Dopo quattro mesi di stop forzato torna in campo, con la fascia da capitano, anche
Daniele Portanova in occasione della prossima partita di campionato con il Napoli. Come per Conte, la sospensione è stata comminata per aver omessa denuncia.
Portanova ha parlato alla stampa ribadendo la sua innocenza:
«Non penso di aver fatto sbagli. Ho pagato a caro prezzo un incontro. E comunque ho pagato. E come ho già detto nelle sedi opportune penso che non ci fossero i presupposti per denunciare niente», ricordando la ferita ancora aperta:
«Io mi sono sempre sentito capitano L’unica cosa che mi dispiace, è che ho sentito una telefonata a una radio con un tifoso che diceva che non merito la fascia perchè mi sono venduto una partita. Ecco, questo è ciò che rimane, e fa male».Partiamo da qui per uno spunto di riflessione. Conte e Portanova sono stati accusati e condannati per un’omessa denuncia, che non significa aver partecipato ad un illecito o aver venduto una partita. Purtroppo sono i media a plasmare questa
suggestione, attraverso una mala informazione che crea la “macchia”, quella che rimane impressa, più delle reali colpe, nell’idea del tifoso disinformato. Ne è un esempio l'episodio ricordato da Portanova.
Aggiungiamo anche che le condanne per aver omesso denuncia, arrivano per lo più per deduzione del procuratore federale che decide, in base a personali convinzioni, chi e cosa ritenere credibili senza avere la necessità di provare la fondatezza delle accuse. Ed è proprio questo il terreno fertile dove abili
manipolatori dell’informazione trovano modo e maniera di presentare il caso al grande pubblico pallonaro. Forzano in questo modo la realtà, appoggiando contemporaneamente quella giustizia sportiva a cui non piace essere strumento di garanzia, ma bensì la mina vacante che può arrivare a spostare gli equilibri della massima competizione.
Nell’immaginario collettivo è solo la combina ad alterare il campionato pilotando i singoli match, ma il suo andamento può essere
condizionato anche dall’uso distorto della giustizia sportiva che può subire “pressioni dalla Lega di serie A forte di un ruolo che le consente di pesare in modo determinante sulla rielezione dei vertici federali”. Proprio come viene ricordato nell’editoriale odierno da Repubblica che così definisce il momento: “Un groviglio in cui giudicati e giudicanti sono inevitabilmente vincolati gli uni agli altri, rendendo impossibile un giudizio sereno”.
Quindi
c’è la consapevolezza di un giudizio condizionato che come tale non può essere sinonimo di garanzia e di imparzialità; presupposti indispensabili per ogni sfumatura di giustizia, sia essa quella domestica del circolo Figc. In questo conflitto di interessi vari, c’è chi vede la propria immagine macchiata grazie ad una mala informazione (come successo per gli accusati di scommessopoli poi assolti), ed ancor più dalla verve ultrà di alcuni giornalisti a cui è permesso giocare con la reputazione dei tesserati, magari ricavando dalle pieghe delle inchieste subdole illazioni.
Se qualcuno può, spieghi cosa c’è di educativo in questo sistema che sfrutta una giustizia sportiva deviata per danneggiare l’immagine di un atleta.
Se questo non bastasse, a conferma che l’uso di due pesi e due misure è oramai fatto assodato, nelle ultime ore la Disciplinare ha sanzionato con un’ammenda di 8mila euro «il centrocampista della Juventus,
Emanuele Giaccherini, per aver esibito uno striscione dal contenuto offensivo in occasione della sfilata organizzata a seguito del campionato 2011 12»; con 8mila euro
Diamanti del Bologna e con 13 mila euro il patron dell'Udinese,
Pozzo, per «giudizi e rilievi lesivi» nei confronti, rispettivamente, degli arbitri De Marco e Doveri. Stesse somme per le società.
E Moratti? Nemmeno un deferimento dopo le accuse di una nuova calciopoli e il vaff… all’arbitro. Può quindi continuare ad insinuare quello che meglio crede...

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