il calciomercato italiano viveva nelle sue Ere più cupe.
Nyarlathotep Moggi tirava i fili come un grande puparo, spostava giocatori come pedine su una scacchiera, mandava in Siberia giocatori di indubbio valore come Fresi e Boudianski che non si volevano piegare al potere del lato oscuro.
Alla destra di questa Entità malvagia e perversa, come un piccolo demone famiglio, c’era Alessio Secco. (mentre scrivo queste righe mi viene in mente il cartone Disney “Anastasia” con Rasputin “non-morto” e il pipistrello pasticcione Bartok sulla sua spalla...)
Nel corso degli anni questa piccola creatura ha rubato (eh già, da bravo Juventino, direbbero i soliti Pistocchini...) il mestiere, come ogni artigiano di bottega con il proprio mastro, e ha imparato perfettamente tutti i segreti del Calciomercato.
Oddio, forse perfettamente – perfettamente proprio no.
Diciamo che ci è andato vicino.
Anni fa la Juve puntava per tutto l’anno onesti operai del pallone come Fabian Valtolina e Aladino Valoti. Poi l’ultimo giorno lasciava tutti a bocca aperta ed acquistava Zidane.
E magari lo pagava pure come Valtolina.
Oggi la Juve per due anni punta Lampard e Xabi Alonso. Poi alla fine compra Andrade e Poulsen.
E li paga come Cristiano Ronaldo.
Purtroppo, in questo caso, invertendo l’ordine dei fattori il prodotto cambia. Cacchio se cambia.
Mentre scrivo sembra sia finalmente giunta alla fine la telenovela dell’acquisto di Diego.
Tremo al pensiero che domani mi dicano che è saltato tutto e si è stracciato il contratto, perché per la stessa cifra non potevamo lasciarci sfuggire un affare da mille e una notte la comproprietà di Stellone.

Chi l’ha visto?
Tutti conoscono la famosa trasmissione che da anni cerca di far luce sulle persone scomparse, siano esse innocenti bimbi rapiti da personaggi spregevoli o mariti che fuggono su di un atollo dopo un 6 all’Enalotto. Credo che un giorno potrà servire un programma simile per fare luce sui molti dossier misteriosamente scomparsi nei Palazzi della Giustizia Ordinaria e Sportiva. Ad esempio: che fine ha fatto l’inchiesta sul figlio della portinaia falsamente ingaggiato come portiere degno della Nazionale? E che fine ha fatto l’indagine sul famoso sarto milanese, quello con la station wagon carica di “cartoni” e “stampelle”? Temo siano state portate sulla spiaggia di Copacabana, sepolte sotto metri di sabbia, e che lì aspettino trepidanti l’arrivo –tra gli altri- dei dossier sulle numerose e strane frequentazioni del povero Facchetti.
Tra parentesi: oggi guai a chi lo tocca o lo nomina soltanto, perché “infanga la memoria di un morto che non può difendersi”. Chi mi copre la scommessa di una cena che però, se mai le cose volgessero diversamente, salterebbe sicuramente fuori che lui era l’unico responsabile “in charge” per tutte le questioni che tirano in ballo l’inter, trattandolo alla pari del pilota deceduto che ha fatto cadere l’aereo per “errore umano”, e così chiuderanno le indagini a tarallucci e vino?

