Le cronache di quel maledetto giorno di metà luglio, di quel video così sinistramente fuori sincrono che annunciava le (consensuali, ndr) dimissioni di Antonio Conte da allenatore della juventus, sono ormai prossime a tramutarsi in storia. E (almeno personalmente) superate, pur con alterne fortune, le cinque fasi di elaborazione del lutto, è infine giunto il momento, dopo lo choc dell’esordio della nuova Juventus, di fare i conti con la realtà, e di veder nascere il ciclo di Antonio Conte alla guida della nazionale italiana.
Fiumi di inchiostro sono stati versati sul perché di certe scelte, e lungi da me il voler mettere in discussione le idee e le certezze di ognuno, mi limito ad osservare come il coro unanime di critica, dileggio, derisione al pavido, stressato, egoista traditore si sia all’occorrenza, e improvvisamente, trasformato in grida di giubilo ed estatica ammirazione per il nuovo occupante della panchina più ambita dagli allenatori italiani. Ben consapevole, io come (ne sono certo) anche Conte, che i non disinteressati osannatori odierni altro non aspettano che di potersi trasformare nei più feroci critici ai primi accenni di difficoltà.
Ed è per questo che, come penso molti altri, continuo a chiedermi perché Conte abbia potuto decidere di sedersi su quella panchina. Ma, anche se non riesco ad ignorare il fatto che abbia accettato di legarsi a quella FIGC che pochi mesi prima lo aveva vergognosamente squalificato perché “non poteva non sapere”, né le preoccupazioni legate alle possibili ingerenze degli ingombranti sponsor che indirettamente gli pagano lo stipendio, non posso fare a meno di pensare che le motivazioni profonde che lo spingano siano dettate dall’amore per il suo lavoro, dalla voglia di mettersi in discussione e di affrontare le sfide più difficili. Dalla passione.
E allora, dopo anni di delusioni, passati ad aspettare e a dare fiducia a chi chiede di essere chiamato per nome salvo poi limitarsi a vigilare ed auspicare, non posso fare a meno di sperare che questo folle sappia dimostrare una volta per tutte cosa davvero ci sia dietro ad ogni successo: il coraggio, l’abnegazione, la voglia di superare ogni difficoltà e di spendere ogni energia per non avere, alla fine, nessun rimpianto.In una parola, l’essere juventino.
Quindi, pur sapendo che non potrò mai gioire appieno per gli eventuali successi di chi rappresenta questa federazione, finché chi la guida non avrà il coraggio di ristabilire la verità e almeno un briciolo di giustizia, ti auguro buona fortuna Antonio.
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