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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Editoriale di M. VIGHI del 15/06/2009 07:30:36
Omaggio ad Alessandro Del Piero

 

E’ il 12 settembre 1993 quando Alessandro Del Piero, un ragazzo di Conegliano Veneto che non ha ancora compiuto il diciannovesimo compleanno, esordisce in serie A con la maglia della nostra Juventus. Subentra a Fabrizio Ravanelli al minuto 74’ della partita Foggia-Juventus. Tre giorni dopo il battesimo nelle coppe europee contro il Lokomotiv Mosca. Ancora pochi giorni ed ecco il suo primo goal: alla Reggiana, in un Juventus-Reggiana 4-0.
Alex (presto impareremo a chiamarlo tutti così) è ancora una ragazzo che fa la spola tra la primavera e la prima squadra, ma la stoffa già è visibile a tutti, anche senza aspettare la sua prima tripletta, il 20 marzo 1994, contro il fortissimo Parma di Nevio Scala.
Marcello Lippi, chiamato a sostituire Trapattoni nell’estate 1994, scommessa di una Juventus restaurata nei suoi vertici con l’avvento della triade Moggi-Giraudo-Bettega, punta subito su di lui, complice anche un infortunio dell’allora capitano e uomo simbolo Roberto Baggio, che verrà sacrificato con lungimiranza a fine stagione proprio per impostare il futuro sul nuovo talento. Da Raffaello a Pinturicchio, sotto la compiacenza dell’Avvocato Gianni, che così ebbe a definirli, e del Dottor Umberto.
Inizia così l’ascesa velocissima di un giocatore che brucia le tappe, da forte a campione a fuoriclasse il passo è breve.
Il 4 dicembre 1994 è una data che rimane impressa nella memoria di ogni amante del calcio. Per uno juventino, di più. Per chi scrive, malinconia e magia insieme. La Juve è sotto di due reti in casa con la Fiorentina. Non c’è ancora l’invasione delle pay-tv e pay-per-view, e “tutto il calcio minuto per minuto” su radiouno è il nostro appuntamento. Mio padre ed io consumiamo il tappeto in sala girando intorno al tavolo, testa bassa, orecchie tese alla radio accesa. Mio padre insiste: << Vialli, Vialli, lo so che segna Vialli >>. Io lo guardo con affetto e un po’ di compatimento. Anche quando Trap lo aveva abbassato a giocare a centrocampo, con ovvi bassi rendimenti, per mio padre la partita doveva sempre risolverla Vialli. Ma era così anche quando guardavamo la nazionale e lui giocava nella Sampdoria. Ma il Gran Pelato segna davvero in un batter d’occhio una doppietta. 2-2. Ci guardiamo emozionati, ma lo sentiamo: non finirà così. Allora comincio io:<< Del Piero, Del Piero >>. Bhè, io l’avevo visto nella Primavera e subito mi ero innamorato di lui. Lo avevo persino sognato di notte che siglava la sua prima rete in campionato, ben prima che ciò accadesse. Episodio mai più verificatosi nel mio balbettante equilibrio mentale di super tifoso. Tocca allora a mio padre guardarmi divertito, con il fare esperto di chi di campionati ne ha vissuti una trentina in più:<< Dai retta a me, teniamo il 2-2 >>. Invece no: eccolo là, in diretta radiofonica. Un capolavoro che nessuno potrà mai dimenticare, come vedremo poco più tardi in 90° minuto. Come io non posso dimenticare una delle non più di 5 occasioni in cui mi sono ritrovato per terra a rotolarmi con mio padre, uomo misuratissimo ed equilibrato ben poco propenso agli eccessi. Ma lo sentivamo, quella stagione era quella della svolta. Lo era quella partita. Lo è quel goal di Del Piero. Che ancora oggi lui reclama, con ragione, come uno dei più belli della sua strabiliante carriera.
In breve, sotto la guida di Lippi, vinciamo tutto: 3 scudetti, una champions, coppe italia, supercoppe italiane ed europee. Alex è sempre protagonista. Per tutti noi tifosi bianconeri è il nuovo idolo. Sogniamo anni di trionfi con lui. E abbiamo ragione: saranno 12 anni, prima della maledetta estate 2006, stratosferici.
Non che ci fosse bisogno di ulteriori conferme di quanto fosse decisivo, ma il 26 novembre 1996 l’attuale capitano della Juventus segna il goal della vittoria che ci consegna la Coppa Intercontinentale ai danni del River Plate.
