Disfare l’albero di Natale è un rito. Non è come farlo, certo. All’euforia della festa che sopraggiunge si sostituisce la malinconia delle luci che si spengono. Ma una cosa è certa: sono gelosa dei miei ninnoli. Ognuno di essi nasconde una storia. Una persona che non c’è più. Un acquisto di quando ero ancora bambina. Il regalo di qualcuno a cui tengo, come la coppia di sfere, una bianca e una nera, che mi ha regalato Laura dopo essere diventate amiche. Complice la Juventus. Molte decorazioni sono di ceramica e le avvolgo con cura in fogli di giornale. Sacrifico un Tuttosport.
Non sono di buon umore quando la Juve non vince. Come ha osservato Conte, non è cosa da niente perdere in 11 contro 10. Tanto più se dopo un primo tempo nel quale la Samp sembrava aver perso la testa, è stata la squadra bianconera a mollare il bandolo della matassa. Può succedere. La preparazione durante la sosta è stata dura e c’erano tanti assenti. Che però continueranno ad esserci. Non ho voglia di consolarmi con le sventure altrui, tuttavia non posso fare a meno di notare che sulla prima pagina del quotidiano sportivo che sto appallottolando
Zeman fa pronostici. Da quando è comparso nell’aula 216, commentare le sue uscite è come sparare sulla croce rossa. Secondo l’allenatore più bravo del mondo la Roma quest’anno sarebbe andata meglio della Lazio. Le affermazioni risalgono all’inizio di giugno e fanno un certo effetto all’indomani della tripletta con la quale Cavani ha regolato ancora una volta la formazione capitolina, che privata dei 3 punti regalati (senza che nessuno abbia avuto a risentirsi) per la mancata sfida di Cagliari, si farebbe venire il torcicollo per avvistare i cugini in classifica. Prima di sfidare ufficialmente la Juve per la corsa allo scudetto, Vlado Petkovic, detto “Il Dottore”, in possesso di ben 3 cittadinanze, bosniaca, croata e svizzera e capace dicono di esprimersi in 8 lingue, vorrebbe restituire al Catania in Coppa Italia lo scherzo di novembre, quando l’aquila laziale si prese 4 gol dall’elefante etneo. Eppure i notiziari ci sono già andati a nozze.
Come dimenticare l’ultimo titolo tricolore vinto dalla Lazio? Correva l’anno 2000 e oltre al giubileo Roma poteva comunque festeggiare anche lo scudetto. Perché succeda ancora ci vorrebbe che la Juve si accartocciasse di nuovo su se stessa, come fece quando c’era Ancelotti, ma soprattutto un altro diluvio universale. E un altro n. 1 come Collina. Del quale non sapremo mai se alla fine andò oppure no a cena con Galliani presso il ristorante del fedele capo della scuderia rossonera Meani, ovviamente nel giorno di chiusura.
Ma torniamo a Cavani, perché mi sto chiedendo come sarebbe andata se fosse venuto alla Juve e ancora di più ora che è iniziata la cerimonia per la consegna del 4° Pallone d’Oro a Messi, al quale vanno i complimenti per aver battuto il record di 3 che apparteneva a Le Roi Platini e ad altre 2 leggende del calcio: J. Cruijff e M. Van Basten. Eterno secondo C. Ronaldo, sesto il nostro Pirlo. Con un copia incolla azzardato, manco fossi il colonnello Auricchio in una delle sue prodigiose investigazioni, applico l’idea Cavani a Messi e sfidando la furia di un paio di persone che hanno in mano il mio futuro (anche di redattrice di GLMDJ), mi domando se Lionel sarebbe il mito che è se non giocasse dove gioca.
Anche perché Del Bosque si è fumato nella pipa un tabacco che Zeman nemmeno se lo sogna e ha fatto fuori Guardiola e Mourinho nella corsa per il migliore allenatore.
Non a caso
Pirlo è il primo giocatore non spagnolo della lista dei nominati alla vittoria della sfera dorata e la formazione campione tipo che lo schermo mi sta vomitando addosso comprende in tutti i ruoli calciatori che militano nella Liga. Il solo titolo di gol più bello dell’anno è appannaggio del tedesco Miroslav Stoch, che gioca nel campionato turco. Drogba poi è solo settimo, anche se li ha messi tutti in riga da solo facendo vincere la Champions League al Chelsea.
Messi è il più grande dei piccoli calciatori, ma Iniesta mi sembra uno splendore, elegante com’è nel suo completo nero. E se questo poker dorato non è una forzatura dettata dagli sponsor, per me è stato uno sbaglio che un paio di edizioni fa il trofeo non sia finito nella stessa sala, dentro il museo del Camp Nou, ma per le mani di Don Andrés, campione d’Europa nel 2008 e nel 2012 e del mondo nel 2010, nonché 7 volte "Man of The Match" nel corso di questi 3 tornei, che mancano nell’albo personale di Messi, che milita nella nazionale argentina.
Cerco di tornare con i piedi per terra. Un altro Natale è andato. Domani è un altro giorno.
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