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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Editoriale di F. FILIPPIN del 27/05/2014 10:24:04
E.League: davvero c'è da piangere?

 

La recente disputa tra Parma e Torino per l'ultimo posto disponibile in Europa League, prima in campo, poi in Tribunale, visti i ricorsi dei ducali avverso la mancata concessione della licenza UEFA (con conseguente possibile e clamoroso ripescaggio di Cerci e compagni), fa nascere qualche considerazione. È risaputo che in Italia l'Europa League, trofeo indubbiamente minore rispetto alla ben più prestigiosa Champions League (ma comunque di rilevanza internazionale), da qualche anno è oggetto di un bizzarro e curioso rapporto di amore/odio da parte di giocatori, dirigenti e tifosi.
Tutte le squadre che non possono ambire alla Champions (o che si trovano ormai tagliate fuori dalla corsa ad un posto), indicano la qualificazione in EL come loro obiettivo: minimo e fondamentale per le deluse (vedi il caso di Milan e Inter quest'anno), storico e prestigioso per le “piccole” o per le “decadute”, abituate a “frequentare” l'Europa solo sfogliando l'atlante (come quest'anno Torino, Parma e Lazio).

“Europa League o morte!” verrebbe da dire. Basti pensare alla faccia che avrebbe avuto un Mazzarri fuori dalle coppe o a quella che avrà Galliani, che il prossimo anno non potrà neppure sfoderare uno dei suoi cavalli di battaglia per giustificare gli ultimi disastri rossoneri: la “leggendaria” partecipazione millenaria (nel senso dal 2000, inizio del nuovo millennio, in poi senza saltare nessun anno) del Milan alle competizioni europee, a differenza delle altre italiane.

Peccato, però, che, una volta conquistata, l'Europa League diventi subito per la maggior parte delle squadre del nostro campionato una seccatura da togliersi di mezzo ad ogni costo, sfruttando le panchine lunghe, per affrontare la coppa con le quarte o quinte scelte. Ricordate le parole di alcuni anni fa di De Laurentis sul suo entusiasmo da Europa League? I primi turni e i primi gironi, in effetti, sono terrificanti, con trasferte in posti assurdi contro squadre di alcun fascino, a fronte di incassi quasi risibili.
Ma questo lo si sa ancora prima di partecipare.

Soldi, soldi, soldi... verrebbe da dire. In realtà, la coppa paga (non moltissimo in confronto alla Champions, ma di questi tempi non si butta niente), ma soprattutto alla luce dei risultati ottenuti (vittorie e superamento dei turni, senza contare gli incassi) più che dalla semplice qualificazione: andare avanti conviene; anzi, è l'unico modo per guadagnarci qualcosa. Prestigio? Quale prestigio ci sia nell'uscire a febbraio o prima ancora contro sconosciute formazioni dal nome esotico, non si sa. Ranking dell'Italia? Di quello non frega niente a nessuno, siamo seri... Ognuno pensa solo per sé (io stesso, francamente, sarei disposto a rinunciare a due posti in Champions per l'Italia... finché continuiamo ad arrivare primi!).

L'Europa League è una seccatura, insomma, che toglie energie al campionato, impedendo magari, visti gli sforzi che impone, di ottenere l'anno successivo una posizione che consenta la fondamentale qualificazione alla …..Europa League, come in un circolo vizioso senza senso. Gli stessi giocatori che piangono lacrime amare per la mancata qualificazione all'ultimo secondo e quelli che festeggiano l'ambito traguardo, sono sicuri di essere disposti ad accorciare le ferie o ad affrontare trasferte disagiate per giocarsi la coppa fino alla fine? Almeno è importante dare questa impressione, così i propri tifosi avranno qualcosa da sognare nelle lunghe notti estive senza calcio.

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