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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Editoriale di G. FIORITO del 03/01/2014 13:47:45
Quando giocano… Trezeguet e...

 

Le immagini diffuse dal sito ufficiale della Juventus della visita del campione franco-argentino a Vinovo hanno scritto un’altra pagina di una storia infinita che appassionatamente e indissolubilmente ci lega alla Juventus nel segno di un grande amore. Il campione al quale i tifosi continuano a tributare il coro “quando gioca segna sempre Trezeguet”, ha costituito con Alessandro Del Piero una delle coppie d’attacco più amate e prolifiche di gol dell’universo bianconero e reca nella propria biografia non solo il segno di tante vittorie, ma anche il tatuaggio della serie cadetta, avendo vestito la maglia della Juve pure in serie B. Buffon, Camoranesi, Nedved, Del Piero, Trezeguet forse non sono superiori a calciatori del calibro di Platini, Zoff, Scirea, Sivori e ai tanti altri che ancora infiammano la dimensione meramente calcistica del tifo, ma sono nella nostra memoria con un’esperienza che ha fatto la differenza. Avendo alimentato il senso che, più o meno consapevolmente, credo, oggi attribuiamo alla nostra juventinità intesa come appartenenza a un’idea e a un’emozione.
Nel mio immaginario calciopoli si connette strettamente nel segno della “passione” (nel suo significato greco originario di sofferenza, intrinseca all’amore) con l’altro episodio doloroso che come “juventini” abbiamo vissuto nell’arco degli ultimi trent’anni, che costituiscono la fase di maturità della mia generazione. L’Heysel e i suoi 39 angeli, scomparsi in una notte di follia, quando si scatenarono contemporaneamente due mostri dal volto disumano incarnati nell’orda di hooligans che aggredirono degli inermi tifosi bianconeri e nell’inefficiente struttura organizzativa dei vertici sportivi europei e delle autorità di Bruxelles, che fecero giocare la finale della Coppa dei Campioni in uno stadio fatiscente e con mezzi poco idonei e insufficienti al controllo dell’ordine pubblico e alla tutela dell’integrità fisica di coloro avrebbero voluto solo assistere a un evento sportivo.
Le 39 vittime dell’Heysel e la lunga squalifica inflitta al Liverpool e ai suoi tifosi hanno cambiato il corso della storia del calcio, privandolo per tanti anni di una protagonista di spicco e il modo di gestire il tifo ultrà, con il quale in Inghilterra hanno deciso di fare i conti per davvero.
In Italia no. La notte di Capodanno che ci ha introdotto nel 2014 ha registrato non solo la solita sequenza di incidenti legati ai botti, ma un episodio che testimonia la viltà e lo squallore di individui portatori di un disagio che non può dirsi esclusivamente di matrice sportiva (Link). Perché, mentre l’umanità si incontra nelle case, nei locali e nelle piazze di tutto il mondo per venirsi incontro e insieme andare incontro a un nuovo anno ricco di propositi che accendono la speranza nel cuore alla luce dei fuochi artificiali, un manipolo di incoscienti che hanno rinnegato il sangue rinascimentale che ancora dovrebbe scorrere nelle loro vene, si ritrovi a sfogare le proprie frustrazioni contro la sede di un club juventino e firmi l'incivile impresa nel segno dell’oltraggio a 39 vittime innocenti, tra i quali anche bambini, è difficile da accettare almeno quanto lo è da spiegare.
La questione dovrebbe aprire un dibattito serio e andrebbe analizzata dagli esperti legislatori della giustizia sportiva e ordinaria, dagli inquirenti e dai sociologi tenendo conto di tutte le sue implicazioni. Partendo da un disagio che indubbiamente è sociale ed è legato alla crisi economica e di valori nella quale il paese langue, ma puntando i riflettori anche su un dato angoscioso che fa spesso acuire gli episodi di violenza quando sono diretti contro l’universo bianconero.
Se c’è una tifoseria che negli ultimi otto anni avrebbe avuto un alibi e tutte le attenuanti per dare libero sfogo ai suoi peggiori istinti è quella bianconera, avvilita e umiliata in serie B e dovunque. Spesso e volentieri proprio dagli insulti di chi con la testa sotto la sabbia si è esaltato per aver falsificato passaporti e bilanci, spiato la concorrenza e vestito un pezzo di cartone senza gloria rubato a tavolino. Noi non ci raccontiamo favole. Anche tra i tifosi bianconeri, che sono solo in Italia si dice tra i 12 e i 14 milioni, si annidano frange di estremisti che fanno commercio del nome della Juventus con gli stessi sistemi usati dagli esponenti in negativo del mondo ultrà riconducibili ad altri colori. Ma non si sono viste bruciare le sedi dei club avversari, né striscioni che siano andati oltre la deprecabile usanza di discriminare secondo la razza e il territorio. Si vede ogni benedetta domenica invece il vilipendio e l’oltraggio contro i morti della famiglia Agnelli e dell’Heysel o, nel meno peggiore dei casi, contro il tentativo disperato e per fortuna mancato di un altro grande e mite campione di negarsi la vita.
Un odio che nasce dal carattere vincente della Juventus e dalla sua ferrea volontà di trovare in sé stessa il coraggio e la forza di continuamente affermarsi. Sorretta da un mito che ha dato tanto allo sport italiano anche con i colori della nazionale e della Ferrari. E che nostro malgrado la tragedia dell’Heysel e calciopoli hanno fatto maturare ed esprimere nei modi che sono stati spesso definiti da ultrà da tastiera, circoscrivendo forse frettolosamente il fenomeno che ha visto coagularsi intorno ai blog di matrice juventina la nostra passione, attraverso non solo lo scambio di idee e opinioni, ma una creatività sia della scrittura, che ludica e dell’immagine.
Fiore all’occhiello di questo movimento, che potremmo quasi azzardarci a definire culturale, che tante volte ha ripudiato l’odio e la violenza è Domenico Laudadio, il quale da sempre si spende per i valori dello sport e della memoria. La sua ultima iniziativa, “Settanta angeli in un unico cielo, Heysel e Superga tragedie sorelle” (Link), è di grande impatto emotivo e pedagogico, accomunando in un unico evento la passione granata del Torino scomparso a Superga e bianconera dei 39 Angeli dell’Heysel. Una lezione di vita e di impegno sociale che riempie ancora una volta di stile le pagine della storia di un grande amore. La nostra storia. Che ogni giorno ci vede crescere e raggiungere nuovi traguardi insieme alla Juventus.

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