Tutte donnacce... tranne la mamma!
Un famoso adagio popolare recita che tutte le donne portino in sé un’indole da meretrice, fatta eccezione per quella che ci ha messo al mondo. Bene. Una volta appurata l’insensatezza alla base di questo adagio, non condivisibile né per intelligenza né per logica matematica (infatti, a seconda della persona che lo recita, cambiando mamma cambierebbero i presupposti alla base dell’assioma) possiamo ben dire che lo stesso sia stato invece assunto a dogma imprescindibile nel Calcio Italiota, sia esso pre- o post-Farsopoli.
Ma d’altronde col calcio la logica, da lungo tempo, ha a che fare come i famosi cavoli con la celebre merenda.
Come ad ogni fine di campionato, infatti, ogni domenica alcuni conti vengono a chiudersi.
Chi vince lo scudetto, chi va in Champions’, chi retrocede... E, ovviamente, se da una parte qualcuno festeggia, stappa bottiglie e ringrazia, dall’altra chi fallisce un obiettivo o rischia di fallirlo trova mille motivi per spiegare, chiarire, motivare, indignarsi, incazzarsi...
La penultima di campionato ci ha regalato un vero e proprio florilegio di boiate: all’inizio qualcuno insinuò che il Genoa, in funzione di uno storico gemellaggio fra tifoserie, avrebbe potuto regalare 3 punti facili facili al Torino, permettendo di festeggiare una salvezza anticipata ai nostri cugini bovini qualora il Bologna avesse perso con il Chievo. D’altro canto il Genoa non aveva chance di raggiungere la Champions’, dato che la Fiorentina avrebbe fatto scempio del Lecce ormai tenuto in piedi solo dalla matematica.
E poi? E poi accade quello che non t’aspetti.
Tiribocchi “buca” Frey e rimescola le carte.
Chievo e Bologna, infatti, cominciano ad estraniarsi dal campo e a passare una afosa domenica con l’orecchio alla radiolina per seguire con qualche patema d’animo le notizie in arrivo da Torino e da Lecce. Il pari infatti può star bene ad entrambe, ma a condizione che il Genoa metta sotto il Toro.
Cosa che in due occasioni avviene, infatti il Genoa vede davanti a sé il quarto posto dei Viola e spinge sull’acceleratore fino al 2-3 di Milito. Goal purtroppo inutile perché, quasi in contemporanea, la Fiorentina pareggia grazie ad un goal che se non è un gollonzo, poco ci manca.
Apriti cielo.
Dagli spalti dell’Olimpico di Torino volano insulti, sul prato verde invece volano sganassoni che manco Goku e Vegeta in Dragon Ball.
Cairo, mentre i giocatori delle due squadre si scambiano ancora Onde Kame-Hame-Ha e Sacri colpi di Hokuto, tuona: “Voglio che l’Ufficio Inchieste indaghi su Chievo-Bologna!”. Già, per scoprire che alle ultime due giornate metà dei giocatori entra in campo con le infradito ai piedi ed il mojito in mano. (‘bbono Adrià, non ce l’ho con te! Lo so: tu sei sportivo e per i cocktail applichi la par-condicio con tutte le squadre!)
Praticamente quello che –purtroppo, ma è così- avviene ogni estate da cent’anni a questa parte.
Bravo Presidente Cairo. Bisogna denunciare questo malcostume ed agire con pugno di ferro!
Specie contro gli ipocriti: Gazzoni e il suo Bologna non erano quelli che si dichiaravano vittime delle pastette e degli imbrogli di Farsopoli? E i Clivensi, un tempo icona del calcio “volemose bbene”, non indossano ancora le vesti strappate dalla partita contro la Juve dell’andata?
Peccato per Cairo che poi tale Rosina, uscendo dalla rissa, dica ad un giornalista testuali parole: “Non è questione di regalare qualcosa. Quando ci sono altri risultati da campi diversi, loro potevano evitare di spingere sull'acceleratore. Purtroppo il gol ha rovinato tutto.”
Ma come? E io che mi credevo chissà che!
Davo per scontato che la rissa fosse nata da fallacci di gioco, da apprezzamenti sulle sorelle o da insinuazioni di bassa lega... e invece siamo davanti a una manciata di malandrini che si azzuffa perché il “biscotto” non è stato preparato con uguale cura da entrambe le parti...
...che figura, Presidente Cairo...


E per far dispetto alla moglie si tagliò...
Credo che nessuno qui sul Forum sia così ingenuo da credere davvero che Ranieri sia un allenatore così incompetente da confondere persone e ruoli di Chiellini e Giovinco. E tantomeno da credere che al buon Ciro Ferrara sia apparso, nel frigo dei suoi budini, un angelo con in una mano un pallone con la scritta “in Nike signo vinces” e nell’altra la formazione da schierare contro il Siena.
Vero che, appunto, si giocava contro il Siena e non contro lo United, ma credo che sia apparso chiaro a tutti come la Juve in campo fosse un’altra cosa rispetto alla squadra “molle” vista in altre partite (Chievo, Lecce, etc...) pur trattandosi degli stessi giocatori. A questo punto la spiegazione è una sola. In più occasioni, per motivi che non mi sono chiari –o meglio, non lo sono fìno in fondo- qualcuno ha remato contro.
Contro l’allenatore, contro la dirigenza, contro la società, contro i proprietari... Non so contro chi, ma di sicuro so contro cosa. Contro uno stato delle cose che per molti, troppi motivi non va bene. Una dirigenza “inadatta” o una dirigenza “soggetta ad un piano”, un allenatore “poco competente” o un allenatore “che esegue ordini”, una proprietà “scarsamente interessata” o una proprietà “coinvolta in un meccanismo”?
Io non lo so, ma è palese come tutte queste cose non facciano il bene della squadra. E un giorno la squadra ha detto basta.
Pur sapendo che questo “basta” avrebbe penalizzato per primi loro stessi, e –primi tra i primi- i famosi “Senatori”: De Ceglie e Giovinco hanno, infatti, davanti a loro quindici anni di carriera per tentare l’assalto a scudetti e coppe. Molti della “Vecchia Guardia”, invece, hanno lasciato passare sul binario uno degli ultimi treni. Se non l’ultimo.

