Trofino e Prioreschi non ce l’hanno fatta nemmeno questa volta. Pezzo per pezzo hanno smontato calciopoli, ma non sono riusciti a restituire a Luciano Moggi la sua dignità.
All’ex Direttore Sportivo della Juventus diciamo grazie, per essersi assunto l’onore e l’onere di difendere insieme con la sua persona la dignità della nostra storia, che ci appartiene perché è la storia della Juventus. Abbiamo molto combattuto, con tutto quello che avevamo, perché calciopoli avesse un finale diverso. Avremmo voluto che la Juventus avesse una parte più attiva in questa lotta. Ma sappiamo che non ci fermeremo qui, perché la memoria dei fatti che hanno attraversato non solo la Juventus, ma le nostre vite tutte, rimanga viva e l’epilogo odierno non debba essere definitivo.
La sentenza non ci è favorevole.
Nonostante calciopoli sia stata un’invenzione, come ha affermato l’avvocato Trofino nella sua arringa difensiva riguardo all’accusa di associazione a delinquere della quale doveva rispondere Moggi. Nonostante l’associazione non ci fosse. Il processo di calciopoli è stato un processo indiziario, nel quale la prova avrebbe dovuto essere logica. E’ sempre mancato il proiettile, persino la vittima, poiché la Juventus era la squadra più forte del campionato e la cupola, ha ironizzato l’avvocato, non avrebbe comunque recato danno a nessuno nonostante tante squadre senza gloria e quasi sempre di categoria cadetta ci abbiano provato a chiedere un risarcimento alla società bianconera.
Le 3 sentenze che hanno preceduto quella di appello odierno (primo grado di Napoli e primo e secondo grado del breve) sono state basate sui 3 momenti , le potenziali armi del delitto, attraverso i quali si sarebbero formate le prove del processo: le riunioni dei sodali, le schede straniere, le intercettazioni. Trofino le ha smontate un’altra volta.
La sentenza è negativa nonostante le riunioni non fossero finalizzate all’organizzazione della cupola. Uno dopo l’altro i sodali sono venuti meno nel conto delle loro responsabilità di fronte alla giustizia. Oltre a Mazzini e a Pairetto, per il quale non gravano telefonate, Lanese, che in qualità di presidente dell’AIA cercava per l’Associazione degli arbitri un ruolo attivo in seno alla Federazione, ma di fatto non aveva controllo sui designatori.
Nonostante le cene fossero di dominio pubblico. Non avvenivano in luoghi e con intenzioni segrete, ma a casa dei designatori o dei dirigenti Juventini. L’antologia completa delle intercettazioni tra Bergamo e la Fazi, se si potessero ascoltare, come è stato sempre impedito di fare nel corso dei processi, rivela che non c’è nessuna associazione guidata da Moggi. Bergamo chiedeva il permesso di invitare un altro sodale, Mazzini. Addirittura l’incontro di Colle Salvetti avvenne il 21 Maggio 2005, con la Juve che aveva già vinto il campionato, sebbene di Auricchio manifestasse non poche reticenze ad ammetterlo.
Nonostante le schede svizzere servissero a Moggi per difendersi da Meani e Tavaroli. Esiste una storia giudiziaria che ha testimoniato anche con il caso di Vieri dell’attività di spionaggio illegale della Telecom riconducibile all’Inter. Tavaroli, secondo quanto ebbe a dichiarare alla Stampa nel 2006 Moratti, era quel qualcuno che si era offerto di spiare la Juventus e redigere il “Dossier ladroni” per conto di chi ha pensato bene di andare contro tutte le leggi per i propri scopi. L’ex capo della security di Telecom e Meani hanno rappresentato il parafulmine per Inter e Milan, dal momento che l’altra minaccia che incombeva con il suo strapotere sulla Juventus era Mediaset. Trofino si giocherebbe la toga che nelle 171.000 intercettazioni di calciopoli, che ci vorrebbero 3 anni e 9 mesi per leggerle tutte, mentre la Juventus è stata retrocessa dal un processo sportivo di stampo inquisitorio in un paio di settimane, non ce n’è una sola imperniata sul calciomercato, nonostante fosse l’interesse principale di Moggi. L’ex DS bianconero era stato chiamato alla Juventus per risanare un deficit di 70 miliardi di vecchie lire e di fatto ha contribuito a farla vincere regolando in positivo i suoi bilanci senza gonfiarli, come ci ha dimostrato grazie a calciopoli un processo che si è svolto a Torino e nel quale era coinvolta la Triade tutta, uscita pulita perché il fatto non sussiste. Altri non possano dire altrettanto. Moggi doveva difendersi dai telefoni posti sotto controllo abusivamente che facevano sì che quando si interessava a un calciatore altri cercassero di soffiarglielo e ha creduto di poterlo fare acquistando con i soldi messi in bilancio dalla società bianconera alla voce gadget le sim svizzere: un modo veramente ingenuo di secretare attività legate a un organizzazione a delinquere.
La sentenza è negativa nonostante il PG abbia rinunciato a controbattere alle argomentazioni dei legali di Moggi, ma Prioreschi abbia voluto riprendere la parola, perché non si finisce mai di spulciare la marea di intercettazioni delle quali anche Narducci ebbe a dire a suo tempo che bisognava leggerle tutte per capire. Oggi che i contenuti di quelle intercettazioni, contrariamente al silenzio delle sim svizzere, sono stati opportunamente svelati, si è palesata una realtà assai diversa da quella rielaborata dall’accusa. Si è scoperto che tutti parlavano coi designatori e con gli arbitri. Che Meani impartiva consigli e ordini, anche a De Santis, che era tanto sodale della cupola, che non avrebbe dovuto ammonire i giocatori del Milan contro la Fiorentina perché poi, già diffidati, si sarebbero trovati squalificati contro la Juve. Graze a Trofino, Prioreschi, Penta, oggi sappiamo che Carraro imponeva a Bergamo “l’estorsione” che doveva obbligarlo a favorire chi stava dietro (l’Inter a discapito della Juve) e a Racalbuto di temere la designazione in Roma Juve. Per l’occultamento di quest’ultima intercettazione, che scagiona l’arbitro tanto per il capo di accusa relativo a quella partita, quanto dall’associazione, il responsabile dovrebbe essere punito severamente.
L’ultima scena di di calciopoli ci ha regalato il siparietto di Bergamo e Pairetto che conversando il 6 maggio 2005 ammettono candidamente di aver fatto il loro dovere e che della Juve a loro non gliene fregava niente, sia che a vincere fosse la squadra bianconera, che quella avversaria.
Nonostante questo, l’incubo non è finito. Sarebbe agghiacciante, come direbbe Conte, che a Cremona ne iniziasse un altro. Commenta l'articolo sul nostro forum
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