Qualche giorno fa un collega di questa redazione ci ha fatti interrogare sui bambini di calciopoli. Il senso di quell’articolo, mi perdonerà il collega se sintetizzo, era: sappiate meritarvi la Juve.
Se le giovani leve del tifo bianconero sono quelle che ho incontrato le due volte che quest’anno sono stato a vedere la Juve, i giovanotti sono meritevoli. Altroché se lo sono!
Uno dei timori che ci hanno assalito dopo calciopoli è stato quello di perdere le nuove generazioni, di non vedere più piccoli Del Piero che giocano nei parchi delle nostre città e di non leggere più “Forza Juve” che campeggia sugli zaini in autobus.
È vero che per la prima volta i nostri giovani hanno dovuto rintuzzare la stupida arroganza e la sciocca sicumera dei compagni di scuola che tifano “altro…”, ma è stato un momento e tale resterà. Le maglie taglia S di Ibrahimovic col numero otto, andranno presto in cantina, ricoperte dalla polvere della vergogna di certa specchiata onestà.
Chi tifa bianconero ha una marcia in più, ne ho avuto conferma quando nel viaggio verso Torino per l’ultima partita di Nedved, ho incontrato molti gobbi under 12.
Tra questi Giuseppe, che è partito dalle Marche alle tre del mattino e che, come mi racconta il padre, vive di Juve, gioisce per Nedved e Del Piero e quando la sua squadra del cuore perde non riesce a mangiare. Sulla via del ritorno, mentre sorpassiamo una comitiva nerazzurra, Giuseppe esibisce lo scudo con su stampigliato il numero 29. Ventinove, senza asterischi; capito presidente Cobolli?
Nel viaggio verso Torino a Giuseppe e alle altre mascotte si unisce Luca da Casteggio, in trasfera con i genitori e la sorellina. C’è più juventinità in questo bambino di dieci anni, che in John Elkan e in tutto il simpatico CdA juventino messi insieme. Non appena sale sul pullman Luca ci tiene a mostrare a tutti la maglia autografata “da Del Piero in persona!”.
Ma quanta bella gioventù bianconera!
Dopo pochi minuti, Luca infila la maglietta e chiede alla mamma: «ma voi tifate per Alex e Buffon?» e abbozza un’espressione del tipo “ma chi ve lo fa fare?”, «Che succede se urlo “forza int..”?». E così questa piccola peste ci ha canzonati per tutto il viaggio.
Che i piccoli tifosi della Signora abbiano un quid pluris me lo dimostra anche quella piccolina (quattro anni al massimo!), che all’interno dello stadio mi dà un urlo perché le ostruisco la visuale. «Signora che grinta sua figlia!».
Si torna a casa. Luca è ancora più orgoglioso della sua maglia firmata da Del Piero anche se gli scappa qualche “forza int…” di troppo. Quando il suo viaggio è ormai finito ci saluta e ci dice: «Oh, io scherzavo, “ForzaJuve” è la parola più bella del mondo!».
I bambini di calciopoli possono meritarsi la Juve, la amano ancora con la purezza della loro infantilità. Ché chi li guida nella vita di ogni giorno, insegni loro anche i precetti per difendersi da coloro che li apostroferanno come tifosi di una squadra che “ruvvava” e che è andata in serie B.
Si insegni loro che il comune sentire popolare non è il giusto metro di giudizio di colpe solo immaginate, ma il delirio di un’estate senza freni inibitori.
Di bambini con le maglie della Juve indosso per fortuna se ne vedono ancora molti, la sentono come una pelle sotto la pelle. Perché essere juventini è un moto dell’anima che non si esaurisce nel campetto dove si gioca o allo stadio quando si va a vedere la partita.
Dopotutto molti di noi, sebbene abbiano passato da tempo l’età della fanciullezza, indossano ancora la prima maglia a strisce bianconere ricevuta da bambini. Una maglia, che a dispetto di tutto e di tutti, è ancor senza macchie e senza infamie.
I bambini di calciopoliCommenta l'articolo sul nostro forum!