Tutti lo adoriamo. Eh già. Anche perché Del Piero può vantare un primato difficile da individuare nelle statistiche, ma che noi ben conosciamo. Contrariamente ad altri campioni, lui è un fuoriclasse che nelle partite che contano, con la maglia bianconera, non fallisce mai l’appuntamento.
E nella stagione successiva, ’97-98, il ragazzo ci delizia con la bellezza di 10 reti (di cui 4 nelle semifinali con il Monaco) in Champions League.
Ma si sa, tutte le rose hanno le spine. E l’8 novembre 1998, al minuto 92’ di Udinese-Juventus, la gamba di Del Piero resta in corsa sotto quella di Bertotto in uno scontro in area. Alex urla di dolore. Noi soffriamo con lui. Ma non sappiamo ancora quanto dovrà e dovremo soffrire.
La riabilitazione è lunga. E forse dovrebbe esserlo di più. Ma ci sono i mondiali in Francia. Lui li vuole. Probabilmente, anche gli sponsor. Cesare Maldini lo chiama, anche se la sua condizione è lontanissima dal top. I mondiali vanno male. Male le sue prestazioni. Al recupero fisico, lento, comincia ad accompagnarsi una evidente insofferenza psicologica.
Alex ha bisogno di sbloccarsi, ma il necessario lavoro di irrobustimento per riaversi ha inciso sullo spunto in velocità. I numeri sono quelli di prima, ma qualcosa va cambiato.
Il nuovo allenatore della Juventus, Ancellotti, gli dà fiducia ad oltranza. Per la verità lui lo ripaga con discrete prestazioni. Ma i goal arrivano a singhiozzo e quasi sempre su rigore. La critica si diverte a prenderlo di mira. Qualche tifoso ingrato si stufa di aspettarlo. L’Avvocato lo punzecchia e comincia a chiamarlo Godot.
In realtà noi non lo sappiamo, ma Alex sta soffrendo. E non parliamo di calcio, parliamo di vita. Di qualcosa che non si vince in palestra o con il potenziamento muscolare. Parliamo di quando l’unica vittoria è abbandonarsi all’inevitabilità che l’amore vinca la sofferenza accettandola, lasciando che diminuisca col tempo lentamente. Un amore che vince per sempre, e che è ogni giorno più forte, perché non permette mai che si affievolisca il ricordo di chi non c’è più, serbato gelosamente nella mente e nel cuore
E’ il 18 febbraio 2001 quando Alex segna un superbo goal al Bari. Lui urla, piange. I compagni lo abbracciano. Quella rete è per suo padre, che lo ha appena lasciato. E non lo nego, mi emozionai tantissimo anch’io.
Del Piero rinasce. In estate Lippi ritorna alla guida della Juventus, ed il campione, in coppia con Trezeguet, scandisce goal dopo goal il ritorno al tricolore, culminato nell’apoteosi di quel famoso 5 maggio 2002, quando gli onesti, pur con un gemellaggio ed una più che sospetta combine nella partita conclusiva con la Lazio, dopo un curioso assist di Peruzzi a Vieri ed un’irriverente sparacchiata in curva di Couto pressato a 35 metri di distanza che consentiva l’ennesimo corner per la seconda squadra di Milano, non riuscivano a chiudere il primo tempo in vantaggio, soccombendo poi in una seconda frazione di gioco che assomigliava molto di più della prima ad una vera partita.
Nel 2004 Del Piero sta per compiere 30 anni quando Capello assume in estate la nuova guida tecnica della Juventus. La concorrenza in attacco aumenta. La nuova qualità passa anche per i piedi di Ibrahimovic e Mutu.
Del Piero deve accettare la panchina. Mastica amaro, lo vediamo tutti. E quando entra a partita in corso, spesso stecca. Quando ci ripenso, sarà un paragone un po’ azzardato lo ammetto, a me viene in mente Federer. Che c’entra mi direte voi? Lo dicesse JC Blanc, ancora ancora…Il fatto è che nessuno può mettere in discussione che Federer sia il più forte. Di più. La maggioranza dei critici di tennis sostengono (lo penso anch’io, ma influenzato dal fatto che i miei ricordi partono da Borg in poi) che sia il tennista più forte di sempre. Eppure quando gioca con Nadal, sembra spesso che non lotti. E per forza, dico io: non ci è abituato. Lui vince con il numero 5 del mondo anche bendato!
Del Piero uguale. A 19 anni titolare e idolo della squadra più amata. Risultato ottenuto grazie alla classe. La coesistenza con Baggio si è limitata ad un solo anno, nel quale Baggio, oltretutto, è stato a lungo fuori gioco. Dopodiché, una meraviglia via l’altra. E quando davvero la crisi è arrivata, la Juventus, con riconoscenza e nuovamente con lungimiranza, ha saputo attenderlo, mai mettendolo in discussione. Cosa si vuole pretendere?
