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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Editoriale di M. VIGHI del 14/08/2009 13:04:09
I Gregari del potere

 

“Abbiamo cercato di interpretare un sentimento popolare…”. Chi di noi juventini non ricorda queste parole? A pronunciarle era Mario Serio, che con esse condannava la Juventus ed i suoi dirigenti, in assenza di illecito sportivo, sulla base del comune sentire.
Un comune sentire che di fatto, come logicamente sempre avviene, aveva avuto negli organi di informazione il suo più efficace veicolo.
D’altronde quando si tratta di prendere decisioni di pubblico dominio che interrompono una situazione in essere che si protrae da molto tempo, il consenso della maggioranza è pressoché condicio sine qua non.

Dopo 12 anni di vittorie e bilanci in ordine quasi sempre attraverso l’autofinanziamento derivante dalla sola gestione sportiva, se la proprietà della Juventus avesse voluto interrompere la collaborazione con il proprio management di valore indiscusso, come avrebbe potuto avere il beneplacito dei suoi tifosi o anche solo dei suoi azionisti?
Il 7 maggio 2006 John Elkann pronunciava la famigerata frase: “Siamo vicini alla squadra ed all’allenatore”, e alla domanda relativa alle indiscrezioni sull’inchiesta che stava per diventare famosa come Calciopoli, rispondeva con un significativo “ci saranno le sedi opportune” , scegliendo così di non spendere una parola in difesa della triade. Una triade verso la quale nessuna sentenza era stata ancora pronunciata, bensì solo aperta una inchiesta.
Eppure nello stesso anno vi era una inchiesta in corso su Gabetti in merito alle equity swap, e anche in quel caso, sotto le vesti dell’erede dell’impero Agnelli, l’ingegnere Elkann aveva dovuto esprimersi: optò però in quell’occasione per esprimersi in direzione di una totale approvazione e fiducia verso il lavoro dell’attuale presidente della Giovanni Agnelli e C. Sapa. Il quale, nota a margine (ma mica troppo), per detta operazione alla fine fu condannato.
In questo editoriale non si ha nessuna intenzione di trarre conclusioni, ma si invita a riflettere su come i mezzi di informazione risultino, inequivocabilmente e a prescinderne dalle ragioni, gregari superlativi a sostegno della volata conclusiva nella quale la decisione presa, di rilevanza di pubblico dominio, risulti sempre alla fine essere sostenuta con il consenso popolare.
Salvo qualche sparuta voce fuori dal coro, ad esempio Salvatore Bragantini dalle colonne di La Voce, la liceità della operazione di Gabetti è stata raramente contestata, e la gente comune ha continuato a provare un senso di timore riverenziale verso un manager di altissimo livello da sempre annoverato tra gli uomini di più stretta fiducia (se non in senso assoluto addirittura) dell’avvocato Gianni Agnelli. Né oggi, a condanna avvenuta, lo scenario pare mutato.
Al contrario, Luciano Moggi oggi è il novello Pacciani dell’Italia, e già tale era ritenuto il 7 maggio 2006 quando, ancora lontani dalle sentenze della (in)giustizia sportiva, per non parlare da quelle della giustizia ordinaria, il Direttore della Juventus era già stato condannato da tutti i media.
La volata per mezzo della quale John Elkann aveva potuto esprimersi scaricando la triade e potendo già contare su un forte consenso popolare, anche di larga parte del popolo bianconero, era stata magistralmente tirata, tra gli altri, dal quotidiano sportivo poco pulito, rosa, dal Corsera (entrambi del gruppo Rcs, nel cui cda giova ricordare siedono sia John Elkann sia Franzo Grande Stevens) e dal quotidiano di famiglia La Stampa (presidente John Elkann).
Una volata perfetta, cominciata con lo stupore e il disappunto per un ipotetico clima mefitico inquinato da atteggiamenti poco virtuosi di quella stessa triade oggetto dell’indagine sul doping (Toti, Corsera del 30 aprile, e pazienza se da quella inchiesta eravamo usciti puliti), proseguita dalla rosea, approvata dal quotidiano di famiglia la Stampa attraverso gli editoriali di Beccantini anch’egli richiedente di un colpo di spugna (“Carraro: giustizia subito!, 2 maggio), e al suo culmine con l’assist perfetto (per strana coincidenza proprio il giorno precedente le parole di John Elkann, rosea, 6 maggio), con il titolone “Terremoto Moggi” e il richiamo al codice etico della Fiat, che John non poteva e non doveva ignorare (e pazienza se l’inchiesta era appena partita, e ancora nessuna responsabilità vera o presunta passata in giudicato).

