18 su 18. Giancarlo Abete è stato eletto con il voto unanime della Serie A. Quel 18 su 18, ha lasciato interdetti molti degli appassionati al mondo del calcio. Com’è possibile che la massima Serie che lo ha maltrattato nella sua maggioranza negli ultimi anni lo ha votato compatta?’ Com’è possibile che Aurelio De Laurentiis e Andrea Agnelli, abbiano dato il loro appoggio incondizionato a Giancarlo Abete?
Cerchiamo di accendere una luce, seppur piccola, con un po’ di logica.
Logica politica si intende. Partiamo dall’idea iniziale dei due presidenti, che si può racchiudere con un semplice quanto esemplificativo: Abete è inadatto a gestire la Federcalcio. Andrea Agnelli lo ha detto più volte: la governante del calcio va resettata, il movimento non può più essere gestito così com’è. A casa gli attuali dirigenti. Aria nuova.
Aurelio De Laurentiis è stato altrettanto severo. Poi nel segreto dell’urna, là dove solo Dio può vederti, ma se voti a favore possono farlo tutti quelli che negli anni ti stavano ad ascoltare, come se uscissi da quell’urna con la scritta sulla fronte: Vota Abete, Vota Abete. E tu che fai? Ti adegui.
Abete è l’unico candidato. Abete sarà rieletto e il voto contrario sarebbe stato inopportuno. Inutile. Tanto l’elezione comunque sarebbe stata sul modello bulgaro. Ci può stare, ma se vai ai materassi (chi non ricorda il padrino) una tregua la puoi anche far digerire a chi ti ha seguito negli anni, ma solo se la tregua resti armata.
Voto Abete, perché è l’unico interlocutore, ma questo non significa che le mie opinioni siano cambiate d’improvviso. Questo non significa che sono stato folgorato sulla via Aurelia, ma solo, e che sia chiaro, che
io sono all’interno del movimento mi muovo armonico con le altre società, ma nessuno tocchi i miei interessi che sono quelli di milioni di appassionati. Questo chi ha ascoltato i picconatori nei mesi precedenti l’Assemblea elettiva lo avrebbero capito e la coppia Agnelli-De Laurentiis avrebbero potuto affermare, sempre citando San Paolo: Cari pastorelli non preoccupatevi, perché è quando sono più debole che sono più forte. I pastorelli avrebbero digerito la pillola, aspettando i Consigli federali, là dove l’assise del calcio si riunisce e dove la Serie
A avrebbe potuto mettere all’angolo la governante della Federcalcio. Ora cosa aspettarsi? Qualcuno afferma che sarebbe impossibile fare sempre il bastian contrario. Giusto. E sarebbe anche inopportuno perché il movimento calcio ha bisogno di unità d’intenti. Ha bisogno di una Federcalcio in grado di prendere decisioni che scontenteranno sempre qualcuno ma che siano inappuntabili. In pratica il contrario di quello che è accaduto in questi anni.
Resta il fatto che il voto compatto della Serie A lascia un grande punto interrogativo volteggiare nell’aria, cosa avrà significato? Preso dal dubbio amletico, ti soffermi a pensare che forse di politica sportiva non ci capisci un tubero e allora ti vai a riascoltare i passaggi dell’Assemblea e ascolti come un mantra le parole di “mister diciamo” Maurizio Beretta e, rischiando “diciamo” di addormentarsi un paio di volte, speri che la risposta sia nelle sue prime due frasi del discorso: “Penso ci siano i presupposti – ha dichiarato - per una nuova stagione di riforme. Sarà fondamentale rivedere {…}” e da lì spiattella una serie di “volontà” dei numeri uno della A che lasciano intendere:
o si fa quello che vogliamo noi, oppure nessun appoggio a questa Federazione. Logico, qualcuno, molti, quasi tutti, si aspettavano almeno qualche scheda bianca dall’urna della Serie A, e anche se questo non avrebbe cambiato il corso della storia elettiva, almeno avrebbe dato un senso alle tante parole spese negli anni.