Le occasioni per giocare titolare comunque non mancano. I successi arrivano. I critici esagerano, alcuni tifosi gli voltano le spalle. Complimentoni agli intenditori di calcio. Lo sapete nel complesso dei due anni di Capello qual è stato lo score di Alessandro Del Piero? 37 goal, di cui 30 decisivi.
Chapeau, mio capitano. Cospargetevi il capo di cenere e battetevi il petto, mie prodi criticoni.
Si arriva così ai giorni nostri…
La sua permanenza in bianconero non è mai in discussione nei giorni bui dell’estate in cui la Juve viene lasciata sola a sé stessa. Il capitano e l’allora allenatore Deschamps non nascondono la delusione davanti alle telecamere quando, inaspettata, giunge la notizia del ritiro del ricorso al Tar.
La società ha deciso di accettare davvero l’arbitrato. Si va in B, perché una inquisizione poco santa messa su da qualcuno certamente per un perché, sancisce che le telefonate di Moggi con i designatori arbitrali sono più colpevoli rispetto a cenare e pernottare a casa loro, come era solito fare Facchetti. Sono più colpevoli del regalo degli elettrostimolatori sempre pervenuto dalla stessa mano. Più colpevoli dei rolex regalati da Sensi. Più colpevoli di reati penali, come le falsificazioni dei passaporti. E più colpevoli di avere rapporti diretti con gli arbitri o i guardalinee, bypassando i designatori, come facevano le squadre di Milano, leggasi Facchetti con Nucini, Galliani con Collina, e Meani con Puglisi, Copelli e compagnia cantante.
La risposta di Del Piero, nel frattempo, arriva sul campo.
Capocannoniere del campionato cadetto, dopo aver simbolicamente preso in mano la squadra.
E l’anno successivo, capocannoniere in serie A!
Infine, miglior realizzatore della Juventus sia in campionato sia in CL nella stagione appena conclusa.
Ancora una volta, comunque, non vengono lesinate critiche verso il ragazzo. Per un presunto egoismo in attacco (presunto un tubo…a me risulta evidente. Comunque quando mi porterete l’esempio di una punta che ama distribuire assist anziché segnare lui sono qui ad ascoltarvi). E soprattutto, poiché viene identificato come il capo fronda di una eventuale ribellione di spogliatoio nei confronti dell’ex allenatore Claudio Ranieri.
Sarà vero?
Potrebbe, certamente. Vedere Del Piero correre e segnare nelle ultime due giornate contro Siena e Lazio, e paragonarlo alla settimana precedente l’esonero del mister di Testaccio, con l’appoggio al portiere dell’Atalanta in azione da goal con tutta la porta sguarnita…certamente depone a favore di questa tesi.
Qualora fosse, sarebbe certamente una pecca in una carriera costellata di grandi cose per Madama. Una pecca soprattutto dal punto di vista umano.
Ma è proprio questo aspetto che potrebbe lasciare da pensare.
Il Del Piero “uomo” è certamente un esempio come pochi in ambito calcistico.
Mai scorretto in campo, pacato, umile e non banale nelle dichiarazioni ai giornalisti, Alessandro è un non-personaggio di tutto rispetto. Poiché tutti noi siamo il frutto delle nostre esperienze che si cementano sulle basi lasciateci dall’impronta famigliare, mi piace pensare che molto di questo merito vada alla sua famiglia, alla quale resta molto legato, cosa che ha sempre testimoniato nei fatti. Figlio di Bruna e del padre Gino, Alex è legato da vincoli anche professionali con il fratello Stefano, di 9 anni più vecchio, che è il suo procuratore. Ha anche una sorella adottiva.
Il suo fidanzamento, durato 7 anni, è culminato nel matrimonio celebrato nel 2005 con Sonia Amoruso. Nel massimo del riserbo, lontano dai riflettori. Recentemente la famiglia si è allargata (auguri Alex!) con l’arrivo della seconda figlia, Dorotea, che fa compagnia al primogenito Tobias.
Tutto sempre sottovoce. Al più, un annuncio dell’ultimo momento, senza clamori, sul proprio sito internet.
Dal Presidente della Repubblica e dalla Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) è stato insignito del premio “credere nella ricerca”, per il suo continuo sostegno, come immagine ma anche in termini economici in senso stretto.
A favore della ricerca sul cancro e della ricerca contro la sclerosi laterale amiotrofica tante sono state e sono tutt’ora le iniziative di Del Piero.