Dalle colonne di Tuttosport Padovan sembrava in realtà discostarsi dal giustizialismo supremo e dal richiamo di tutti i suoi colleghi al colpo di spugna alla dirigenza. E alla “democrazia del lettore” avrebbe forse giovato potersi confrontare anche una voce fuori dal coro, ma caso volle che Padovan la stessa estate lasciasse il posto a De Paola come nuovo condottiero del quotidiano sportivo vicino alla Juventus. Proprio quel De Paola fino al giorno prima vice-direttore del giornale più inquisitore nei confronti della nostra Juventus, quello dai titoli: “Juve, non così!”.
Così, casualmente oppure no, la nuova linea editoriale divenne quella di andare oltre calciopoli, concentrarsi sulla rinascita, e lasciarsi alle spalle il passato. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdiamoci o’ passato.

La Juventus, intanto, l’anno dopo ritornava in serie A. Era ancora la squadra di Del Piero, Buffon, Camoranesi e Nedved. Ma dal nuovo tecnico Ranieri e dai quotidiani nazionali la parola d’ordine sembrava “accontentarsi”, poiché i bianconeri, in fondo, erano una “neopromossa” (?).

Passa la nottata, ma il tifoso della Goeba, abituato a vincere, comincia a spazientirsi. Tuttosport lo capisce e comincia a punzecchiare l’orgoglio del tifoso anche attraverso qualche richiamo alla dirigenza, come dimostrato dal titolone in prima pagina seguito all’acquisto di un modesto mediano danese anziché di un regista come presupposto dai sostenitori juventini: “Purtroppo Poulsen” (8 luglio 2008).
Il campionato 2008-2009 inizia bene per sole 4 partite, poi la squadra inanella una brutta serie di risultati negativi, e il giornale condotto da De Paola inizia una fervida galoppata anti-Ranieri simboleggiata anche dall’inequivocabile titolo in prima pagina: “Ranieri vattene!” (6 ottobre ‘08).
Ma come, ci chiedevamo in molti, adesso è tutta colpa di Ranieri? E la critica alla campagna acquisti della dirigenza dov’è finita? Non centra più nulla? Centra, ma solo in parte: habemus capro espiatorio.

Fortunati i nuovi proprietari e dirigenti della Juventus, non c’è che dire. Quando una parte di tifosi avrebbe voluto indagare sul perché la Vecchia Signora avesse finito con il pagare da sola il fio di farsopoli, i quotidiani sportivi decisero di lasciarsi alle spalle l’estate.
Quando i tifosi hanno cominciato a pretendere nuovi successi, le critiche per gli affari sportivi estivi poco riusciti si sono spostate sul suo allenatore di Testaccio.
Piove sempre sul bagnato.

