La stagione 2014/15 della Juventus è formalmente cominciata con la bella vittoria ai danni del Chievo Verona, il cui risultato finale (0-1) non esprime il divario tecnico dimostrato dai bianconeri sul campo dei veneti.
L’esordio più che convincente del giovane Coman non è passato inosservato, ma le telecamere erano logicamente tutte per
Allegri, che ha sostituito l’allenatore protagonista della rinascita juventina dopo gli anni travagliati post-farsopoli. Il tecnico livornese ha scelto intelligentemente di abbandonare, almeno per il momento, gli esperimenti di difesa a quattro, affidandosi ai collaudati schemi contiani e regalando alla platea come unica (succulenta) novità il giovane francese, che ha confermato il grande talento già fatto intravedere a Parigi.
Ma più che per Allegri, questa stagione sarà un
importante banco di prova per l’amministratore delegato Marotta, che può contare tra i tifosi bianconeri tanti estimatori quanti critici. Se sa una parte si evidenziano gli arrivi per un tozzo di pane o poco più di Vidal, Pogba, Pirlo, Tevez, Llorente e tanti altri campioni protagonisti della rinascita juventina, non mancano neppure le critiche relative al clamoroso flop Martinez, alla scommessa persa Isla o ai macro-esborsi per Giovinco e Ogbonna.
Alla fine dei conti, ciò che conta per un tifoso è comunque sempre e solo il campo. E
sul campo Marotta può vantare tre scudetti e due supercoppe di lega in quattro stagioni: nessuno ha fatto meglio di lui in Italia e pochissimi possono vantare più successi anche all’estero, dal 2010 ad oggi. Se poi si considera lo stato comatoso in cui versava la Juve al suo arrivo, ciò che è stato compiuto negli ultimi anni dal punto di vista sportivo ha il sapore dell’impresa.
Come al solito, però, c’è anche l’altro lato della medaglia da tenere in considerazione. Sulla panchina della Juve, nei tre anni in cui si è vinto tutto quel ben di Dio, stava seduto (per modo di dire: era quasi sempre in piedi a sbraitare ed incitare)
un allenatore vulcanico, dotato di un carisma ed una personalità strabordanti,
che accentrava su di sé critiche ed elogi, polemiche e meriti. Non solo. Chi non digerisce Marotta ricorda anche che, prima dell’arrivo di Conte (che tra l’altro non fu scelto dall’amministratore delegato), il trend dei risultati sportivi non era cambiato di una virgola rispetto alla stagione precedente. Difficile dire se servisse un anno di rodaggio alla nuova dirigenza oppure se il vero cambio di marcia si debba esclusivamente al Mister leccese.
Questa stagione rappresenterà di conseguenza la prova del nove.
Non c’è più il protagonista Conte, ma un allenatore che in passato ha già vinto e ha dimostrato di sapersi adattare facilmente alle scelte dirigenziali. Nonostante gli annunci drammatici relativi ai mancati introiti dalle competizioni europee ed alle sirene che attiravano i campioni bianconeri all’estero,
i “top player” sono rimasti tutti e sono stati fatti
investimenti importanti su nuovi giocatori. E, quel che più conta,
si riparte da tre scudetti vinti consecutivamente, l’ultimo dei quali con un punteggio che nessuno in passato era mai riuscito a centrare, neanche nella stagione farlocca in cui una squadra di prescritti giocava in un campionato castrato.
Siamo arrivati al dunque. In questo campionato
Marotta avrà la possibilità di dimostrare che le vittorie delle scorse stagioni non erano frutto esclusivamente del talento di Conte, ma anche delle sue capacità manageriali. Potrà evidenziare anche ai più scettici che la rosa creata in questi anni è capace di macinare gli avversari anche senza un fuoriclasse in panchina. In poche parole,
potrà uscire dall’ombra del colosso Conte e zittire tutti i critici. Ovviamente, a patto di proseguire nelle vittorie degli scudetti e di migliorare quanto fatto vedere negli ultimi due anni in Champions League, dal momento che l’opinione comune ha accettato che si potesse fare molto meglio, con un allenatore meno “sparagnino” del leccese. Il tempo ci darà il suo verdetto.
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