Un doveroso saluto.
Dopo le vacanze comincerà il nuovo Campionato.
Potrebbe essere il primo campionato senza Pavel Nedved, a meno che si strappi l’ennesimo rinnovo “sì, ma giusto per quest’anno poi basta, eh?”.
Di sicuro, invece, sarà il primo campionato senza Paolo Maldini.
In questi giorni, a seguito della contestazione da parte di alcuni tifosi, si è detto tutto e il contrario di tutto, qualcosa ovviamente a ragion veduta, e qualcos’altro un pò meno.
Di sicuro possiamo obiettare che il Maldini dell’ultima stagione fosse solo un lontano parente di quello di cinque anni fa, e che magari avrebbe fatto bene ad anticipare questo passo; pensate ad esempio l’impatto emotivo di salutare la compagnia mentre sollevava la coppa dalle grandi orecchie.
Di sicuro possiamo dire che è arrivato al Milan anche grazie al suo cognome. Vero. E magari dietro di lui c’era un Mario Rossi ugualmente bravo per il quale, però, quella porta è rimasta chiusa. Verissimo.
Ma non è grazie al suo cognome che è diventato ciò che è diventato.
E’ stato uno dei difensori più forti della storia del calcio, e questo non lo ottieni grazie alle raccomandazioni.
Di sicuro possiamo infine dire che non è stato “politically correct” in certe sue dichiarazioni e che i tifosi se la siano legata al dito.
Per carità. Loro sono quelli che pagano la pagnotta e meritano rispetto.
Ma tante volte la gente che paga per un servizio confonde questo rispetto con la facoltà di avere uno schiavo ai propri piedi e di avere su di lui diritto di vita, di morte, e ovviamente di insulto.
Quello che davvero conta è che da domani i tifosi del Milan dovranno imparare a memoria una formazione con un nome nuovo, che di sicuro non durerà quanto il suo e non avrà lo stesso carisma. Un pò come quando noi dovremo pensare a una foto della Juve senza Del Piero. O della Roma senza Totti.
E avremo al loro posto facce nuove, che magari l’anno prima vestivano altri colori e l’anno dopo si ricorderanno che “fin da piccoli tifavano quell’altra squadra”.
E saremo tutti un pò più poveri.
Ciao Paolo, guerriero leggendario.

Varie ed eventuali.
Diego ha finalmente firmato per la Juve. Alleluja.
Le sue prime parole sono state “Arrivare alla Juve è il massimo, è la squadra che sognavo fin da bambino”.
Aspetto ancora trepidante un qualsiasi giocatore che alla presentazione dica: “A me di questa squadra non me ne è mai fregato un piffero e sono qui solo perché è il mio lavoro e mi pagano per farlo.”
Secondo me morirò di vecchiaia nell’attesa.

Il Giudice Sportivo Tosel ha calato la sua scure sul Toro squalificando mezza squadra.
Il Presidente Cairo giustamente si indigna perché, dalla parte genoana, non sono quasi stati presi provvedimenti disciplinari, quasi che la rissa se la fossero cantata e suonata i granata da soli.
Fate notare al Presidente Cairo che, se avessero dato quattro giornate a Thiago Motta come a Ogbonna, essendo all’ultima di Campionato tre se le sarebbe portate in dote presso “un’altra squadra”...
...mannò, che vado a pensare...

P.S.: al termine di United – Barcelona, uno dei commentatori ha detto che è palese il gap che divide le squadre italiane che –per così dire- hanno ambizioni europee, da macchine perfette come le due squadre viste in campo.
Vale a dire? Vale a dire che chi vince e stravince la serie A non è, come una decina d’anni fa, il capofila del “Campionato più bello del mondo”, ma semplicemente il vincitore di un campionatino, un campionatuccio che ha dimezzato, decimato il suo valore per permettere un allineamento verso il basso dei valori e l’emersione dalla massa mediocre di chi, pur essendo ugualmente mediocre, ha “una marcia in più”. E non si intenda come un complimento.
Come quello di San Marino o di Malta, in pratica. Con tutto il rispetto per queste realtà sportive.
Peccato che noi sia da un paio d’anni che lo diciamo...

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