L’ultima moda della cosiddetta “informazione sportiva” (sigh!) pare essere quella di analizzare, dissezionare, autopsizzare ogni partita con il freddo ed inoppugnabile bisturi della statistica.
Ricordo quando il “tabellino” raccontava a malapena dei marcatori, dei cartellini gialli e rossi e dei tiri in porta. Poi vennero i “falli fatti” e i “falli subiti” (che nessuno al mondo ha mai capito perché non c’è simmetria tra i dati opposti delle due squadre… forse che i falli non li fanno gli avversari ma qualche entità aliena?), i tiri nello specchio e quelli fuori, i calci d’angolo e il possesso palla. E si andava ancora bene.
Da qualche tempo siamo in grado di sapere anche quanti chilometri ha corso Asamoah durante la partita, quanti palloni sono passati tra i piedi vellutati di Pirlo, quante azioni avversarie ha interrotto Chiellini… e passi pure questo.
Ultimamente, però, si è –a mio giudizio- caduti nel ridicolo arrivando ad analizzare dati pressochè inutili come la percentuale di vittorie e sconfitte in quel determinato giorno dell’anno nei cento e più anni di storia di quella data squadra. Un dato che ai fini del gioco, ne converrete, e ancor meno utile degli oroscopi per l’anno nuovo che di qui a qualche giorno ci propineranno a reti unificate. Ah, bei tempi quando l’unica cosa importante, alla fine, era metterlo dentro! (banda di lussuriosi, parlo del pallone dentro la porta!)
Uno di questi dati inutili ci dà però il pretesto per tessere le lodi di quello che il mondo del calcio riconosce da sempre come… beh, gli appellativi si sprecano: il Maestro, il Guru, il Santone, il Profeta… mi sembra di non aver sentito ancora Rabbì e Unto dal Signore ma penso che ci manchi poco.
Già, chi non si merita tutti questi titoli se non lui, il celebre e integerrimo
Zeman? Domenica scorsa, per chi non lo sapesse,
il goal di Pellissier sbucato all’ultimo minuto dalle nebbie veronesi ha regalato al Santo Subito una centesima candelina, che però immagino non sia stata molto gradita.
Si tratta infatti della centesima sconfitta subita dal Mullah Boemo da quando frequenta le panchine dell’italica Serie A.
Prima che i soliti maliziosi se ne escano con le loro facili malignità, sgombriamo subito il campo da facili ipotesi menzognere:
di queste cento, ben poche sono colpa sua. Anzi, diciamo nessuna.
Domenica, infatti, tutto ha congiurato contro l’Immacolato: l’arbitro corrotto che non si è fatto ingannare dalla nebbia e non ha fischiato il “non-fuorigioco” di Pellissier, quei cattivoni di Clivensi che ogni volta creano ad arte condizioni meteo favorevoli a loro con le scie chimiche o chissà quale diavoleria… e tutto per infliggere ingiuste sofferenze al “Caro Mister”, che ancora una volta ha dovuto masticare il fumo del tabacco e improperie varie.
Lo stesso discorso vale per le 99 volte precedenti.
Se qualcuno ha battuto le sue squadre è stato di sicuro a seguito di qualche macchinazione strana, probabilmente ordita da quello Shub-Niggurath del calcio, quella entità blasfema e deforme che risponde al nome che, nel mondo del calcio, equivale al “666” biblico. La Juventus e il suo Nyarlatothep, il suo gran sacerdote del Caos primigenio strisciante… Luciano Moggi.
Lo stesso che poi ha perseguitato il Sommo ed Unico anche quando ha cercato riparo in terra straniera, costringendolo a fuggire di volta in volta da panchine più o meno (meno) illustri.
Come per un altro infallibile della mia infanzia, tale Arthur Fonzarelli (il Fonzie di Happy Days) il Signore della Zona
non potrà mai permettersi di pronunciare le parole “ho sbagliato”. E’ scritto nel suo DNA, ancor prima che nel dogma dell’Infallibilità Zemaniana (che a quella Papale gli fa ‘na pippa).
Lo colpiscono perché è il retto e l’Integerrimo, e paga cara la sua onestà, la sua missione di dire sempre quello che pensa, la Verità con la V maiuscola su tutte le bassezze e le meschinità del mondo pallonaro,
quello che la “ggente” pensa ma che il “Sistema” le impedisce di dire. Ma non tema, Mister Zeman. Continui la sua battaglia, anche se è dura. Tanto sa che,
dopo ogni sconfitta, troverà sempre almeno un microfono pronto a raccogliere la sua parola (ok, qualche volta il giornalista si potrà assopire, sa com’è… il “Divin Verbo” va bene, ma anche un pochino di “Verve” non guasterebbe, a volte…). Il Bene, alla fine, trionfa sempre, non è così?
Altri cento di questi giorni, Mister Zeman.
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