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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Attualità di P. CICCONOFRI del 12/02/2013 08:07:44
Calcioscommesse: scontificio, smontificio?

 

Il Tnas ha smontato passo per passo l’inchiesta e le sentenze della disciplinare e Corte di Giustizia Federale, riformando le condanne uscite dai primi due gradi di giudizio sportivo: su 63 casi ben 58 hanno subito una riduzione di pena per complessivi 345 mesi. Confermate solo 5 sentenze.
Un dato come questo deve o non deve essere oggetto di riflessione?

La scappatoia del TNAS per evitare cause di risarcimento danni da eventuali ricorsi al Tar è stata quella di riformare pene abnormi (parliamo di condanne a 3 anni o anche superiori) in squalifiche di pochi mesi, motivandole con una generica accusa di “slealtà sportiva” o “omessa denuncia”.
Il risultato è che molti atleti del calcio professionistico, dopo aver perso una stagione calcistica e le opportunità di mercato, si ritrovano, il giorno dopo la sentenza, a poter tornare in campo ma con la fedina sportiva macchiata. Tutto normale?

La cosa grave, che non suscita però il clamore della doppia multa inflitta a Balotelli per problemi con l’assicurazione della sua macchina, è che l’intero processo al calcioscommesse, così come affrontato dalla giustizia sportiva di Palazzi, è un fallimento sotto tutti i punti di vista.
Questo significa che i super pentiti come Carobbio, trattati quasi amichevolmente dalla Procura (“Pippo”) hanno usufruito di sconti di pena a fronte di una collaborazione priva di riscontri cui il TNAS ha dovuto porre rimedio. Non solo. I primi processi, tra cui quello che ha visto coinvolto Antonio Conte, hanno avuto un’eco, con relative prese di posizione dei principali media, che hanno portato a pene più severe, man mano attenuate secondo chi veniva giudicato.
Lo stesso avvocato Grassani, che ha seguito la vicenda legata al Napoli calcio, all’indomani dell’assoluzione del club partenopeo, ha affermato: "Conte adesso non verrebbe squalificato". "Il caso Napoli ridimensiona il ruolo dei collaboratori: non sono più creduti come la Bibbia. Per condannare occorrono prove, non pentiti spuntati come funghi all'ultimo minuto". Come si fa a rimanere credibili quando all’interno dello stesso scandalo sono prese decisioni così equidistanti?

Il danno oltre alla beffa è che pur in presenza di situazioni tanto assurde quando palesi, il tesserato coinvolto deve rinunciare a difendersi. Non può pretendere la parità di trattamento. Deve sottostare a regole imposte da un circolo sportivo, con tesi smentite dagli stessi tribunali amici, generando una chiara propensione a favore di qualcuno e a danno di altri. Non è questa giustizia, non è lotta al crimine organizzato, non è un processo a chi ha truffato, ma il solito escamotage per penalizzare il personaggio scomodo. Ed il personaggio da colpire era Antonio Conte accusato e condannato senza prove.

Non è nemmeno una fantasia, l’accanimento indirizzato, proprio perché genera situazioni che danneggiano l’immagine di chi ne è coinvolto. Basti pensare che qualche giorno fa il Times aveva associato un’immagine di Antonio Conte a un articolo sul calcioscommesse, ponendolo a simbolo dello scandalo. Proprio quell’allenatore finito nei guai per le sole parole di un pentito, oggi non più credibile, e condannato perché “non poteva non sapere”, senza uno straccio di prova a suo carico. Lo stesso che, ironia della sorte, non può nemmeno pretendere una rettifica della sua posizione, ingabbiato da quell’immagine che la giustizia sportiva gli ha voluto confezionare su misura. E i più maliziosi hanno osservato anche la tempista del quotidiano inglese, che ha pubblicato l’articolo proprio nei giorni che precedono il debutto in Champions League di Antonio Conte. Sarà un caso?

Ma a fronte di questo scandalo nello scandalo, qualcuno chiederà mai spiegazioni? Palazzi cosa può ancora garantire? La cosa assurda è che a cavallo con le elezioni delle massime cariche federali, tutti quelli che hanno in qualche modo spalleggiato questa gestione della giustizia sportiva, hanno finito per occupare nuovamente le stesse poltrone. Restaurazione pressoché totale condizionata dalle chiacchiere da bar, dalle confessioni di giocatori che forse solo per convenienza hanno deciso di millantare per essere meno sporchi, dai titoli dei principali quotidiani, dai commenti faziosi di giornalisti ultrà che a vario titolo popolano il palinsesto televisivo.

Molto probabilmente, la prestazione opaca di Pirlo con la maglia azzurra (vero Bucchioni?), le voci di un possibile addio di Conte alla Juventus per il Chelsea (vero Palombo?) e l’addio di Zeman che ha lasciato i suoi fedelissimi nella disperazione (vero De Paola?), saranno sicuramente notizie più meritevoli di occupare le prime pagine e le attenzioni dei commentatori televisivi e non.

Io non so per quale motivo, oltre ad un’offerta economica irrinunciabile, un qualsiasi professionista possa preferire il campionato italiano. E’ chiaro che non è tutelato l’atleta, il professionista; ed è chiaro che a un’amministrazione sportiva che da anni garantisce questa disparità di trattamento non può essere chiesto niente. Tantomeno di cambiare o migliorarsi.

Cosa fare quindi? Continuiamo ad accettare a testa bassa questo spettacolo o pensiamo di farci sentire? Perché qui non si tratta di capire se calciopoli sia esistita o no, se la Juventus può o no mettere la terza stella, o se Conte è colpevole di chissà cosa; oggi si deve denunciare un sistema inefficace e privo di etica, che scambia la giustizia per un atto di forza beandosi dell’ignoranza calcistica di chi vede il calcio solo come una “chiacchiera da bar”.

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