Votando tutti compatti è passato il discorso di Abete: “Oltre alla critica deve esserci la capacità di cambiare". Capacità che nel calcio non si ha o meglio
non si vuole avere. Sul fronte rinnovamento della Giustizia sportiva è indubbio che gli ultimi casi (vedi Napoli e poi muori, riferito a Palazzi e compagnia sbagliando) lasciano interdetti e stupiti anche noi che siamo chiamati a raccontarvi quello che accade. Dicevamo la riforma della Giustizia Sportiva, tutti la chiamano, tutti la agognano, tutti la vogliono ma servono alcuni passaggi che rendono le modifiche lontane. Mi spiego meglio: la Commissione insediata dal CONI il 28 novembre 2011 ha concluso i suoi lavori il 9 gennaio del 2012, individuando alcune linee riformatrici.
Abbreviazione dei termini per l’esercizio del’azione innanzi agli organi di giustizia. Questo per rendere più veloce lo svolgimento del procedimento sportivo.
Conclusione delle attività di indagine della Procura entro 90 giorni dalla ricezione della notitia criminis e in ogni caso non oltre un anno dal momento in cui l’evento si è verificato, sperando, questo è un mio pensiero, che il “delitto” non resti chiuso in un cassetto, ma in questo caso c’è una via d’uscita per i casi chiusi nei cassetti, che recita testuale. “salvo i casi che costituiscono oggetto o emergano a seguito di procedimento penale”. Che Dio salvi la giustizia ordinaria.
Riduzione della durata del processo, che non deve superare i trenta giorni (parapapapapaparapapapapa! Scusate ma mi vien da ridere),
salvo proroga motivata (ecco la via di fuga)
e alla riduzione dei gradi di giudizio che non possono mai essere superiori a due. Gli organi di secondo grado diventerebbero quindi, alternativamente, gli attuali organi di appello federali o quelli presso il CONI. Ci sono altri principi, ma due sono da prendere in considerazione in queste pagine. Riporto fedelmente:
“Si è fissato il principio secondo il quale qualsiasi decisione degli organi di giustizia che comporti la perdita della posizione di classifica acquisita sul campo, con conseguenti effetti sull’attribuzioni del titolo o sulla retrocessione, non determina alcun effetto automatico nei confronti di altri soggetti che possano in punto di fatto trarre beneficio dalla decisione stessa. Solo il Consiglio Federale avrà il potere di deliberare – diversamente dal passato – sulla base di considerazioni di merito sportivo, l’attribuzione di un titolo o la partecipazione ad un campionato di una o più società in luogo di quella destinataria della sanzione sportiva da parte del giudice”. Perciò il Consiglio Federale
se accadesse ora una nuova Calciopoli potrebbe decidere, ma allora Abodi, che si astenne al voto sulla delibera che stabilì la non competenza del Consiglio federale sulla richiesta di revoca dello scudetto del 2006, assegnato all'Inter e che disse. “Ritengo che la Federazione avesse la facoltà di decidere in base all’articolo 13.2 dello statuto federale che attribuisce alla Figc il diritto di designare chi ha vinto il campionato, senza dimenticare comunque la sovranità del campo”. Dicevamo allora Abodi si sbagliava?
Un altro punto da prendere in considerazione è quello che recita:
“Per quanto attiene poi al principio del limite e dell’assicurazione del rischio federale si è prevista – allo scopo di tutelare le Federazioni nel caso di eventuali azioni risarcitorie promosse nei loro confronti da parte di soggetti affiliati – l’istituzione di un fondo di garanzia o la stipula di una polizza assicurativa, a garanzia di detti rischi”. Chissà quale compagnia assicurativa si prenderà la briga di stipulare una polizza con la Federcalcio a poco più di un anno dal pronunciamento del TAR del Lazio riguardo la richiesta di risarcimento danni di 444 milioni di Euro contro la FIGC, portata avanti dalla Juventus. Nella riforma della giustizia sportiva è prevista anche l’istituzione di una Commissione di Garanzia. L’entrata in vigore è prevista per giugno 2013, questo per consentire una ulteriore riflessione alla luce degli esiti collegati alle vicende delle scommesse.
E visto che ci siamo una ulteriore riflessione la dovrebbero fare su Palazzi e il suo pool che vengono costantemente messi alla berlina dal TNAS e dalla Commissione Disciplinare e che usano due velocità, due pesi e due misure. Commenta l'articolo sul nostro forum! Ringraziamo per la collaborazione:
