“Zoff, Spinosi, Marchetti, Furino, Morini, Salvadore, Causio, Haller, Anastasi, Capello, Bettega”. Non era la voce dell’altoparlante del Comunale di Torino, quella che potevo udire, ma quella rauca di Sandro Ciotti o quella baritonale ed inconfondibile di Enrico Ameri. Tutto questo ci fa tornare indietro con la memoria di circa trent’anni.
Il mio amore per la Juve prese vita proprio in quei lontani anni settanta.
Erano gli anni delle divise calcistiche di lana pesante, elasticizzate, talmente aderenti che su qualche atleta mettevano in risalto, intorno alla vita, un accenno di tessuto adiposo piuttosto evidente, “le maniglie dell’amore”. Impossibile notarle al giorno d’oggi sui giocatori moderni, dei veri e propri culturisti.
Erano gli anni in cui l’italiano non poteva fare a meno di ascoltare “Tutto il calcio minuto per minuto”, l’unica realtà dell’epoca che poteva farti sentire in stretto contatto con la squadra del tuo cuore.
Sicuramente, “Tutto il calcio minuto per minuto” è stato un elemento importante per l’esplosione della mia passione verso la Zebra. Era uno dei componenti, insieme alle figurine Panini e a quei dieci minuti di servizio della Domenica Sportiva, del menù di cui si nutriva il sottoscritto insieme ai ragazzi tifosi dell’epoca.
I Settanta e gli Ottanta sono stati anni difficili, ricchi di paure, incertezze, anche miseria, e per noi ragazzi juventini di tutta Italia il percorso verso Torino era un viaggio duro da affrontare, oltre che costoso. Ecco che il vecchio Comunale diventava un sogno irraggiungibile per molti, a parte qualche eletto.
La prima volta che fui spettatore di una partita della Signora, a Firenze, rimasi senza fiato quando mi accorsi che la Juve era veramente bianconera! La tecnologia non ci aveva ancora donato il colore, per cui ero abituato a vederla nello schermo in tenuta grigio-bianca e grigio-scura, grazie alle poche immagini televisive che, avidamente, riuscivo a catturare nella vecchia Tv a tubo catodico, molto più simile come aspetto ad una lavatrice che a un televisore.
Ogni notte, prima di addormentarmi pregavo affinché mio padre si potesse trasferire a Torino per lavoro, così avrei potuto seguire ogni domenica i miei eroi bianconeri. Questo non avvenne mai, così dovetti centellinare le mie presenze al Comunale durante i miei primi anni di passione calcistica. Fu solo grazie allo Juventus Club Siena Ghibellina, di cui sono stato un fondatore, che ebbero inizio le mie fitte trasferte, ricche di vittorie grazie alle delizie di Platini, la potenza di Boniek, l’astuzia di Pablito e alla bravura di tutti gli altri campioni di una squadra indimenticabile. Insieme ai miei amici, salivo su quei vecchi autobus scalcinati, andando a percorrere un’autostrada che ci avrebbe condotto verso la città sabauda, dove avremmo tifato in compagnia di quei ragazzi fortunati che vivevano a Torino. Quanta invidia provavo per loro! Quei ragazzi che sin da bambini avevano potuto assistere a tutte le esibizioni dei loro eroi del pallone. Quei ragazzi che, percorrendo le vie che costeggiano il Po, si avviavano con passo tranquillo ma deciso verso il vecchio Comunale, con la loro bandiera sulla spalla, che evidenziava orgogliosa lo scudetto numero 15 o, magari, il numero 16.
Adesso tutto è cambiato. I veloci e moderni mezzi di comunicazione hanno accorciato le distanze, i contatti con la squadra sono continui ed in real-time, grazie a raffinati decoder o computer super tecnologici.
Addirittura ogni bambino può indossare la maglia originale del giocatore preferito, una per ogni stagione calcistica.
Non dimenticherò mai quando alzai la cornetta del telefono e chiamai la sede della Juve, chiedendo timidamente la maglia di Pietruzzo Anastasi. Mi rispose una gentilissima signorina che, dispiaciuta, mi confermò che non era disponibile.
Cari bambini e ragazzi bianconeri degli anni 2000, dovete meritare questa fortuna, dovete meritarvi la Juve, così agognata e sognata da noi tifosi più datati.
Ed eccoci arrivati ai bambini e ragazzi di Calciopoli.
Sono quei giovani tifosi che hanno vissuto una situazione nuova per la nostra Società e che hanno rischiato di veder annegare in un oceano di farse la loro fede ed il loro amore per i colori bianconeri.
Pensate al povero bambino che si reca a scuola venendo additato dal compagno interista, milanista o viola, mentre grida: “Ladro!”. Oppure: “Serie B!”.
E adesso immaginatevi il ragazzo delle scuole medie, il cui amore verso la Juve è come quello di un quattordicenne verso la fidanzatina, casto e puro, che si sente dire che tifa per “un’associazione a delinquere”.
E’ certo che in queste giovani creature l’ideale Juve può seriamente vacillare.
Chi dobbiamo ringraziare per tutto questo?
Tutti noi abbiamo le risposte. Sono quelle stesse risposte che attendono un processo di Napoli sempre più simile ad una “serata di tarantella” e che potrebbe restituirci la storia e la dignità.
Quindi, bambini e ragazzi bianconeri, dovete avere fiducia, continuando ad amare la Juve, perché è unica, un dono che ognuno di noi si deve meritare.
C’è una frase indimenticabile nel film “Salvate il soldato Ryan”. La sussurra l’eroe americano, interpretato da Tom Hanks, al giovane Ryan: “Meritalo”.
Gli aveva appena salvato la vita, ed il biondo soldato doveva meritare questa grazia.
“Meritatela” anche voi, giovani tifosi moderni di tutta Italia, la nostra squadra. Voi che siete stati più fortunati di noi, tifosi di una generazione non propriamente generosa.
E anche voi, cari signori della dirigenza e della proprietà juventina, cercate di meritare la conduzione del nostro prestigioso club, oro zecchino per il calcio mondiale, ma soprattutto cercate di meritare tredici milioni di tifosi che molto hanno subito da quella torrida estate del 2006, e che continuano ad amare perdutamente un mito intramontabile.
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