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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Editoriale di G. GALAZZO del 26/06/2009 07:52:48
Che vinca il meno peggio

 

Lo abbiamo detto e ripetuto più volte durante gli ultimi anni; lo abbiamo scritto in diverse occasioni anche quest'anno.
Il nuovo corso del calcio italiano è definitivamente fallito ed il livello di difficoltà, di bellezza e attrattiva è decaduto ai minimi livelli.
Ormai se ne sono accorti anche i registi e gli attori di questo depauperato spettacolo che sarebbe dovuto rinascere dalle cenere della farsa creata ad arte per distruggere quella Juventus inarrivabile per forza, idee e bilanci in ordine.
I demiurghi di quel golpe hanno vissuto, dal luglio 2006 (Italia campione del mondo) sino ad oggi, dietro il paravento di quella vittoria, tirata in ballo ogni qualvolta si sono volute mascherare le crepe del calcio italiano, dentro e fuori i confini nazionali: “Siamo pur sempre i campioni del mondo in carica”.

“La vittoria al mondiale ci darà forza e stimoli per uscire da calciopoli e creare un mondo del calcio più equilibrato, forte e pulito, un esempio da seguire per tutte le federazioni”. Questo, in sintesi, era il commento ripetuto più volte dall’allora ministro dello sport e avvallato da presidente del Coni, Figc e Lega.
Tanto forte, pulito, equilibrato e considerato che gli europei del 2012 sono stati assegnati a Polonia e Ucraina, che non mi risultano essere delle superpotenze calcistiche.
Non c'è che dire: veggenti no, abbiamo a che fare certamente con fattucchieri, per i quali non ci resta che ricordare le tappe di avvicinamento alla catastrofe finale.
Dal 2006 ad oggi, l'inter...esse del campionato italiano è pari a quello di un torneo arci di bocce, nonostante gli sforzi inutili profusi da stampa e media per rivitalizzare il moribondo. Basti pensare che gli ultimi grandi giocatori di prospettiva arrivati in Italia rimangono Kakà (adios!) e Ibraimovic e che Del Piero, Totti e Maldini (per fare qualche esempio) non paiono trovare eredi degni della loro fama.
Scappano via i fuoriclasse e vengono sostituiti da cavalli di ritorno (Cannavaro) o da giocatori sul viale del tramonto (Beckham e Ronaldinho in primis), mentre ci si lascia scappare per una decina di milioni di euro un talento come Rossi a discapito dell’acquisto di un normale centrocampista straniero (Poulsen), pagato la stessa cifra con un ingaggio improponibile che lo rende un prigioniero dorato.
Né, nonostante i proclami e le aspettative della scorsa estate, si può affermare che lo sbarco in Italia di Mourinho abbia smosso le coscienze. Il coro unanime (e un pò ipocrita?) al suo arrivo era: “Il guru di Setubal porterà una ventata di innovazione nel calcio italiano i cui benefici saranno fruibili da tutti, sarà il biglietto giusto per richiamare in Italia i grandi nomi del calcio internazionale”, e via con i sogni di gloria.
Ottimismo che si è rivelato quanto meno fuori luogo e fuori logica, visto che i paventati arrivi di Lampard, Drogba e mezzo Chelsea, apparentemente smaniosi di riabbracciare il loro maestro, si sono dimostrati autentici bluff, mentre ci ricordiamo a mala pena le geniali trivelle di Quaresma, il sorriso in panchina di Ronaldhino e il girovagare assente del biondo Poulsen.
Bluff confermato anche per le novita’ tattiche: taccuini (Moleskine fa molto chic), penne e lavagnette hanno lasciato spazio ad un calcio di una semplicità oratoriale: palla lunga e ci pensa Ibra, “simply the best”.
Che dire poi degli stessi calciatori che, appena indossati gli scarpini in ritiro, respiravano immediatamente entusiasti l’aria nuova? Che dire dello stesso Mou, il quale, più che un allenatore, avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di profeta, educatore di tutto il movimento?
Basta poco a spazzar via il concetto: Maicon e Ibraimovic si sono messi sul mercato in attesa della buona novella dalla Spagna. Il primo, dal ritiro della nazionale brasiliana, fa sapere che ”pensa solo al Brasile”. Lo svedese, prima di partire per le vacanze, ha ammesso di “amare il calcio del Barca”: siamo pronti a scommettere che potrebbe aggiungere che il suo sogno è il Real o che ha voglia di migliorare l’inglese. Certo è che se, come dicono entrambi, vogliono la Champions... è meglio per loro migrare.
Mourinho stesso, sino a che non è stato smentito dalla presidenza del Real, si era palesemente offerto per sedersi sull’ambita panchina di Madrid, dopo appena un anno di lezioni in Italia: tutti a far compagnia a Kaka, o magari ad Ancellotti. Basta fare l’offerta o dare in cambio un ex campione da rottamare.
E ci si ostina a definire fuoriclasse buoni giocatori quali Di Natale e Quagliarella, piuttosto che Montolivo e Pazzini, tanto per citarne alcuni. Però “siamo pur sempre campioni del mondo”! Già, ma agli Europei dell’estate scorsa l’Italia è stata una meteora; in Champions League le squadre italiane hanno visto i quarti di finale comodamente sedute su un divano; la Confederation Cup ha immediatamente perso valore non appena l'Egitto ha battuto gli azzurri e il Brasile li ha umiliati.
A forza di spar(l)are, prima o poi, qualche giusto concetto viene fuori: le parole di Buffon, in una recente intervista alla stampa, suonano come un monito ad individuare una buona ricetta. Per il portiere di Juve e Nazionale, la via d’uscite è quella di ”imitare il Barcellona, perché attinge i ragazzi da un settore giovanile straordinario e li mette in condizione di giocare in prima squadra. Dobbiamo tornare a questa formula, però appoggiando i giovani fino in fondo e non mandandoli allo sbaraglio“.
Parole sante, caro Gigi! Peccato però che per ora il modello Barcellona venga copiato solo per affidare le panchine a giovani allenatori, ex calciatori affermati nella stessa squadra di club, ma si rischi di dilapidare, in casa Juventus, il patrimonio di giovani promettenti già radicalmente inseriti in rosa, in cambio di un buon giocatore che non è un fuoriclasse.
Lo stesso Buffon ha candidamente anche ammesso che il fatto che la Juventus si stia rinforzando ”è un bene per noi e per il calcio, ma se la Juve dovesse vincere perché le altre si sono indebolite sarebbe negativo per tutti”.
Come non dargli ragione: è un campionato minore e finalmente lo si è capito e lo ha capito anche Lippi. “La serie A si sta impoverendo; leggere ogni giorno che Kakà va via, che Pirlo è cedibile, che Maicon vuole andare, dà una sensazione d'impoverimento. Se poi si aggiunge che la Nazionale italiana in questo momento non dà una bella immagine... Nel calcio si passa anche attraverso ridimensionamenti”.
Perfetto, bingo! Peccato che ci sia ancora chi afferma che ora può vincere, visto che non c’è più chi glielo impediva. Già, grazie a programmazione e capacità, contro improvvisazione e ridimensionamento.
Ci ha guadagnato il calcio italiano, perché, in fondo, siamo ancora campioni del mondo...
 
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