Nel frattempo la Juventus solida e camaleontica di Ranieri si riprendeva con personalità, si riavvicinava alla vetta in campionato, e otteneva qualche vittoria di prestigio in Europa, come nel trionfo al Bernabeu. Morale: salvi tutti!
Quando però all’inizio della primavera arrivava l’eliminazione in Champions League per mano del Chelsea, ed in campionato si cominciavano a tirare i remi in barca, il tifoso scontento eccolo a necessitare come sempre della sua brava valvola di sfogo.
Secco conta poco, Blanc troppo, Ranieri in fondo sta facendo il suo, e soprattutto se casca Ranieri crolla l’impianto del mitico “progetto” a cinque anni. A chi tocca dunque? C’è un presidente, tal Cobolli Gigli, che in fondo non incarna esattamente quello che vorrebbe uno juventino. Questa Juve non sembra più così seguita dalla famiglia, forse il tifoso necessita di sentirsi confortato, ha bisogno di credere che l’insuccesso sia passeggero e che qualcuno prenderà in mano la sua Juventus per farla rinascere.
Le quotazioni di Cobolli calano bruscamente, e l’ombra di Lapo comincia ad aleggiare. Del fratellino di John per la verità nessuno sentiva più parlare almeno in ambito juventus (né mi pare alcuno avesse troppa nostalgia per la verità), ma ecco che improvvisamente ritorna sugli schermi da Fazio a mostrare orgoglioso il tatuaggio della sua amata Juventus, e a rilasciare interviste innamorate spendendo parole di affetto nei confronti della Juventus (per scherzo del destino sempre gli stessi quotidiani: Corsera, 21 aprile 2009). Il quotidiano sportivo poco pulito, rosa, lo accosta persino all’Avvocato, quando riferisce che con la stessa classe del nonno chiama Ranieri di prima mattina per ringraziarlo, dopo il ben servito dato al mister dalla società (27 maggio).
Già. Perché intanto la Juve non vinceva da quasi 10 partite, i tifosi erano isterici, e Ranieri, certamente correo della situazione causa una spogliatoio sfuggitogli di mano, veniva scaricato e addossato di tutte le colpe da proprietà, dirigenza e giornali.
Fortunatamente (?!?) il campionato però si concludeva con il secondo posto acciuffato per i capelli, con un Ferrara simbolo della Juventus in panchina, e la rabbia del tifoso sembrava placarsi. La sua ira era stata funesta per Ranieri, ma nulla più. Non c’era più bisogno di ulteriori capri espiratori, Lapo poteva “riaccomodarsi in panchina” e Cobolli Gigli rimanere al suo posto.

Venendo ai giorni nostri, pare però chiaro che il tifoso di Madama abbia perso la pazienza. Vuole vincere.
E su chi deve fare affidamento? Ferrara in fondo è un neo-allenatore, Cobolli era sulla graticola fino a primavera inoltrata. John Elkann si vede e sente poco.
Chi è allora il valoroso prode che deve condurre la Juve al successo? Parbleu, ma monsieur Blanc.
Ed eccoli lì, sempre fortunati questi dirigenti. Ora che necessitano di fiducia, ecco che la stampa li incensa a furor di popolo.
Ma certo, sarà lui il nostro eroe. Ma che dico, Lui con la L maiuscola. Il quotidiano rosa comincia a dedicargli apoteosi sulle sue capacità manageriali, e del resto già da tempo tutti decantano il famoso progetto dello stadio di proprietà (progetto iniziale di paternità Girando-Gay, ma fa niente); La Stampa (11 giugno) arriva addirittura a definirlo “ideatore del football sostenibile” (in realtà sostenibile grazie alla ricapitalizzazione, e poi ideatore? E cosa aveva fatto la triade ben quindici anni prima?); Hurrà Juventus per incensarlo arriva persino a contraddire sé stessa (si parla di operazione ringiovanimento attraverso la cessione di Mellberg per valorizzare Ariaudo…peccato che contestualmente vi sia stato l’acquisto di Cannavaro, e pertanto a parità di difensori in rosa l’età complessiva dei centrali sia più vecchia di 4 anni!); il tutto fino all’apoteosi del titolone di Tuttosport “Cancellata calciopoli” , dove si sostiene che grazie al manager d’oltralpe la Juventus sia più in salute (finanziariamente) di come l’avevano lasciata Moggi-Giraudo e Bettega.
Attendiamo con ansia la statua dedicata al francese in corso Galfer.

A fine ottobre il cda Juventus sarà chiamato alla riconferma dei ruoli.
A giudicare dai precedenti, la curiosità di proiettarmi a novembre per sapere come andrà a finire sarebbe forte.
A chi tireranno questa volta la volata i gregari del potere?
A seconda dei risultati sportivi che la Juventus conseguirà nei prossimi due mesi, io qualche dejà-vu ce li avrei…

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