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Eventi di G. FIORITO del 02/07/2014 13:37:25
Incontro con Birindelli/1

 

Al club doc “Gaetano Scirea” di S. Lucia del Mela (ME)

La prima impressione di fronte ad Alessandro Birindelli è di trovarsi davanti a un grande uomo. Eppure è minuto nel fisico, gentile e paziente fino a lasciarsi sfinire dalle torme di ragazzini e adulti che lo circondano, lo abbracciano, esigono di fare una foto con lui. Qui a S. Lucia del Mela non è la prima volta che accade di far sentire ai campioni della Signora ospiti del Presidente Benedetto Merulla e di tutto il club doc “Gaetano Scirea” quel calore mediterraneo che diventa incandescente mescolato con il tifo juventino. Arriviamo che è pomeriggio inoltrato e nella piazza incastonata tra il mare e i monti del messinese è un tripudio di bianco e nero, con gli striscioni che si fronteggiano tra i dirimpettai locali delle sedi del municipio e del club, che quest’anno festeggia il trentesimo anno dalla fondazione.

Ci accomodiamo nella saletta che ha ospitato recentemente Storari e Padovano e subito partono le immagini che riassumono 11 anni di carriera vissuti da Birindelli con una delle Juventus più belle della storia, tra il 1997 e il 2008. Si commuove Alessandro, dice che lo fa tutte le volte che si rivede in bianconero, in quelle stagioni nelle quali vinse 5 scudetti, 3 Supercoppe italiane, un Intertoto, un campionato di serie B, come ci tiene a precisare quasi fossero i 2 trofei principali, e si ritrovò a disputare tre finali di CL tra le quali quella storica di Manchester. In seguito ci racconterà come dopo aver battuto ed eliminato il Real Madrid ci fosse nella squadra la consapevolezza di aver speso tutto e dato il massimo, che non bastò per vincere l’ultima partita, nel corso della quale alcuni dei principali protagonisti di quella stagione non se la sentirono di tirare dal dischetto nella lotteria dei rigori.

Prima che Katia Tirifirò provveda a presentarcelo ripercorrendo con eleganza le tappe della sua carriera, Alessandro ha già ringraziato quanti sono intervenuti, rivolgendo le prime parole alla Juventus, la società che gli ha dato tanto. Si emoziona Alessandro, per l’affetto dei tifosi, che gli è riuscito, afferma, di toccare meglio con mano da quando li incontra fuori dallo stadio. Birindelli si trova in Sicilia perché da poco è il nuovo responsabile del settore giovanile del Trapani e riceverà dal club di Benedetto un premio per un gesto sportivo compiuto nello scorso Dicembre, quando durante un match prese la decisione di far ritirare negli spogliatoi i ragazzi del Pisa, a seguito di una lite verbale scoppiata tra i genitori. La sua non fu una decisione facile, avendo dovuto elaborare un modo per far capire ai baby calciatori le motivazioni di quel gesto per poi ricucire rapporti che rischiavano di compromettersi. L’argomento suona di grande attualità in questo momento particolare del calcio italiano, dopo gli episodi negativi che hanno caratterizzato la partecipazione della nazionale azzurra ai mondiali del Brasile, le fratture interne allo spogliatoio, le dimissioni dell’allenatore Prandelli e del presidente della FIGC Abete.

Ci pensa Mauro Sarrica a introdurre con intelligenza il dibattito, ripercorrendo le tappe della storia personale di Birindelli, la cui biografia, vista oggi in prospettiva, ce lo descrive per le esperienze vissute e gli incontri con altri protagonisti della storia recente del calcio, come l’uomo giusto per affrontare una serie di tematiche di grande attualità. E’ tuttavia l’atteggiamento di Alessandro che rende possibile tutto questo, la sua trasparenza, il suo entusiasmo, la sua passione per il calcio e i giovani. Birindelli arrivò alla Juventus dopo aver giocato per cinque stagioni fino al 1997 nell’Empoli di Spalletti che viaggiò dalla serie C1 alla serie A. Fu proprio lui a segnalarlo a Lippi, che lo volle in bianconero, non senza qualche rimostranza, come ci rivelerà più tardi la signora Birindelli, della tifoseria viola, alla quale da toscano aveva preferito la Juventus, da sempre nel suo cuore di tifoso e di calciatore. Non è la solita romanticheria che ci propinano tutti gli sportivi e ce ne accorgiamo subito, perché Birindelli è uno di quei professionisti dei quali il calcio di oggi ha un gran bisogno. L’umiltà del lavoro costante, la serietà, l’onestà intellettuale fanno parte di lui esattamente come il bagaglio di esperienze che lo sta accompagnando a mettersi nei panni di un allenatore dopo aver vestito quelli di terzino nella Juventus. Come Mauro ci ricorda debuttò con un gol in CL in un 5 a 1 rifilato al Feyenoord. Alessandro realizzò 3 delle 7 reti totali della sua carriera in bianconero, una su punizione, una di testa e una spettacolare con un tiro da 25 metri all’incrocio dei pali, nella massima competizione europea e si fece sempre trovare pronto quando la squadra esigeva da lui il massimo. Nella Juve ha giocato con gli allenatori Ancelotti, Lippi e Capello e corre l’obbligo di chiedergli un raffronto e chi “preferisse”. Senza giri di parole ce li descrive come tre grandi professionisti, anche se era Lippi a eccellere per le qualità comunicative, mentre Capello non lasciava molto spazio al dialogo coi giocatori. Alessandro non dimentica di raccontarci che un infortunio a Torricelli gli spianò la strada appena giunto in bianconero, così come nell’estate del 2005 toccò a lui un lungo stop causato da un danno a una caviglia in un’amichevole con il Benfica. Tornò a giocare quando la Juve dovette affrontare la serie B. La domanda è legittima quanto scontata e Mauro la fa: “quanti scudetti ha la Juve?” Risposta:”32, perché li ha vinti e meritati sul campo. Anzi”, aggiunge l’ex calciatore, “anche l’Inter del quinquennio li ha meritati, perché grande deve essere l’impegno delle grandi squadre per conseguire grandi risultati”.

Il senso dello sport e dell’onestà sportiva traspaiono ad ogni parola di Birindelli, che dello studio e del rapporto continuo con le nuove generazioni sta facendo il suo credo. Ci ha spiegato che per lui è fondamentale nella vita di un piccolo atleta anzitutto il rapporto di coesione e interscambio che deve esserci tra i genitori, gli insegnanti e l’allenatore, per cercare di capire e meglio coadiuvare il bambino nella crescita. Secondo le sue idee investire sui giovani deve significare lasciare loro la libertà di pensare allo sport come a un gioco, permettendo che tutti possano parteciparvi per identificare in prospettiva il ruolo più congeniale. Oggi l’ansia di vincere subito è predominante rispetto alla costruzione di giovani talenti, ma vincere subito non è importante né formativo. Si dovrebbe sostituire alla cultura della vittoria a tutti i costi la cultura dello sport.



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