«Abbiamo trasformato una tragedia sportiva in un'opportunità». Cancellando la parola ‘sportiva’ dalla frase, questa dichiarazione potrebbe indubbiamente essere attribuita a qualche leader politico, analogamente allo spot-tormentone del recente G8 dell’Aquila (ma lì la tragedia era autentica): la crisi economica ci darà l’opportunità di porre le basi per un mondo migliore.
Le parole, quando si trasformano in iperboli, hanno lo scopo di
celebrare chi le dice e l’intenzione di celare la realtà, come la polvere nascosta sotto il letto.
Quelle proferite dall’AD Blanc poco prima dell’inizio del ritiro estivo lo confermano, perché ‘tragedia’, nell’uso comune, evoca un evento doloroso, distruttivo, lacerante, tendenzialmente imprevedibile o inevitabile. Tutti siamo d'accordo sull’imprevedibilità del fatto, molto meno sulla sua inevitabilità:
la società Juventus si è forse difesa? Agli atti non risulta. Saremo forse permalosi, ma accostare tragedia sportiva ad opportunità ci pare un’uscita offensiva, l’ennesimo fuori strada a cui mai ci abitueremo, anche perché, a dirla tutta, non è che tutto quel pavoneggiante orgoglio sia giustificato! La volontà di “diventare un club ricco, ma non sulle spalle dell'azionista” sarebbe un’intenzione più che raccomandabile, ma non una novità: non a caso, la Società Juventus è sopravvissuta alla tragedia sportiva soprattutto grazie alla
precedente gestione, che creava ricchezza e successi senza minimamente incidere sull’azionista e ha consentito, con il
patrimonio calcistico rimasto in dote, di ottenere minime soddisfazioni acclamate come nuovi successi o addirittura un nuovo ‘progetto’.
L’orgoglio e l’opportunità hanno forse una minima giustificazione, sotto l'aspetto puramente calcistico, visto che Diego e Melo paiono due innesti di elevato valore tecnico, ma per il nuovo corso c’è molto meno da vantarsi, se la valutazione è prettamente economica, dal momento che in tal caso il principio dell’autogestione finanziaria parrebbe definitivamente morto e sepolto ancor prima di essere annunciato: 50 milioni per due calciatori senza alcun rientro per altrettante cessioni sono evento raro nella storia recente della Juventus ed un segno evidente che l'azionista qualche pesuccio sulle spalle se lo sia sobbarcato. Né si può far conto delle plusvalenze, visto che Tiago, Almiron e Poulsen, partoriti dal primo e secondo ‘progetto’, potranno essere ceduti solo in saldo, sempre che accettino (cosa che appare difficile) decurtazioni al lauto ingaggio.
L’opportunità, che per molti è una sola, ha concesso a Blanc & Co più di un'occasione, colta al volo anche per
ferire l'orgoglio del tifoso. Nella casella degli acquisti, continua a mancare quell’elemento che vorremmo firmasse un contratto a vita:
‘juventinità’ è il suo nome e non ha prezzo!
Blanc, “di’ qualcosa di Juventino!”, forse è un appello senza speranza, urlato a chi non ha mai rivendicato l'autenticità dei 29 scudetti, non ha mai capito l'autentico dolore di chi ha subito l'oltraggio della B. È impresa ardua pretenderlo da chi ha una tale considerazione di sè da farci sorgere il dubbio che, se solo glielo concedessero, il nome del nuovo stadio potrebbe essere “Blanc... staccato, staccato... & Noir”.
Il calcio è sì marketing, ma anche
passione e rispetto: oltre la Cina e l’India, dove bisogna saper “vendere le proprie magliette” (occhio ai falsi, però, che non portano guadagni!), è fondamentale lo spirito di appartenenza, per il quale non è sufficiente dichiarare l’unità d’intenti e obbiettivi, perché l’appartenenza va a braccetto con la considerazione di chi ama e soffre per quella maglia.
È cosi difficile capirlo anche per chi è neofita nel mondo del calcio? È forse opportuno concedere un’altra opportunità?
Non credo, non credo proprio: con un “addio e grazie”, è stato liquidato Pavel Nedved, cogliendo - e ci risiamo! - l’opportunità di ferire ulteriormente la “gente bianconera”, a cui mancherebbe solo l’onta di vederlo con un'altra maglia.
«Abbiamo trasformato una tragedia sportiva in un'opportunità». E viene in mente Fabrizio De Andre’: «Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascon i fiori», che è autentica poesia, ma il rischio di soffocare nel troppo letame non è sorte piacevole, pure se si canta “Melo Die..go”.
Se è vero che nella tragedia greca l’attore protagonista, nel rievocare eventi nefasti, poteva essere vittima di lanci di frutta ed ortaggi da parte del pubblico, allora possiamo sperare che la storia possa anche ripetersi!
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