Tornando in ambito calcistico, per i compagni è sempre stato un punto di riferimento.
E per i suoi allenatori? Con Lippi ha un rapporto speciale. Ancelotti lo ha sempre stimato moltissimo, e non ha mai nascosto che gli sarebbe piaciuto averlo nel Milan. Capello, che pure a volte sembrava umiliarlo (specie quando nel turn-over a partita in corsa sostituiva una delle punte titolari con Olivera, Zalayeta o Mutu, facendolo risedere in panchina dopo essersi scaldato…) ha dichiarato più volte che Del Piero è uno dei pochissimi veri leader da lui allenati in carriera.
Ranieri, appena giunto alla Juventus, dichiarò “Del Piero è il calcio” . Non so cosa dichiarerebbe ora, per carità. Ma il profilo di Del Piero, uomo e calciatore, mal si sposa con questo presunto e improvviso atto di egoismo e poca professionalità.
Con 260 reti all’attivo (scusa Alex, 261 con quella al Brescia) è il miglior marcatore in assoluto della Juventus.
Con 601 presenze è il giocatore in assoluto più presente con la maglia bianconera.
E’ il miglior marcatore in assoluto della Juventus nei campionati italiani (186 reti, pardon 187); e nelle competizioni Uefa per club (48); e nelle competizioni internazionali (50); e quello più presente nelle competizioni internazionali (115).
E con questi numeri vogliamo discutere del problema dei “senatori” e del suo impiego l’anno prossimo?
Io no.
Per carità, di rendita non è giusto vivere. E sono convinto che Alessandro Del Piero ami sé stesso, come è giusto che sia, e come del resto il suo ruolo e la sua classe richiedono.
Ma certamente ama la Juventus.
E’ verosimile che il prossimo anno il suo impiego vada dosato con intelligenza. Per lui in primis, oltrechè per la squadra. Un uomo intelligente come lui saprà capirlo. Un allenatore capace dovrebbe saperlo gestire. Una società forte e competente dovrebbe avere le capacità di accompagnarlo in questo percorso, che porterebbe straordinari frutti, non ne dubito, al giocatore stesso e alla squadra.
Nella stagione appena conclusa, non si può negare, spesso il suo impiego è sembrato eccessivo. Del Piero è stato decisivo fino a febbraio. O vogliamo dimenticare la standing ovation al Santiago Bernabeu? Poi, ma succede anche ai ventenni, il suo impiego è sembrato logorante. Per lui e per la squadra. Evidentemente nei tre fattori sopra, giocatore, allenatore e società, qualche alchimia è andata perduta. Forse tutte.
E allora ripartiamo.
Alex l’ha fatto tante volte, e lo farà ancora.
Se poi qualcuno vuole sbizzarrirsi a mettere sul bilancino quante prese di posizione contro farsopoli ha fatto apertamente in questi anni per giudicarlo, lo faccia. Se qualcuno vuole discutere il professionista nell’affaire Ranieri e ha certezze prego si accomodi. Se qualcuno vuole raccontare che è un giocatore finito (tanto lo dicono in molti da 9 anni, e i risultati sono quelli che ho scritto) ari-prego si accomodi.
Io questi 16 anni li ho tutti davanti agli occhi.
Li ho nel cuore.
Per questioni anagrafiche, Bettega, Scirea e Platini sono stati i miei primi amori.
Quando la Juve segna un goal sono felice. Ma da 16 anni, quando segna la Juve e segna Del Piero…ve lo devo spiegare o lo provate anche voi?
Caro Alex, sei e sarai leggenda. Smentisci i soliti stolti, e da par tuo prosegui con classe a scrivere queste ultime pagine che narrano le tue gesta.
Poi, forse, quella leggenda la sfoglierai da dietro una scrivania che rappresenta il popolo bianconero.
Ce lo auguriamo, in una società possibilmente restituita alla sua dignità, che negli ultimi tempi qualcuno sta seriamente minando.
Fallo per te, fallo per i criticoni.
In caso contrario, perdonami la sfacciataggine, fallo pure per me.
Perché siamo più o meno coetanei, ma io, ogni volta che ti vedo scendere in campo, torno ad essere felice come un bambino.
Quel bambino saltellante nella notte di Tokyo del 1985, quel ragazzone che si rotolava per terra con suo padre nel 3-2 alla Fiorentina, quell’uomo che urlava come un folle spaventando la moglie pochi mesi fa nella notte al Bernabeu sono facce della stessa medaglia. Un cuore che quando vede bianconero, e vede quel numero 10, non può fare a meno di avere un sussulto.

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