“ Questi ragazzi, oltre ad essere oramai professionisti attaccati alla maglia, sono i primi tifosi della squadra. Arrivati alla scuola calcio a 10 anni, si può dire che tutta la loro vita è trascorsa alla Juve. Mi è capitato di vedere Giovinco assistere a partite delle giovanili come un semplice appassionato, per il piacere di stare nell'ambiente. Questa dirigenza che dice di puntare sui giovani del nostro vivaio in realtà in due anni ha perso Criscito, Palladino, Lanzafame, Paolucci, Cuneaz, Venitucci, Bianco, Maniero.
De Ceglie rischiamo di perderlo e Giovinco si è salvato per la mobilitazione dei tifosi. Non tutti avrebbero avuto le capacità per giocare in prima squadra, ma almeno si potevano vendere un po' meglio.
Posso raccontarvi anche di Marchisio, che quando è stato infortunato è venuto alle partite della Primavera ed una volta addirittura con la moglie e di recente ha acquistato una casa ancora più vicina ai campi di allenamento così da evitare di fare troppa strada. Altro che Udine! ”
Stiamo parlando di Giovinco, di De Ceglie e di Marchisio, che hanno esordito con la prima squadra della Juventus approdando direttamente dalle giovanili dopo un’esperienza in squadre minori della massima serie per “farsi le ossa”.
Sono giovani, il loro talento, più o meno acclarato, è in evidenza e con il calcio mercato è uscito fuori anche il loro carattere.
Vogliono la Juventus, vogliono dimostrare di meritarsi questa maglia, vogliono rimanere a Torino e rifiutano categoricamente il trasferimento in altre squadre. C’è ancora speranza, c’è ancora la voglia di Juventus!
Il calciomercato è entrato nel vivo, si parla di “cessioni”e di “nuovi arrivi”, si accavallano nomi e si avvicendano campioni, tutti più o meno freddamente.
Si calcola il valore e si dimentica la maglia, mercenari al servizio della squadra che offre il contratto più vantaggioso.
Dichiarazioni di comodo accompagno gli arrivi, qualche ruggine gli addii.
Succede che, forse troppo pieni di soldi e del proprio ego, i big lascino un po' desiderare e perdano nelle clausole contrattuali anche il loro appeal di uomini di sport.
Eppure, c’è sempre l’eccezione. Un caso emblematico è Pavel Nedved.
Anche il suo nome è finito nel calderone degli svincolati, dopo l’addio alla Juventus.
Un vero campione, un serio professionista: abnegazione al lavoro, mai un passo indietro nel momento del bisogno. La sua ultima partita a Torino, in uno stadio tutto per lui, che lo ha salutato in modo caloroso, così come un campione merita.
Poche parole hanno accompagnato la sua uscita: un ringraziamento alla famiglia Agnelli nel suo comunicato ufficiale, un saluto al pubblico allo stadio - “mi troverete in questo stadio a tifare per questa grande squadra” -, con la sua ultima corsa intorno al rettangolo verde, ad abbracciare tutti quelli che non smettevano di battere le mani con quelle lacrime di commozione che hanno condiviso le sue emozioni.
Si cercano pillole di Juventinità anche in semplici dichiarazioni. Piccole dosi di “stile Juventus”, e non perché qualcuno lo ha catalogato come “atteggiamento atto ad essere definito tale”, ma perché arriva direttamente al cuore ed è quasi un’indigestione in tempi di magra come quelli di oggi.
Piccoli episodi che fanno ancora sperare! Ci raccontava, qualche tempo, fa il nostro amico Morrison: “Un acerbo e sconosciuto Claudio Marchisio a fine partita si batte il petto e bacia la maglia venendo a salutarci. Pensi, c'è ancora Juve sotto le ceneri”.
Piccole dosi di juventinità, anche quelle di Alex54, un amico del forum con il quale ho scambiato qualche messaggio e a cui ho preso in prestito le dichiarazioni di apertura.
Sì, c’è ancora Juventus, ci siamo ancora noi che possiamo viverla anche nelle sue piccole sfumature. Non siamo macchine, abbiamo un cuore.
Oggi, sono sempre meno quelli che si fermano a riflettere su questo fondamentale aspetto.
La maggior parte ha perso il contatto: questa è la rovina dello sport e di tutto il resto.
Non ci pensano affatto, condizionati come sono da business calcistici più o meno immaginari, spettacolo o semplicemente calciomercato.
La passione per la squadra del cuore e i relativi valori di attaccamento alla sua maglia sono volutamente desensibilizzati, ghettizzati come un fatto triviale, ritenuti obsoleti.
Se invece si fosse veramente lungimiranti, si capirebbe che il CUORE del problema sta proprio qui, nel CUORE.
In questo desiderio di ripartire dalla maglia e dalla passione dei giovani, ci vedo il desiderio di tornare ai valori autentici dello sport.
Una peculiarità che rende il bianconero immortale.
Quella divisa non è fatta per morire, ma per vivere per sempre. E' un suo diritto sacrosanto!
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